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Il Rap italiano e l’arte di riscoprire noi stessi

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Il rap da quando esiste traduce in musica e versi la quotidianità delle giovani generazioni. Realtà underground, soprattutto questa è la sua natura. Nel centro Italia, lo Studio TDB Farm attira ad esempio molti giovani artisti che decidono di creare la loro musica a livello professionale, senza necessariamente voler avere successo, non quello delle trasmissioni televisive o delle copertine delle riviste. Si tratta di un altro tipo di ambizione, più intimista, personale, di riscoperta o di denuncia. Per non rimanere in silenzio, per dichiarare apertamente.

Un esempio è Benna, artista che torna nei digital stores con “La cosa più bella che ho visto” (Impronta/Believe Digital), il suo nuovo singolo in feat. con Nicholas Manfredini.

Ascolta il brano su Spotify:

Scrivere per dar sfogo

Scrivere per dar sfogo ad un’urgenza espressiva, per gridare al mondo il proprio universo interiore; scrivere per dar voce a chi non ne ha, scrivere per far riflettere. Questi sono solo alcuni dei talenti, dei compiti principali che un MC (il cantautore diventa Master of Ceremonies nel rap e nell’Hip Hop) è chiamato ad assolvere.

L’MC è, per definizione, un intrattenitore, ma è anche qualcosa di più. E’ un artigiano della parola e della musica, su un tappeto sonoro cucito ad hoc per la sua arte, l’MC ricama e traspone in emozioni, pensieri, restituendo note ruvide a volte, un nero su bianco che però accomuna i suoi ascoltatori, li ispira e, soprattutto, li fa sentire parte di qualcosa. In un mondo in cui il “diverso” viene ancora troppo spesso associato a “sbagliato”, ascoltare e imparare le rime di qualcuno che parla riassumendo in quei versi i pensieri di tanti, può essere un modo per trascendere la propria dimensione e raggiungere quella di un intero movimento.

Inserire il proprio sentire in un sentire comune dove essere finalmente compresi, ascoltati, accettati. Questo è ciò che anche Benna, rapper, cantautore, o per meglio dire, come lui stesso ama definirsi, “rappautore”, mette in atto attraverso i suoi brani, come un vero e proprio cantastorie dei giorni nostri. Ma, prendendo a esempio un contrappunto più minimale, il rapper Baby Hustla fa dei suoi versi un tuono nel silenzio, in cui la musica, le basi del producer Mickhail Fasciano – in arte Scuro – sembrano sussurrate dal centro del nulla, da un cuore che batte, per l’appunto, per farsi sentire.

Ascolta l’album “Punti di Vista” di Baby Hustla:

Le diversità di Benna e Baby Hustla

Dopo il successo delle sue precedenti release, in grado di spaziare tra pungente ironia, introspezione ed innovazione sonora ed autorale, Benna l’artista modenese pubblica, in collaborazione con il collega e amico Nicholas Manfredini, un pezzo dal profondo valore emozionale, un brano che, sin dal primo ascolto, cattura orecchie, mente ed anima, accompagnandoci in un viaggio in cui la «differenza tra guardare e vedere» diventa essenziale.

Dall’altro lato Baby Hustla, più schivo, misterioso, irrintracciabile, se non attraverso le sue rime, narra di una vita “presa a schiaffi”, di punti di vista contro quando scopri che sei dentro a un mondo che ti va stretto e vuoi invece essere in prima linea a morderla come un cane – ed appunto un cane è nella copertina di “Punti di vista” – per trasformarla in un posto che, finalmente, comprenda anche te.

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La copertina dell’album di Baby Hustla: “Punti di vista”

“Suonarle di brutto”, nel senso musicale ma anche vitale, questo è il Punto di Vista di Baby Hustla. Zompettare allegramente in un mondo che corre veloce, che penalizza il diverso ma al tempo stesso ci rende tutti uguali, questo quello di Benna. Scorretti in diverso modo ma in egual modo nella misura di un tran tran frenetico di stress e competizione in cui i nuovi rapper italiani nuotano, spesso in un tumultuoso sottotraccia. Entrambi ci invitano a non arrenderci, ognuno a modo suo, a continuare il viaggio. Si può essere più commerciali, ballerecci, più altisonanti, oppure più scuri, muoversi nell’ombra, dimezzando il ritmo. Stili diversi ma sempre capaci di comunicare qualcosa per chi ha le orecchie sintonizzate sulle stesse frequenze.

Non basta, infatti, posare lo sguardo sul mondo per accorgersi della sua essenza, o anche solo per scoprire che esiste, bisogna metterci sopra le orecchie, registrarne i suoni, ascoltare e ascoltare ancora. Questo ci raccontano. E ammoniscono: la vista tradisce, mentre ascoltando entriamo in contatto in modo diverso, profondo. Occorre drizzare le antenne di tutti i nostri sensi per riconoscere e distinguere ogni sfumatura della realtà. «Ho capito che a volte per sentire i profumi non basta il naso», dice Benna. «Abbiamo ali che non sappiamo di avere. Ho visto alcune delle cose più belle, pensa, quando avevo gli occhi chiusi» -, imparando così a cogliere il senso della vita e promettendo a se stesso che «la cosa più bella che ho visto è la voglia di vederne di nuove».

Sto mic scotta, e picchio“, dice Baby Hustla.

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