Trump e l’uso improprio del fischietto per cani

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Il fischietto per cani (dog whistle) è uno strumento che, tramite l’emissione modulata di ultrasuoni, si usa per addestrare animali e specificamente cani; per cacciare su grandi distanze, come nella caccia alla volpe in Inghilterra, o per operazioni di polizia. In America, il dog whistle ha finito con l’assumere una valenza razzista nell’uso dei cani per il contrasto a manifestanti neri rivoltosi, o per riprendere fuggitivi schiavi. E da questo ad assumere una valenza metaforica, il passo è stato breve. Quando si vuol mandare un messaggio, in una specie di codice intelligibile solo ad una particolare udienza razzista, senza apparire apertamente razzisti, si ricorre al dog whistle. Come quando Trump sostiene che i messicani migranti sono criminali e stupratori, o come quando Nixon parla di “law and order”, imitato da Trump, ma non con lo stesso successo, visto che lui le elezioni le ha perse.

Prima della seconda guerra mondiale, i politicanti, specie del sud, non avevano bisogno di metafore e si sentivano liberi di usare apertamente parole ed espressioni derogatorie nei confronti dei neri. Questi dall’inizio del secolo scorso, negli stati del sud, erano stati soggetti ad una legge segregazionista (Jim Crow law) che aveva fermato il loro avanzamento economico conseguente al periodo di ricostruzione seguito alla guerra civile.  Ma quando, dopo la guerra mondiale, ci si rese conto che l’oppressione dei neri in America non differiva molto dalla visione nazista dei suprematisti ariani, la retorica razziale ed il segregazionismo incominciarono ad essere messi in discussione, e l’atteggiarsi degli Stati Uniti a paladino di libertà e democrazia, giudicato, a dir poco, ipocrita.

Durante la guerra mondiale anche l’esercito era segregato, ma i soldati neri di stanza in Europa si resero conto di essere trattati meglio all’estero che in patria e qualche domanda se la saranno posta. Durante le olimpiadi del 1936 in Germania, anche Jesse Owens si sarà chiesto qualcosa; infatti Hitler, per 30 secondi, pur senza stretta di mano, si congratulò con lui per quel suo gesto atletico senza precedenti (in 45 minuti aveva battuto 5 record mondiali ed eguagliato un sesto), mentre al rientro in patria fu ignorato da Roosevelt. Il suo presidente!

Dopo la guerra, nel 1948, il presidente Truman disegregò l’esercito; ed i politici, in luogo di palesare apertamente il loro razzismo, per non offendere una ritrovata sensibilità della classe media, cominciarono a ricorrere a semantiche alla dog whistle, tipo thug (assassino) in luogo della parola “N”. In seguito alle proteste del giugno scorso, conseguenti alla morte di George Floyd a Minneapolis, Trump descrisse i dimostranti come “THUGS”, con lettere maiuscole nei suoi tweet, per spaventare ed incitare rappresaglie razziste. Thugs, rioters (rivoltosi), looters (saccheggiatori), law and order, sono tutte metafore che si pongono un doppio scopo, spaventare ed incitare alla violenza, da un lato, e dall’altro porre i neri in linea, al loro posto, come ad attivare una nuova età felice di segregazionismo.

Nixon ebbe successo nell’usare questa retorica basata su “legge e ordine”, atteggiandosi a statista capace di unificare il paese facendo apparire la sicurezza come il “diritto civile” piu’ importante.

Trump non è stato così sottile e accorto; nella sua irruenza e immaturità politica, ha scoperto il bluff da subito; da quando, nel 2017, in una manifestazione antisemita di suprematisti bianchi a Charlottesville in cui questi uccisero una manifestante dell’opposta fazione, affermò che vi erano brave persone in entrambi gli schieramenti. Brave persone, in misura uguale, tra nazisti ed ebrei?

Si trattava di una metafora che gli permetteva di non condannare l’assassinio e chi lo aveva commesso, ma non avrebbe potuto esprimere meglio la sua natura razzista e la sua politica estremamente divisiva.          

Follotitta vive tra New York e Miami, è architetto e appassionato di storia, architettura e politica. Una visione a 360° sul clima made in USA vista dagli occhi di un professionista "italiano in trasferta".

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