L’autunno ha bussato pesantemente alle porte: temperature improvvisamente precipitate, scrosci d’acqua che hanno colmato i vuoti di siccità lasciati dall’estate. Anche l’ingresso a gamba tesa della nuova stagione ci dice che ormai ci siamo: è arrivato il tempo di misurarci con la famigerata nuova ondata di Covid che era stata preannunciata già prima delle vacanze appena terminate.
Gli echi che arrivano dai nostri vicini europei non sono confortanti: il numero dei contagi è già cospicuo e si annuncia in aumento, le strutture ospedaliere cominciano a denunciare le prime difficoltà. Per ora, in Italia, la situazione sembra ancora sotto controllo: è vero, anche da noi i contagi sono tornati a risalire ma, fino ad oggi, le dimensioni del fenomeno non hanno nulla a che vedere con quanto sta accadendo in Spagna, Francia e Gran Bretagna.
Forse anche perché le scuole sono appena iniziate e per fare un primo bilancio attendibile è necessario attendere almeno la metà di ottobre. Motivo per cui gli organi preposti hanno deciso, nonostante le pressioni esercitate dalla Federcalcio, di non dare ancora il via libera all’apertura degli stadi agli spettatori in numero superiore ai mille.
Un esempio, ragionevole e consapevole, che dobbiamo cercare di fare nostro. Ciascuno di noi, in questo momento che si annuncia particolarmente delicato, ha la responsabilità, per se stesso e per gli altri, di osservare le semplici regole comportamentali che servono per limitare l’espandersi del virus: igiene, distanziamento, mascherine. Un (piccolo) sacrificio richiesto anche, forse soprattutto, ai giovani, categoria meno impattata delle altre dagli esiti peggiori di questa pandemia. Comportamenti necessari per preservare la nostra salute e, di conseguenza, la nostra economia e il nostro Paese.
L’eventuale necessità di un nuovo lockdown sarebbe un’ulteriore stangata sulle nostre vite che renderebbe impossibile quel ritorno alla nuova normalità al quale tutti aneliamo.