La scorsa settimana l’azienda farmaceutica italo-svizzera Adienne Pharma&Biotech ha annunciato di voler produrre, nei suoi stabilimenti in Italia, il vaccino russo anticovid Sputnik V.
La notizia ha scosso fortemente gli animi, in particolare a Bruxelles, poiché arriva in un momento particolarmente cruciale: l’agenzia di stampa britannica Reuters ha infatti rivelato che l’americana Johnson&Johnson, su cui l’Unione europea sta puntando dopo la débacle AstraZeneca, non ce la farebbe a fornire i 55 milioni di dosi previste per il prossimo trimestre,
adducendo generali “problemi di approvvigionamento”.
La Camera di Commercio Italo-Russa ha fatto da mediatrice per l’accordo fra il Fondo governativo russo Russian Direct Investment Fund (Rdif) e l’azienda farmaceutica. L’accordo prevede la produzione, a partire da giugno-luglio, di 10 milioni di dosi entro un anno, produzione che avverrà nello stabilimento di Caponago, vicino Monza. Tale sforzo produttivo
porterà l’Italia a diventare la prima sede di elaborazione dello Sputnik V in Europa.
Adienne Srl
Nata nel 2004, la società ha sede legale a Caponago (MB), nei pressi dell’autostrada A4. Il nome deriva dalla pronuncia delle iniziali del suo fondatore, nonché presidente, Antonio Di Naro. Il fatturato dell’anno 2019 è stato di €15.242.366,00 e nel 2020 la società contava 49 dipendenti.
Lo stabilimento è una fabbrica all’avanguardia nella ricerca e nella realizzazione di farmaci, famosa soprattutto nel campo dei medicinali per contrastare tumori e malattie rare. La squadra di R&D di Adienne si dedica principalmente a tre aree di sperimentazione: farmaci per le malattie autoimmuni, le malattie del trapianto contro l’ospite e il trapianto di cellule staminali emopoietiche. Inoltre, l’azienda di Di Naro brevetta e produce dispositivi per garantire l’incolumità degli operatori sanitari quando maneggiano farmaci che possano risultare pericolosi e/o tossici.

Antonio Di Naro si è laureato in Chimica e tecnologie farmaceutiche all’Università di Milano, poi il PhD in Farmacologia e l’MBA alla Bocconi e, infine, ha studiato per due anni all’Istituto Mario Negri di Bergamo. Ha lavorato dapprima nell’azienda Janssen di Roma, diventato poi direttore generale della Pasteur Merieux Italia; ha inoltre ricoperto incarichi di prestigio in alcune multinazionali farmaceutiche, fra cui SangStat e Genzyme fino a quando, nel 2003, decide che è arrivato il momento di realizzare il suo sogno: creare una società farmaceutica che si dedicasse alla cura di malattie rare, spesso trascurate dai grandi colossi del mercato.
Cosa cambia per i vaccini in Italia
Rispondere a questa domanda è ancora difficile, per due motivi. Anzitutto, l’Ema (European Medicines Agency, Agenzia europea per i medicinali) sta studiando il vaccino Sputnik V: le prime valutazioni sull’efficacia sembrano essere abbastanza positive e nel mese di maggio dovrebbe arrivare l’approvazione da parte dell’Agenzia. Sputnik V potrebbe contribuire a far
decollare la campagna vaccinale, che in Europa e soprattutto in Italia procede a rilento. Il vaccino russo funziona, secondo uno studio pubblicato sulla rivista specializzata The Lancet e accolto con ottimismo dalla comunità scientifica internazionale: esso ha dimostrato di avere
un’efficacia del 91,6% contro Covid-19. Tuttavia, alla notizia della prossima produzione in Italia del vaccino russo prima che sia confermata l’approvazione dell’Ema, l’Agenzia europea ha paragonato l’utilizzo dello Sputnik V in questa fase ad una “roulette russa” e la Commissione
Ue ha precisato che “non sono in corso colloqui per integrare lo Sputnik nella strategia Ue sui vaccini”. A tal proposito, Palazzo Chigi ha precisato che l’Italia continuerà a muoversi, nella campagna vaccinale, all’interno della cornice europea e la Camera di Commercio Italo-Russa
ha ribadito che l’accordo da lei negoziato si riferisce soltanto alla produzione e non già alla distribuzione del vaccino.
Diplomazia del vaccino
Pur con tutte le rassicurazioni degli attori coinvolti, la questione ha assunto subito dei risvolti politici sul piano internazionale. In risposta alle critiche dell’Ema, il Cremlino ne ha chiesto le scuse ufficiali per le “accuse deplorevoli ed inappropriate”; ma il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha rincarato la dose affermando che “Non dovremmo lasciarci ingannare dalla Cina e dalla Russia, regimi con valori meno desiderabili dei nostri che organizzano operazioni molto limitate ma ampiamente pubblicizzate per fornire vaccini ad altri”.
D’altra parte proprio in Russia il vaccino Sputnik V non sembra avere molta popolarità, dal momento che solo il 4,6% dei cittadini russi è stato vaccinato e solo il 30% di loro si dice disposto a farlo. Esitazioni spiegate, almeno in parte, anche con la tendenza conservatrice e diffidente della popolazione. Così, Mosca ha iniziato a puntare sull’export del vaccino sia per
rifornire il crescente numero di Paesi che ne hanno fatto richiesta sia, soprattutto, con la convinzione che se i russi riusciranno a fabbricare il loro vaccino dentro la Ue, allora ci saranno più opportunità che alla fine Bruxelles lo accetti.
Il dilemma europeo va oltre la sua natura scientifica: lo Sputnik V – poco costoso, più facile da conservare e trasportare degli altri – potrebbe diventare uno dei successi più eclatanti della Russia di Putin degli ultimi decenni, dimostrazione del suo potenziale scientifico e tecnologico.
Ma al tempo stesso, l’acquisto del vaccino russo potrebbe essere letto come un’approvazione dei metodi del governo di Putin o dello stesso Putin.
Emblematiche le parole del presidente della Camera di Commercio Italo-Russa, Vincenzo Trani: “È un accordo storico che mostra lo stato di salute dei rapporti tra i nostri due Paesi e sottolinea come le imprese italiane sanno vedere oltre le polemiche politiche. […] In questo momento la creazione di un vaccino sicuro e disponibile per tutti è fondamentale per far uscire, da questa situazione di instabilità per la salute pubblica, le imprese e le economie dei nostri paesi. Noi abbiamo fatto una “staffetta” senza casacche o bandiere politiche”.