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Con lo stop alla movida entrano in crisi alcune categorie di lavoratori, ne parliamo con Toni Palombi

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Il periodo storicamente è duro per molti, ma ci sono alcune categorie di lavoratori che stanno pagando da molti mesi colpe non loro. Abbiamo pensato di dare spazio e voce su InsideMagazine ad alcuni rappresentanti di queste professioni che stanno vivendo momenti drammatici.  Un confronto non solo sulle problematiche dirette ma anche un dibattito per spostare il focus verso la creazione di valide alternative, anche solo sotto forma di semplici idee.

Ciao Toni, presentati ai lettori di Inside Magazine, raccontami chi sei e cosa fai.

Sono Toni Palombi, opero nella sicurezza da 35 anni. Ho iniziato molto tempo fa come titolare di un agenzia e successivamente sono diventato freelance. Negli ultimi tempi ho cercato di contribuire a migliorare le condizioni lavorative degli operatori del settore con un  movimento sindacale (FEASC). I problemi non sono stati pochi, ma questa è un’altra storia… Attualmente sono un docente della regione Lazio per i famosi corsi per gli addetti al controllo (decreto Maroni 2009) in un ottima scuola con ottimi docenti.

In questo momento storico a causa del Covid e della pandemia ci sono settori che stanno soffrendo più di altri, uno di questi è l’entertainment. Dagli spettacoli nei teatri, ai cinema, ai concerti nei locali in questo contesto esistono tante realtà. Toni, tu ti occupi del mondo notturno delle discoteche, del ballo. Dopo il 15 agosto e il focolaio in Sardegna i locali della notte hanno chiuso battenti, mi puoi fare un breve quadro della situazione? Come sa la passano gli operatori del night entertainment?

Partiamo dall’inizio, quindi dal primo lockdown. Quel momento è stato drammatico perché noi operatori del night entertainment lavoriamo su contratti a chiamata, significa che noi percepiamo un compenso per ogni volta che andiamo a lavorare. Quindi puoi immaginare il disagio di molti operatori, me compreso… Dal momento della chiusura non abbiamo più percepito nulla, considera infatti che molti di noi stanno ancora aspettando la cassa integrazione, e questa te la dice lunga sulla situazione. Certo, nella seconda fase abbiamo iniziato a respirare, ad avere più ossigeno, ma alla fine il 15 agosto si è bloccato tutto nuovamente, da un giorno all’altro, ma non voglio entrare in polemica con chi prende decisioni in merito… anche se l’immagine del mondo della notte non ne è uscita bene.  Noi ci siamo reinventati, arrangiati, lavorando in ristoranti, bar e quant’altro.

Sappiamo che spesso e volentieri bisogna lavorare anche un po’ di fantasia, ma in questi casi serve l’etica di persone che conoscono bene il lavoro e il mondo giovanile. Quale potrebbe essere un’idea da sottoporre alle istituzioni per reimpiegare addetti come te e altri operatori che al momento sono senza lavoro?

Sul territorio di Roma siamo circa 9000 operatori, tutti secondo decreto prefettizio, ai fatti un decreto di Polizia. La domanda che voglio far passare è: perché non veniamo impiegati? Perché siamo lasciati a casa senza uno stipendio e senza cassa integrazione? Ci siamo, impiegateci. Nelle varie piazze importanti, ora chiuse, quindi Campo dei Fiori, Piazza Navona ecc. dove ci sono tantissimi pub e birrerie, potremmo essere assunti con il risultato di mantenere in maniera ancora più efficace il distanziamento e l’utilizzo delle mascherine tra i giovani collaborando con le forze dell’ordine. Il Comune, senza spendere un euro, potrebbe considerare il progetto assumendo un operatore e dando della agevolazioni agli esercenti tramite la TOSAP o facendoli rimanere aperti fino alle due di notte, e questo potrebbe essere esteso ad altre città. Quindi mi chiedo, perché questo sistema o progetto non è adottato? L’unica società su Roma che ha capito l’iniziativa è quella di un piccolo imprenditore che ha cercato e ottenuto il consenso dei commercianti di una nota piazza di Roma anch’essa con il problema della movida, distanziamento e altro. Avremo più controllo della movida, Toglieremo tanto lavoro alle forze dell’ordine, non verrebbe utilizzato l’esercito che è un deterrente molto forte per il pubblico, e noi avremmo un impiego dignitoso sul sociale. Facciamo qualcosa, impieghiamo questi ragazzi.

È possibile che le istituzioni, quindi se parliamo di Roma sindaco e assessorato, non abbiamo preso in questione il metodo da te consigliato? Si potrebbe mettere in atto non solo all’esterno di strutture come supermercati, centri commerciali ecc., visto che solo a Roma ci sono 1000 operatori qualificati con tanto di certificato della questura e quindi abili per poter operare un controllo, ma anche nelle piazze dove esiste questo raduno dei giovani erroneamente chiamato movida. In questo momento si sta andando incontro ad un lockdown generale, per ora più un coprifuoco in cui rimangono chiusi i locali, eppure come effetto collaterale negli orari di apertura si crea una contingenza di tante persone. Come affrontare questa situazione, secondo te?

Non ho presentato un progetto in comune, per i progetti ci sono o meglio ci dovrebbero essere entità specifiche tipo associazioni, sindacati ecc. Tuttavia ė una domanda che mi faccio anche io e che rivolgo al prefetto di Roma. Dal 2009 ci hanno formato con dei corsi della regione Lazio, ci hanno fatto fare un’iscrizione in prefettura, e quindi proprio non si capisce perché il prefetto o il sindaco non utilizzi questa forza formata da tanti professionisti in grado di gestire la movida notturna. Rilancio quindi la tua domanda ai lettori: perché non fare questa prova? Oltretutto, come ribadisco, potrebbe essere a costo zero.

Secondo te questo modello potrebbe essere applicato anche alle attività legate alla mobilità quindi metro, autobus quindi quei luoghi dove è oggettivo che ci siano aggregamenti di persone causa lavoro e che per forza di cose generano un sovraffollamento delle strutture tendendo a non mantenere le regole del distanziamento sociale?

Sono convintissimo che questi ragazzi potrebbero essere un valore aggiunto sia di giorno che di notte, per li assembramenti su autobus e treni, come per la movida. Potremmo impiegarli in qualsiasi modo, è la volontà che manca. Pur essendoci sindacati di agenzie, e le agenzie stesse, non è stata fatta nessuna proposta consistente. Basterebbe anche portare i ragazzi in piazza solo per dire “io esisto e sono a disposizione”… ma questi enti non si sono messi a disposizione, facendo si che questi ragazzi rimanessero a casa senza fare nulla, senza cassa integrazione e stipendio, ancora una volta a carico dei parenti, dei prestiti. Timidamente ma con determinazione sta nascendo un movimento sindacale di operatori (S.N.O.S) e da operatore spero che sia considerata finalmente la voce degli operatori.

Dovremmo smuovere la situazione, è una questione importante questa, sia sociale che economica.

NOTE: Ringrazio David Venturini per aver collaborato alla realizzazione dell’intervista.

Romano, giornalista e scrittore. Esperto nel settore della comunicazione e delle relazioni pubbliche, studioso di tutte le novità tecnologiche con una forte inclinazione per i numeri, il marketing e i digital media.

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