di Giacomo Torresi –
Per Alitalia i problemi non finiscono mai.
Attualmente sembrano essere solo due le strade che si possono seguire: promuovere un’interlocuzione ai massimi livelli istituzionali tra Italia ed Europa in cui il presidente Draghi assuma su di sé la questione, o dotare l’attuale azienda di un ulteriore apporto finanziario e di tempo.
Tempo e risorse economiche da usare per promuovere, con l’attuale assetto, una profonda ed energetica ristrutturazione puntando sulla riorganizzazione della flotta, la ricontrattazione dei contratti di leasing, la rinegoziazione dei contratti di fornitura di carburante, l’eliminazione o la forte riduzione dei costi atipici previsti che oggi pesano nei bilanci dell’azienda per molti milioni di euro e una relativa riorganizzazione del personale.
A fare il punto della situazione è il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino al fianco dei lavoratori Alitalia in questa crisi che non sembra terminare:
Purtroppo noto che, come avevamo detto durante il Consiglio comunale aperto dello scorso 12 marzo, la situazione di Alitalia è a un punto di stallo per via di una difficile discussione con l’Europa rispetto a un piano industriale che prevede metà della flotta e del personale.
Un piano che impone una forma di discontinuità tra la vecchia e la nuova azienda tale da abbandonare i loghi storici, prevedere procedure di reperimento del personale non completamente da Alitalia, ma anche dal mercato, e in fine autorizzare il passaggio diretto ad ITA solo dell’aviation mentre i due asset, manutenzione ed handling, sarebbero venduti con gare pubbliche.
È fuori discussione, a meno di essere in malafede, che questa sia la strada per abbandonare qualsiasi idea di avere, come Paese, una grande compagnia di bandiera, a differenza di tutti gli altri paesi europei compresi stati come il Lussemburgo o il Portogallo, ben più piccoli di noi, ma che si guardano bene dal rinunciare ad un vettore nazionale.
Prosegue il sindaco di Fiumicino:
Mentre in Italia continua lo scontro tra le tifoserie di chi vorrebbe liquidare Alitalia e chi vorrebbe rilanciarla, tifoserie che risultano maggioritarie nel paese a fasi alterne, gli altri stati europei, come la Germania e la Francia, nel corso del 2020 hanno dato aiuti di stato a Lufthansa pari a 9 miliardi e ad Air France per 7 miliardi.
Questo allo scopo di evitare la crisi irreversibile, rilanciare le aziende e far sì che siano pronte a riprendere a fine pandemia. I fautori della liquidazione sono, tra l’altro, così miopi da non considerare due fatti determinanti. Il primo: eliminare la propria compagnia significa abbandonare un asset strategico sul piano dell’immagine nazionale e sul piano di settori importanti e decisivi come quelli del turismo.
Il secondo: anche la semplice liquidazione di un’azienda come Alitalia, in termini di costi reali, tra ammortizzatori sociali e perdita del valore aggiunto prodotto dall’indotto che non verrebbe naturalmente più riscosso dallo Stato, paradossalmente costerebbe di più che investire fondi per un serio piano industriale, che stia sul mercato permettendo di confrontarci con i competitor e, magari, promuovere partnership strategiche.

In Alitalia non sono ancora stati pagati gli stipendi dei dipendenti.
Lo denunciano fonti sindacali, precisando che l’azienda fino ad ora non ha nemmeno fornito indicazioni su quando arriveranno le buste-paga, che di solito vengono consegnate entro il 27 del mese. La compagnia sta facendo i conti con numeri disastrosi: nel 2020 i ricavi sono crollati, con un calo di oltre 2 miliardi di euro.
Giancarlo Zeni, direttore generale della società, spiega:
L’anno scorso è stato drammatico. Ha determinato una paralisi della domanda e l’ordine di grandezza è un calo del 90% dall’inizio della pandemia: questo ha fatto sì che abbiamo subito un calo dei ricavi di 2 miliardi e 40 milioni.

Zeni è intervenuto al convegno sul “Rilancio del trasporto aereo nel mondo post Covid” organizzato dalla senatrice M5s Giulia Lupo. “Nella settimana appena conclusa la società Pwc ha finito l’asseverazione dei nostri numeri, il risultato operativo è purtroppo in peggioramento di 20 milioni, che è l’1% dei ricavi dell’anno“.