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Who want Trump?

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di Follotita –

Per Mr. Trump queste elezioni sono drammaticamente diverse da quelle del 2016, quando vincere non era così imperativo. Adesso deve vincere a tutti i costi, e per farlo è disposto a sopprimere il voto e al colpo di stato. Perdere sarebbe una tragedia che lo porterebbe ad essere perseguito per crimini finanziari, elettorali e con un’accusa di genocidio come possibilità più che realistica. Ma il carcere e l’umiliazione non si addicono a uno che guarda il mondo dall’alto di un piedistallo da genio assoluto. E sarebbe perso senza altri 4 anni per continuare a sovvertire il sistema giudiziario e democratico e senza lo scudo dell’autorità e l’immunità presidenziale, in vista di una agognata prescrizione.

Prima delle elezioni del 2016 la sua carriera di uomo d’affari non era stata esaltante. Per non pagare i creditori era ricorso a una serie di bancarotte che lo avevano privato di credito presso qualunque istituto finanziario. Solo la Deutsche Bank lo aveva ritenuto miracolosamente solvente e si sospetta gli abbia elargito prestiti frutto di operazioni di riciclaggio di denaro sporco dalla Russia. Ma malgrado queste iniezioni di contanti e malgrado i guadagni milionari della trasmissione televisiva The Apprentice, ha continuato a rimanere in profondo rosso a causa dei continui investimenti sbagliati. In The Apprentice aveva recitato la parte del tycoon miliardario venuto dal nulla in un classico American Dream alla settima potenza. Un’interpretazione attoriale che contraddiceva la realtà di un pessimo affarista capace solo di perdere denaro, incluso quello ricevuto in eredità dal padre.

Ma Mr. Trump si è immedesimato talmente nella parte del tycoon che l’ha continuata a recitare anche davanti alla platea delle elezioni presidenziali scorse e con un certo successo visto che, complice un succube partito repubblicano, è stato eletto. In realtà Mr. Trump aveva partecipato a quelle elezioni solo con l’idea di rafforzare il proprio marchio commerciale da vendere nel mercato globale come simbolo di successo ed eccellenza. Poi le cose sono andate come sono andate e con una serie di aiuti esterni ed interni l’attore di The Apprentice è diventato Presidente degli Stati Uniti d’America. Essenziale è stata la lettera in cui James Comey, direttore dell’FBI, a 10 giorni dal voto, ha fatto trapelare l’esistenza di nuove e-mail della Clinton nel server del marito di una sua collaboratrice. Comey dimenticò di addire alla regola aurea di non interferenza nella dinamica politica di un istituto federale e dimenticò di menzionare la mancanza di materiale incriminante in quelle e-mail. Ma a 10 giorni delle elezioni questo intervento a gamba tesa ne cambiò completamente la dinamica.

A scapito di Mr. Trump che, suo malgrado, finì col vincerle – perché una cosa è recitare, con un certo successo, da Tycoon con copioni scritti da altri, e una da Presidente degli USA senza punti di riferimento se non la propria arroganza. Col risultato di una politica demagogica che ha annullato i provvedimenti del predecessore, ha invertito le alleanze internazionali, ha bloccato il libero scambio e le alleanze commerciali imponendo dazi economicamente disastrosi, senza parlare della gestione, o meglio della sua mancanza, nei confronti della pandemia da Covid-19.

Così il re, dopo uno scrutinio più attento e dopo decine di saggi rivelatori nei suoi confronti, si è ritrovato nudo, almeno per la maggioranza degli americani che rifiutano il trumpismo. Lui però è pronto a tutto pur di rimanere al potere e punta sulla sua minoranza trumpista che si lancerebbe nel dirupo a un suo cenno.

Ma la favola del tycoon è dura far morire. A un giornalista che ha chiesto a Mike Bloomberg cosa pensasse di 2 miliardari in concorrenza per la Casa Bianca, questi  ha risposto: “2 miliardari? Dov’è l’altro?”     

Foto di Gerd Altmann da Pixabay   

Follotitta vive tra New York e Miami, è architetto e appassionato di storia, architettura e politica. Una visione a 360° sul clima made in USA vista dagli occhi di un professionista "italiano in trasferta".

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