di Giacomo Torresi –
Alcune persone vivono con un positivo al Covid19 in casa ma non vengono contagiate, nelle coppie si ammalano di più gli uomini che le donne, c’è chi riprende il virus dopo poco tempo. Perché tutto ciò?
Gli scienziati sono a lavoro per cercare di capire come si modifica il Covid19 all’interno dell’essere umano, analizzando i singoli casi. Il fatto che gli uomini vengano colpiti più delle donne è un dato di fatto, avvalorato dai numeri. Persone che mangiano, vivono, dormono insieme, uno si infetta e l’altro no, è il racconto di storie vissute.
Tutti sappiamo che appena scoperta la positività di un familiare quest’ultimo va isolato e trattato come un estraneo con tutte le precauzioni del caso (distanziamento, mascherina e igienizzazione di casa e mani), ma va sottolineato che gli studiosi ritengono che c’è qualcosa di diverso nel sistema immunitario.
Un team di scienziati e genetisti dell’Università di Roma Tor Vergata, con un consorzio internazionale, sta analizzando i casi e c’è l’ipotesi che esistano geni che rendano alcune persone più protette dal contagio. È comunque prematuro affermare che esista un gene che rende alcune persone “resistenti“.

Il giornale Il Mattino riporta la storia di una coppia di Terni che vive a Milano. Lui un anno fa si ammala, ma pensa sia polmonite, lei gli sta accanto per curarlo e accudirlo, ma senza infettarsi. Soltanto mesi dopo, con un test sierologico, scopriranno che era Covid.
Giuseppe Novelli, genetista del policlinico Tor Vergata di Roma, spiega che
Quando c’è una pandemia i fattori in gioco sono il patogeno, l’ospite e l’ambiente, ossia il contesto in cui si sviluppa l’infezione. Noi ci siamo concentrati sulla seconda, che è fondamentale. Se il virus è lo stesso allora è chiaro che la differenza la fa l’ospite. Questo accade sempre, con tutte le infezioni.
Il genetista continua:
Ci siamo prima concentrati sui malati gravi e abbiamo scoperto che esiste un 10-12 % di casi che hanno una caratteristica genetica particolare, non riescono cioè a produrre interferone che è la prima molecola di difesa. Sulla base di questa esperienza ci siamo chiesti se ci sono differenze genetiche in quelli che noi chiamiamo i “resistenti”, cioè persone che quando convivono con un soggetto che è certamente positivo non solo non si ammalano, ma non si infettano nemmeno.

Lo studio è in corso ed è molto complesso visto che servirebbero individui molto esposti al coronavirus, personale sanitario o parenti di positivi, ma allo stesso tempo negativi sia al tampone che al test sierologico.