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Donne e lavoro: sconfiggere il “burnout”

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Il 2020 ha segnato profondamente le nostre vite in termini sociali, psicologici e lavorativi.

Abbiamo fatto i conti con una realtà difficile da gestire e soprattutto da accettare, scombinando il nostro quotidiano. Eppure, questo periodo storico, ha fatto emergere criticità da tempo nascoste tra le fitte trame del tessuto economico e sociale italiano e non, colpendo in particolar modo le donne.

I numeri

Si è parlato tanto di percentuali: dal tasso di occupazione femminile ridotto al 48,6% alla probabilità di licenziamento del 79%. Se da un lato 99 mila donne hanno perso il posto di lavoro, dall’altro coloro che lo hanno mantenuto si sono ritrovate di fronte a dinamiche aziendali divenute spesso insopportabili e difficili da gestire.

Ansia, vita privata ridotta all’osso, orari massacranti, eccessi di incarichi, tensioni con i colleghi o col capo, fino ad arrivare alla perdita del sonno o dell’appetito.

Sono i tipici sintomi del cosiddetto burnout, ovvero quella scintilla che lentamente divampa fino a consumare l’individuo.

Burnout

Il burnout è una vera e propria sindrome riconosciuta dall’OMS e che si sviluppa all’interno di un contesto tipicamente professionale, creando così dinamiche disfunzionali, ovvero fonti di stress ai quali il soggetto non riesce nel tempo a fare fronte. 

“Lavorare duro per qualcosa che non ci interessa si chiama stress. Lavorare duro per qualcosa che amiamo si chiama passione”

La società moderna si fonda sulla cultura del lavoro, incentrata sul valore del successo professionale e dell’ambizione lavorativa, in cui il fallimento nel non trovare lavoro o di perderlo produce effetti negativi dal punto di vista psicologico. La sensazione di vivere intrappolati in un sistema, di indossare un vestito ormai diventato troppo soffocante, ha fatto affiorare quel desiderio di cambiamento a lungo nascosto, la consapevolezza di voler affrontare le avversità.

Coloro che ne hanno pagato il prezzo più alto sono proprio le donne.

Le donne possiedono sensibilità, forza, equilibrio. Quelle stesse caratteristiche che hanno permesso loro di “stare a galla”, di tollerare situazioni logoranti in cui è venuta a mancare la valorizzazione delle loro competenze, la realizzazione professionale, costringendole ad abbandonare il posto di lavoro a tempo indeterminato a causa della poca considerazione all’interno dell’ambiente lavorativo.

Storia di una donna

“Il clima lavorativo era diventato più pesante, a causa della paura. Sicuramente si sono accentuati difetti e tensioni, perché stavamo vivendo una situazione nuova, quindi sconosciuta e imprevedibile.”

Inizia così la testimonianza di Alessia Pinto, psicologa del lavoro, esperta di Orientamento al Lavoro e Consulenza di Carriera e creatrice di CambioVerso, un progetto nato per supportare le persone verso il cambiamento professionale.

Cosa l’ha spinta a lasciare un posto a tempo indeterminato per fare il salto nel vuoto?

L’insoddisfazione. O meglio, la consapevolezza e l’accettazione dell’insoddisfazione. La pandemia, in particolare il lockdown, ci ha costretto a riflettere, a fare un bilancio della nostra vita, con sincerità verso noi stessi. Ci ha costretto perché avevano tempo per farlo e non avevamo alternative.

Non potevamo scappare, ci ha messo davanti allo specchio e ci ha costretti a fare i conti con le nostre reali emozioni.

È stato così per me, ma anche per tanti miei clienti, che ho seguito come Career Coach in fase di transizione professionale. Ho dovuto accettare che non mi sentivo realizzata professionalmente, che la strada che avevo intrapreso non era quella giusta per me.

Ha preso una decisione coraggiosa: ha trovato supporto in qualcuno?

Si, ho avuto il supporto dei miei familiari e soprattutto di mio marito. Le persone a me più vicine vedevano quotidianamente il mio malessere e la mia insoddisfazione e, quando ho deciso di lasciare “il certo per l’incerto”, hanno avuto fiducia.

Se dovesse tornare indietro, agirebbe allo stesso modo?

Assolutamente sì. Non mancano le difficoltà, non lo nego e lo avevo previsto. Sapevo benissimo a cosa sarei andata incontro. Ma nonostante tutto sono felice della mia scelta, perché soddisfa i miei reali bisogni. È fondamentale avere un obiettivo chiaro, concreto e raggiungibile, anche con piccoli passi. Io ho capito di cosa avevo bisogno e pian piano ho iniziato a costruirlo.

Se non fosse riuscita nel suo intento, quale direzione avrebbe preso? Avrebbe continuato a occupare la stessa posizione lavorativa?

No, avrei comunque cambiato, perché non era in linea con il mio obiettivo professionale. Avrei cercato comunque una posizione più consulenziale e con maggiore autonomia.

Ci sono tante donne che vivono in questa condizione lavorativa di “immobilità”. In quanto Career Coach, quali sono le cause che impediscono il cosiddetto “voltare pagina”?

Sicuramente la paura dell’ignoto.La paura è un’emozione normale, ogni cambiamento mette a repentaglio la sicurezza, uno dei bisogni primordiali dell’uomo, e l’istinto di sopravvivenza ci porta ad evitare tutto ciò che è ignoto: la nostra routine, compiere le stesse azioni e le stesse attività, ci da sicurezza, perché ci muoviamo in una zona che conosciamo bene e, anche se non è gratificante, è prevedibile (la zona di comfort).

In realtà, la paura del nuovo inibisce il nostro slancio vitale e ci limita nella realizzazione.

Raccontare le proprie esperienze è importante. Si crea una rete, un network. In base al suo vissuto e alla sua attuale professione, cosa consiglia?

Di ascoltarsi. Di ascoltare più se stessi che gli altri ed eventualmente chiedere aiuto. La frustrazione, l’insoddisfazione e lo stress, sono segnali importanti: il nostro organismo ci sta comunicando che stiamo affrontando una “crisi”, che, in ogni ciclo di vita, è sempre una tappa fondamentale per la crescita, personale e professionale.

È importante ascoltare le proprie emozioni, i propri bisogni e iniziare a pianificare il proprio cambiamento. Avere il supporto di un professionista esperto in questo percorso di transizione può aiutare tanto, a livello metodologico ma anche psicologico e motivazionale.

La pandemia ci ha offerto una diversa prospettiva. Ci ha dato il tempo di valutare, di aprire gli occhi, di farci capire cosa vogliamo e, soprattutto, chi vogliamo essere.

Fall Forward – Cadi in avanti: “Ogni fallimento è un passo in avanti verso il successo. E se non fallisci, vuol dire che non stai nemmeno provando.” – Denzel Washington

Nicoletta Mesina - editorial-Coach - Sarda, impiegata nel settore ristorativo di giorno, collaboratrice freelance per alcune testate locali e scrittrice nel tempo libero.
Ama la scrittura in tutte le sue forme ed è per questo che la comunicazione assume per lei un ruolo decisivo.
Il suo motto? "Cucire un abito su misura per ciascuno e valorizzarlo al meglio".

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