di Giacomo Torresi –
Sono oltre 340 milioni nel mondo i cristiani che sperimentano almeno un livello alto di persecuzione e discriminazione a causa della propria fede, praticamente 1 cristiano ogni 8.
I dati
I cristiani uccisi sono stati 4.761, 13 ogni giorno; le chiese e gli edifici attaccati o chiusi sono stati 4.488, 12 ogni giorno; i cristiani arrestati senza processo, incarcerati sono stati 4.277, 11 ogni giorno; i cristiani rapiti 1.710, 4 ogni giorno.
Sono i numeri che emergono dalla World Watch List 2021 (Wwl), il nuovo Rapporto sulla libertà religiosa dei cristiani redatto da Porte Aperte Onlus/Open Doors International.
I 50 Paesi più persecutori
Il rapporto, che prende in esame il periodo che va dal 1 ottobre 2019 al 30 settembre 2020, contiene anche la lista dei primi 50 paesi dove più si perseguitano i cristiani al mondo.
Sono numeri, spiegano da Porte Aperte,
che indicano una crescita della persecuzione anticristiana in termini assoluti. Un segno visibile di questo aumento è che per la prima volta, da quando si realizza il report, tra i 50 Paesi della lista vi sono solo nazioni con un livello di persecuzione e discriminazione molto alto e estremo.
In cima alla classifica si trova la Corea del Nord, seguita nell’ordine da Afghanistan, Somalia, Libia, Pakistan, Eritrea, Yemen, Iran, Nigeria, India, Iraq e Siria. La Corea di Kim Jong-Un mantiene saldo il primato dal 2002. Open Doors stima tra i 50 e i 70 mila i cristiani detenuti nei campi di lavoro per motivi legati alla fede. Seguono 4 nazioni islamiche, come evidenza del fatto che l’oppressione islamica rimane una delle fonti principali di intolleranza anticristiana.
In Afghanistan, Somalia e Libia le fonti di persecuzione sono connesse a una società islamica tribale radicalizzata, all’estremismo e all’instabilità endemica di questi paesi: la fede cristiana va vissuta nel segreto e se scoperti (specie se ex-musulmani), si rischia anche la morte. Poi il Pakistan, stabile al 5° posto, dove la persecuzione si manifesta in violenza anticristiana, ma anche in discriminazioni nelle varie aree della vita quotidiana dei cristiani (anche per effetto della legge anti-blasfemia).
Chiude la classifica l’India dove continua il declino della libertà religiosa dei cristiani sotto la guida del Primo Ministro Modi: il paese continua un processo di induizzazione (facendo leva su un nazionalismo religioso) che lascia sempre meno spazio alle altre fedi. Ben 9 stati hanno adottato leggi anti-conversione.

Sale dal 23° al 17° posto la Cina che così entra nella Top 20: nel Paese si fa sempre più stringente la sorveglianza (anche tecnologica) sulle attività cristiane con un numero di arresti difficilmente rintracciabile. Dal 2018 vige un decreto che vieta la partecipazione, a qualsiasi attività religiosa, per i minori di 18 anni.
La “sinicizzazione” del cristianesimo è stata estesa a febbraio 2020 con nuove norme regolanti l’organizzazione dei culti, la selezione dei responsabili ecclesiali, l’assunzione del personale, fino alla reinterpretazione della Bibbia secondo i valori fondamentali del socialismo.
Entrano per la prima volta in questa non invidiabile classifica il Messico (37°), la Repubblica democratica del Congo (40°), il Mozambico (45°) e le Isole Comore (50°).
Il ruolo della pandemia
Dal Rapporto emerge anche che la pandemia ha incrementato le vulnerabilità sociali, economiche ed etniche di milioni di cristiani nel mondo. È apparso evidente che essa sia diventata un catalizzatore di atteggiamenti oppressivi e repressivi, spesso nascosti.
In India, più di 100.000 cristiani hanno ricevuto aiuto dai partner di Porte Aperte/Open Doors: l’80% di essi ha dichiarato ai ricercatori di essere stati mandati via dai centri di distribuzione aiuti. Episodi simili si sono verificati anche in: Myanmar, Nepal, Vietnam, Bangladesh, Pakistan, paesi dell’Asia Centrale, Malesia, Nord Africa, Yemen e Sudan.
Per via del confinamento, la violenza domestica è cresciuta esponenzialmente. Molti convertiti alla fede cristiana hanno vissuto chiusi in casa con coloro che maggiormente osteggiavano la loro nuova fede (familiari). La vulnerabilità domestica ha colpito specificamente le donne e i bambini appartenenti alle minoranze. Per milioni di cristiani il lavoro, l’istruzione e altri impegni esterni, forniscono sollievo dal controllo e/o dalle aggressioni domestiche nonché dagli abusi fisici, emotivi, verbali e psicologici.

La violenza sulle donne
Tra i primi dieci paesi della lista, è aumentato il numero di donne che denunciano le violenze psicologiche e la perdita di contatti con la comunità ecclesiale. Sono aumentati i rapimenti (1.710), le conversioni e i matrimoni forzati ai danni di donne e ragazze. Ma il sommerso resta enorme con la violenza che colpisce anche i più piccoli colpiti tanto dalla violenza (abusi, matrimoni forzati, tratta, riduzione schiavitù) quanto dalla discriminazione diretta e indiretta (dei genitori con arresti, vedovanza, negazione custodia dei figli e accesso a sanità, istruzione, ecc.).