Hallelujah!
L’aspettativa era quella di una elezione in cui i democratici sarebbero stati tanto avanti nel conteggio dei voti che già la notte della scadenza elettorale Biden sarebbe stato dichiarato vincitore. Cosa è successo?
E’ facile pensare che la campagna elettorale di Biden non sia stata veramente competitiva; ed in parte è vero, quando si pone in contrasto il messaggio positivo dei democratici, basato sulle urgenze del paese, con il messaggio negativo dei repubblicani, basato sulla denigrazione dell’avversario e su paure infondate di socialismo alla Maduro o alla Castro (a scelta); sul terrore di orde di Black Lives Matter alla conquista di suburbia (i quartieri bene della città); e su ogni tipo di propaganda atta a creare diffidenza e sconforto, incluse accuse di bambini mangiati e di pedofilia. Niente di nuovo, tutto nelle migliori tradizioni della destra.
Metodi che un analista politicamente corretto potrebbe scartare come pessimi ma che, evidentemente, i democratici non sono capaci di contrastare.
A cui sono da aggiungere mille altri sotterfugi e trucchi da bari incalliti che la sinistra cerca di schivare con un comportamento trasparente che non sempre paga.
Per esempio il “gerrymandering”. Pochi sanno in Italia in cosa consiste e, nella sua complicazione, non oso addentrarmi in spiegazioni tecniche. In linea di massima si tratta di ridisegnare i confini dei distretti elettorali; in questo modo in aree a maggioranza democratica si riescono a eleggere più rappresentanti repubblicani. In questa ottica le elezioni presidenziali americane si possono considerare un immenso “gerrymandering”, con i democratici quasi sempre vincenti (morali) nel voto popolare (la somma del voto in tutti gli stati) e, malgrado questo, spesso perdenti (materiali) nel ballottaggio della somma degli elettori statali. In questo caso Biden era avanti nel voto popolare con oltre 4 milioni di voti in più, ma le elezioni non sono state ancora assegnate.
C’e’ da aggiungere il trattamento dei media, che lasciano i politici mentire nella loro propaganda, favorendo enormemente la destra; la criminalizzazione del dissenso dei BLM; legislature statali repubblicane che, nel momento in cui viene eletto un governatore democratico, immediatamente ne riducono il potere (e questo influisce enormemente nel corso di ogni elezione); milizia armata che, ignorata dalla polizia, si oppone a protestanti pacifici e spesso ci scappa il morto (ma per Trump e accoliti sono eroi); altri miliziani che si presentano ai seggi elettorali per intimidire e dissuadere; votanti a cui è concessa una sola località per votare in un’intera contea; evangelisti che hanno deciso che adorare un vitello d’oro è consentito da chissà quale interpretazione della Bibbia; tempi di votazione compressi; macchinari elettorali improvvisamente in avaria; regole elettorali cambiate in modo da invalidare voti già espressi; ecc. l’elenco sarebbe ancora lunghissimo, ma anche nauseabondo, e quindi è bene fermarsi.
E mi fermo perché Joe Robinette Biden Jr è diventato il 46mo presidente degli Stati Uniti.
Hallelujah!