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Allenarsi alla gentilezza, please!

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Se ci fermassimo a riflettere un attimo, saremmo tutti concordi nel dire che occorre essere gentili. Eppure, guardandoci intorno, la gentilezza non sembra essere così diffusa e ricercata. Essere gentili non significa semplicemente essere educati (questa è certamente condizione necessaria ma non sufficiente), non significa essere accondiscendenti o men che meno non essere autorevoli o non essere un buon capo.

Essere gentili a che scopo?

Essere gentili, essere leader gentili, è un’arte apparentemente molto semplice, che richiede sicuramente del talento, (perché quello aiuta sempre in tutto, ed in particolare a primeggiare nel mondo delle arti) il che significa, citando la saggezza popolare che mi ha insegnato mia nonna, che “chi nasce tondo, difficilmente morirà quadrato”. Ma il talento da solo, tendenzialmente non basta. La gentilezza, infatti, è una soft skill sulla quale si può certamente lavorare, mettendoci molto impegno, molta pratica e tantissimo allenamento. Anzi secondo alcuni, la gentilezza si può allenare esattamente come fosse un muscolo. E più lo alleni, più elastico, più reattivo e più sano diventa questo muscolo.

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Alleniamoci alla gentilezza

Proviamo allora a mettere giù, come dei bravi e professionali “personal trainer della gentilezza” la nostra scheda di allenamento, in 4 semplici punti.

1. Lo stile di vita

Prima cosa: per rimettersi in forma non basta andare in palestra, ma occorre ripensare e mettere a posto il proprio stile di vita. Come traduciamo questo nel nostro allenamento alla gentilezza? Come deve cambiare il nostro stile di vita per muoversi verso la gentilezza? In buona sostanza si tratta di riportare al centro di tutto la persona, che vuol dire innanzitutto prendersi tempo per ascoltare se stessi e gli altri. In secondo luogo significa impegnarsi a coltivare e nutrire in maniera autentica le relazioni con le persone intorno a noi, e ovviamente, praticare, praticare, praticare (con pazienza e perseveranza).

2. Riscaldamento preparatorio – Focus sulle relazioni

Non partiamo subito a sollevare bilancieri carichi di pesi. Iniziamo con un sano e progressivo riscaldamento, focalizzandoci sui fondamentali, ovvero le relazioni. Sono proprio le relazioni che creiamo con le persone intorno a noi (colleghi, collaboratori, ma anche amici e familiari) che determinano il nostro gradiente di gentilezza. Per migliorare le relazioni, sembrerà paradossale, ma occorre partire innanzitutto da se stessi e dal proprio mondo: rendersi conto che il mondo che ci siamo costruiti non è che un’opzione tra le tante possibili, assolutamente mai l’unica, né quella giusta, ma piuttosto che dobbiamo sempre e comunque aprirci alla visione dell’altro nella maniera più oggettiva possibile, è il primo fondamentale step.

Non fare bene il riscaldamento, quindi pensare che il problema sia sempre legato agli altri, può portare il rischio a infortuni molto dolorosi, continuando il parallelismo ginnico. Chi è soltanto concentrato su se stesso, o anche soltanto eccessivamente concentrato sul proprio mondo, corre il grosso rischio di cadere facilmente in giudizi, pensieri e situazione negativi quali: polemiche, recriminazioni, giustificazioni, aggressività, atteggiamenti di condanna, pregiudizio. E tutto ciò è l’esatto contrario della gentilezza.

3. Strengthen the core – Comunicare in maniera potente

Una volta aumentati i battiti, messa a posto la respirazione e focalizzati i fondamentali, iniziamo il potenziamento.

Le relazioni che abbiamo creato e sulle quali ci siamo concentrati in fase di riscaldamento, vanno nutrite costantemente attraverso la nostra comunicazione. La comunicazione deve essere considerata un vero e proprio booster (potenziante per essere indigeni) delle relazioni. Il potenziamento avverrà, però, soltanto se la nostra comunicazione sarà avvolgente ed inclusiva, ovvero sarà una buona comunicazione.

Siamo certi che la nostra comunicazione sia buona?

Quando parliamo di comunicazione, spesso e volentieri, siamo molto più concentrati sul cosa (quindi il messaggio che vogliamo trasferire) rispetto al come (ovvero le parole, i gesti, i toni che usiamo per passare il messaggio). Nella realtà dei fatti il come è straordinariamente più importante del cosa!

“Ciò che gli altri leggono è più importante di ciò che abbiamo scritto, ciò che viene sentito è più importante di ciò che è stato detto, ciò che viene capito è più importante di ciò che si intendeva dire”

(Desmond Morris)

Infatti, secondo un famoso studio dello psicologo Albert Mehrabian, datato 1973 ma recentissimo per la validità delle osservazioni sull’importanza degli elementi non verbali nella comunicazione faccia a faccia, l’insieme delle componenti verbali incide su chi riceve il messaggio solo per il 7%, rispetto alla totalità delle informazioni che riceve. Quindi il contenuto della comunicazione è nettamente marginale rispetto a tutto il resto.

A questo punto, per avere una buona comunicazione, che faccia di noi un leader guidato dalla gentilezza, dobbiamo tenere in considerazione diversi aspetti. Innanzitutto dobbiamo essere consapevoli che il contenuto del messaggio sarà sempre e comunque influenzato dal come, quando, dove avviene la comunicazione e, ovviamente, anche da chi la fa. In seconda battuta dobbiamo considerare un altro fondamentale aspetto: l’efficacia della nostra comunicazione non deriva soltanto da quello che produce nella persona il messaggio che stiamo provando a trasferire, ma anche da come la persona farà proprio questo messaggio e lo userà in seguito.

4. Defaticamento – L’arte del feedback, stretching per le relazioni.

Siamo nella fase finale della nostra scheda di allenamento per il gruppo muscolare “relazioni e comunicazione”.

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Una volta assodato che dobbiamo cambiare lo stile di vita, curare le relazioni come fossero un prezioso lievito madre che si tramanda da generazioni, e nutrirle costantemente con una buona comunicazione, non rimane che capire come far sì che gli effetti positivi di questo allenamento si protraggano nel tempo. In questa direzione un’arma potentissima è il feedback, che sublima il rapporto tra relazioni e comunicazione. Senza feedback non può esserci evoluzione né crescita. Ma non basta un feedback qualsiasi, occorre che sia un feedback “evolutivo” e cioè che abbia certi requisiti essenziali, in particolare:

  • l’oggetto del feedback non deve essere mai la persona, quanto piuttosto il suo comportamento o la sua performance
  • deve essere molto specifico, quindi dobbiamo evitare di passare dal particolare al generale, o trarre delle conclusioni assolute (tipicamente usando avverbi some sempre o mai)
  • evitare di guardare esclusivamente al passato, quanto piuttosto proiettarsi al futuro, definendo obiettivi e target condivisi

Questo è il costante allenamento a cui deve sottoporsi un leader nuovo, moderno, in grado di guidare con gentilezza. Abbiamo bisogno di questo stile di leadership, per aver persone motivate, felici e creative ed organizzazioni agili, reattive e produttive. E ognuno di noi può diventare un eccellente istruttore.

Sono un papà che ama giocare, dipingere, scrivere e viaggiare. Sono anche un leader aziendale globale con una vasta esperienza internazionale nello sviluppo del business, nel marketing e nelle vendite. Amo correre.

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