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Biden, USA, crisi e mondo: all’insegna della democrazia

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Nam in omni adversitate fortunae infelicissimum est genus infortunii, fuisse felicem.

“In ogni avverso capovolgimento di fortuna il più infelice sfortunato è chi è stato felice.” Boezio, De Consolatione Philosophiae

Is demum miser est, cuius nobilitas miserias nobilitat.

“E’ infelice colui la cui fama rende famosa la propria sfortuna.” Lucio Accio, Telephus

Queste citazioni mi sembrano adeguate a capire lo stato d’animo dell’ultimo inquilino della Casa Bianca, anche se nella prima gli si attribuisce una passata felicità difficile da comprendere nel carattere mefistofelico dell’individuo. In realtà è difficile attribuirgli qualsiasi tipo di emozione, se non la disperazione di un uomo disposto a tutto pur di rimanere avvinghiato ad un potere usurpato. 

Anche se non darà spunto a scandali o farà impazzire dietro ad una serie infinita di bugie, gli onori della cronaca, d’ora in poi, saranno tutti per il nuovo inquilino, la cui fortuna non sembra affatto avversa. 

Joe Biden rappresenta l’antitesi del suo predecessore. Il suo unico obiettivo, quello per cui ha sentito l’imperativo di sfidare un Presidente corrotto, il solo per cui vale la pena usare l’enorme potere associato ad una vittoria elettorale impossibile da mettere in discussione, è stato ed è quello di risolvere i problemi di tutti gli Americani, senza alcuna distinzione di razza o fede o inclinazione sessuale o, soprattutto, affiliazione politica. Appunto il contrario di quella che è stata la politica Americana degli ultimi 4 anni.  Per fare questo ha dalla sua passione e compassione, intelligenza ed esperienza, insieme ad un Congresso a maggioranza Democratica. Il che non guasta. 

Due mesi di presidenza Biden

Nei primi due mesi di Presidenza, Joe Biden ha già reso attuativo uno Stimolo Covid da 1,9 triliardi di dollari ed ha anticipato di 40 giorni la promessa di vaccinare 100 milioni di persone, raddoppiando la scommessa a 200 milioni di vaccinati entro i primi 100 giorni di mandato. Ed a questo bisogna aggiungere la posta in cantiere di un piano da 3 triliardi per la messa in opera di nuove infrastrutture, materiali e tecnologiche, per il miglioramento della viabilità federale, il graduale passaggio a fonti di energia rinnovabile, e l’incremento di ricerca e scolarizzazione. Con il by-prodotto della creazione di nuovi posti di lavoro ben pagati ed il sostanziale sviluppo di una classe media asfittica.

La crisi dei migranti al confine col Messico

Certo vi sono nubi. La crisi dei migranti al confine col Messico è al momento la più pressante. Una crisi antica quanto la stessa storia degli Stati Uniti, che stranamente diviene più visibile ed urgente soprattutto durante le amministrazioni Democratiche. Vi è da premettere che il 40% dei migranti illegali entra con regolari visti di ingresso, e diventa illegale rimanendo nel paese oltre la durata del visto. Ma questo tipo di illegalità è quasi ignorata, mentre quella che si configura al confine meridionale è ingigantita, sebbene sia più che altro una crisi umanitaria. Essa dipende sostanzialmente dalle condizioni di ingiustizia sociale in cui versano le popolazioni di Honduras, Guatemala e Nicaragua. Ed è lì che Biden vuole intervenire, privilegiando aiuti alle organizzazioni umanitarie ed ignorando governi corrotti ed inaffidabili. Ma è una legge complessiva che regoli la complessità dei problemi migratori che manca; una materia scottante mai veramente affrontata da nessuna amministrazione precedente, e che Biden, dando alla Vice Presidente Harris l’incarico di studiare il problema, ha tutta l’intenzione di risolvere. 

Leggi e filibuster

Altro problema apparentemente irrisolvibile è quello della proliferazione delle armi che ormai sono diventate veri ordigni da guerra, non più strumenti di difesa personale, ma mezzi atti ad uccidere il maggior numero di persone nel minor tempo possibile. Cosa che è puntualmente avvenuta, in questi giorni, con 8 vittime in Atlanta, Georgia, e 10, incluso un ufficiale di polizia, a Boulder, Colorado. 

L’opposizione dei Repubblicani ha sempre impedito che si arrivasse a leggi risolutrici e quindi Biden sa bene che nuovi Ordini Esecutivi scalfirebbero i problemi solo in superficie. Quindi, per far passare una legislatura definitiva si appresta a riformare, prima di ogni altra cosa, l’assetto procedurale del Congresso eliminando il muro del filibuster (una procedura attraverso la quale la discussione di una legge viene rallentata fino alla sua stroncatura).        

Un’altra crisi sembra essere quella del Nord Corea che, ad ogni nuovo Presidente Americano, non trova niente di meglio da fare se non lanciare un paio di missili nel Mar del Giappone, tanto per farsi notare e creare una qualche preoccupazione. Joe Biden ha una sola parola per i regimi autoritari di qualsiasi tipo e forma, ed è quella di affrontarli in concerto con gli alleati ed isolarli con sanzioni adeguate al loro grado di infrazione dei diritti umani e di divergenza da regole di pacifica convivenza. Intanto Cina e Russia sono già state avvertite: perseguitare minoranze etniche o uccidere dissidenti politici, non sarà più ignorato dalla nuova amministrazione.

Biden oltre gli USA

Con Biden il panorama politico internazionale è semplice: da una parte vi sono le democrazie, dall’altra le autocrazie. E ne sanno già qualcosa gli Emirati Arabi che si sono viste negate le commesse militari così generosamente elargite dal suo predecessore.        

Dopo 40 anni di carriera, legislativa e governativa, prima come Senatore, dopo come Vice Presidente ed ora come Presidente, Joe Biden non deve provare niente e certamente non si deve preoccupare su cosa fare alla fine del proprio mandato, non deve arrovellarsi per apparire importante, e tanto meno tenere assoldati un nugolo di avvocati per difendersi in innumerevoli processi. Soprattutto non ha bisogno di elemosinare la collaborazione o l’approvazione di un Congresso ormai Democratico in questa legislatura. Superato il filibuster gli basterà promuovere leggi e decreti popolari presso la maggioranza degli Americani. Cercherà la collaborazione dei Repubblicani sino a quando questa sia costruttiva e non distruttiva; altrimenti, con un team di collaboratori più che qualificato, andrà avanti da solo. L’esperienza con Obama glielo ha insegnato.

Alcuni commentatori incominciano a paragonare la Presidenza Biden a quella Roosevelt. Per me, intanto, vale una riflessione: mentre Obama, nel suo libro “The Promised Land”, quando cerca di far raggiungere un elusivo accordo di pace fra Israeliani e Palestinesi, si chiede se la Clinton o McCain, i suoi contendenti alla Presidenza, avrebbero potuto fare meglio di lui ad essere stati eletti al suo posto, Biden non avrà mai questo dubbio rispetto al suo predecessore.     

Follotitta vive tra New York e Miami, è architetto e appassionato di storia, architettura e politica. Una visione a 360° sul clima made in USA vista dagli occhi di un professionista "italiano in trasferta".

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