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Rischio chiusura per 460.000 piccole e medie imprese

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Piccole imprese a rischio: questo il dato che emerge da un’analisi del 2° Barometro Censis-Commercialisti sull’andamento dell’economia italiana. Sono 460.000 le piccole imprese italiane (con meno di 10 addetti e sotto i 500.000 euro di fatturato) a rischio chiusura. La causa, come sappiamo, è l’epidemia da Covid-19 e la gestione amministrativo-burocratica che ne deriva. L’11,5% del totale delle PMI nel 2021 potrebbero non farcela. Mentre da una parte il rischio è di vivere una emorragia occupazionale, con l’esito di veder bruciare 1 milione di posti di lavoro tra il 2020 e il 2021, dall’altra è in gioco un fatturato complessivo di 80 miliardi di euro.

L’analisi spiega come il Covid-19 potrebbe spazzare via il doppio delle microimprese che sono morte tra il 2008 e il 2019, come conseguenza della grande crisi. E’ in pericolo il vero motore antico del modello di sviluppo italiano. Questo non è solo un fenomeno che riguarda solo il nostro Paese, ovviamente:

“La nostra analisi su un campione di 17 Paesi – si legge in un dossier rilasciato dal Fondo monetario internazionale – suggerisce che i fallimenti delle Pmi potrebbero triplicare da una media del 4 per cento prima della pandemia al 12 per cento nel 2020 senza un adeguato sostegno politico”.

La prima preoccupazione dei piccoli imprenditori sembra essere la gestione di procedure di cassa integrazione (62,8% degli intervistati) seguita da licenziamenti e abbassamenti dei livelli di produttività. I contagi in generale impediscono il mantenimento dei livelli di produttività aziendale.

Il 29% dei commercialisti rileva che più della metà delle microimprese clienti ha almeno dimezzato il proprio fatturato. Sono quindi 370.000 le piccole imprese che hanno subito un crollo di più della metà dei ricavi. Il dato scende al 26,2% tra i commercialisti che seguono imprese di maggiori dimensioni.

Le misure pubbliche adottate durante l’emergenza sembrano essere sufficienti solo parzialmente e comunque non garantiranno la sopravvivenza di molte PMI. Moratoria sui mutui, garanzie statali sui prestiti, divieto di licenziamento, ricorso alla Cassa integrazione in deroga, bonus babysitter, congedi parentali, reddito di emergenza, sospensione dei versamenti fiscali e contributivi per le imprese più penalizzate sono tutte misure valutate positivamente che riflettono uno sforzo statuale nel supportare gli operatori economici e i lavoratori ancora non adeguato.

Ci vogliono: più chiarezza nei testi normativi, tempestività nei chiarimenti sulle prassi amministrative, molti meno adempimenti, una migliore distribuzione delle risorse pubbliche tra i beneficiari, una più efficace combinazione delle misure adottate, un taglio netto dei tempi necessari per l’effettiva erogazione degli aiuti economici e stanziamenti economici più consistenti. A complicare le cose è la ben conosciuta e temuta burocrazia italiana, che rallenta qualsiasi fase di aiuto e comunicazione tra imprese e Stato. Occorre, pertanto, snellire gli adempimenti burocratici e i passaggi formali per rendere gli interventi più efficaci.

Non tutte le categorie stanno subendo questa crisi allo stesso modo: “Il possibile bilancio occupazionale a fine anno potrebbe essere drammatico in particolare per gli alberghi e la ristorazione, dove più della metà dei rispondenti (51,6%) prevede una riduzione degli organici superiore al 15%. Ma anche per le aziende che operano nella filiera del tempo libero e della cultura le previsioni sono critiche: il 27,2% dei Consulenti si aspetta una riduzione della base occupazionale tra il 10 e il 15% e ben il 30% di loro una superiore al 15%. Per entrambi i settori pesa e peseranno, infatti, ancora di più nei prossimi mesi, il crollo dei flussi turistici, e altresì le restrizioni indotte dall’emergenza sanitaria, che penalizzano in misura determinante le attività legate all’intrattenimento, dalla ristorazione al fitness, ai cinema, agli eventi e spettacoli“.

L’indagine ci consegna uno scenario che impone una riflessione ampia su come evitare il peggio, ovvero la chiusura di quelle aziende che grazie agli interventi della primavera hanno cercato di resistere“, è il commento a chiosa della Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone.

Foto di Jon Kline da Pixabay

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