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Come il linguaggio crea la nostra realtà. Uno speech di Lera Boroditsky

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Ho imparato da Paolo Borzacchiello, uno dei miei docenti più intriganti ai tempi delle mie specializzazioni in PNL ed Eccellenza Linguistica, qualcosa di interessante, di magico, a proposito della parola abracadabra: in pochi sanno ad esempio che la sua origine è molto antica. Con tutta probabilità proviene dall’aramaico “Avrah KaDabra” che significa: Io creerò come parlo. “La parola magica” (che poi è anche il titolo di un libro di Borzacchiello, un romanzo unico nel suo genere che ha un preciso intento: intrattenere il lettore e, pagina dopo pagina, trasformarlo, aiutandolo a liberare il suo potenziale) ci suggerisce come le cose che diciamo e ci diciamo siano la testimonianza di come creiamo la realtà intorno a noi.

Creiamo come parliamo

Prima di parlare, ovviamente, abbiamo dovuto pensare a ciò che dovevamo dire. Quindi il processo è – almeno apparentemente – lineare ed è: pensiero, parola, azione. Poi ci accorgiamo che in realtà non è affatto lineare, ma “circolare”. Ovvero, funziona anche all’inverso: in base a come agiamo riceviamo un feedback dal risultato ottenuto – quindi dall’esperienza – che influenzerà il nostro modo di pensare futuro. E’ così che si sviluppa il comportamento.


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Strutturare il pensiero in parole

Questo sincronismo tra pensiero e strutturazione del metodo è la chiave per superare potenzialmente tutte le avversità. Quando parlo nel mio libro Stramente di dare forma alla nostra azione (informazione) intendo proprio un’attitudine a un’organizzazione mentale utile a costruire e combinare cose conosciute in modo diverso, più creativo. Abracadabra!

Voglio riportare in maniera più fedele possibile uno speech dal titolo “How language shapes the way we think“, di Lera Boroditsky, professoressa alla University of California, San Diego, proprio per approfondire la straordinaria capacità delle parole di creare letteralmente la realtà in cui viviamo.

Lera Boroditsky e il linguaggio

“Vi parlerò usando una lingua, perché posso. È una delle fantastiche capacità di noi esseri umani. Possiamo trasmetterci a vicenda pensieri molto complessi – inizia Lera – Quello che sto facendo ora, è produrre suoni con la bocca, mentre espiro. Sto emettendo suoni, sibili e soffi, che stanno creando vibrazioni nell’aria. Queste vibrazioni stanno viaggiando verso di voi, vi stanno colpendo i timpani, e poi il cervello prende queste vibrazioni dai timpani e le trasforma in pensieri.

Quindi, grazie a questa capacità, siamo capaci di trasmettere le nostre idee in vasti confini dello spazio e del tempo. Siamo capaci di trasmettere le conoscenze da una mente all’altra. Proprio ora, potrei mettervi in testa una strana idea. Potrei dire: “Immaginate una medusa che danza in una biblioteca, mentre pensa alla meccanica quantistica”. Se tutto è andato bene nella vostra vita fino ad ora, probabilmente non avete mai avuto questo pensiero. Ma ora vi ci ho appena fatto pensare, usando la lingua.

7000 lingue diverse

Ovviamente non c’è solo una lingua nel mondo, ci sono circa 7.000 lingue parlate in tutto il mondo. E tutte le lingue differiscono l’una dall’altra in molti modi. Alcune lingue hanno suoni diversi, hanno parole diverse e hanno anche strutture diverse. È molto importante: strutture diverse. Ciò solleva la questione: la lingua che parliamo influenza il nostro modo di pensare? È una questione antica. Le persone ci hanno speculato a lungo. Carlo Magno, l’imperatore del Sacro Romano Impero, disse: “Avere una seconda lingua è avere una seconda anima”, un’affermazione forte, su come la lingua plasmi la realtà. Ma dall’altro lato, Shakespeare fa dire a Giulietta: “Che cos’è un nome? Una rosa, anche con un altro nome, avrebbe un profumo altrettanto dolce”. Questo potrebbe suggerire che secondo il sommo scrittore inglese forse la lingua non plasma la realtà.

Queste osservazioni hanno fatto avanti e indietro per migliaia di anni. Ma fino a poco tempo fa, non c’è mai stato nessun dato che ci aiutasse a capire. Di recente, nel mio laboratorio e in molti altri nel mondo, abbiamo iniziato a fare ricerche, e ora abbiamo dati scientifici reali per dire la nostra. Quindi vi parlerò di alcuni dei miei esempi preferiti. Inizierò con un esempio che viene da una comunità di aborigeni in Australia con cui ho potuto lavorare.

E così, Lera Boroditsky inizia a parlarci di un popolo molto particolare: i Kuuk Thaayorre.

I Kuuk Thaayorre vivono a Pormpuraaw, all’estremo lato ovest di Cape York. Ciò che è interessante di loro è che nella loro lingua non usano parole come “sinistra” e “destra”, bensì tutto è in punti cardinali: nord, sud, est e ovest.

E quando dico tutto, intendo proprio tutto. Potreste dire qualcosa tipo: “Oh, hai una formica sulla gamba a sud ovest”. Oppure: “Sposta la tazza un po’ più a nord-nord est”. Di fatto, il modo in cui si dice “Ciao” in Kuuk Thaayorre è: “Da che parte stai andando?” E la risposta sarebbe: “In lontananza verso nord-nord est. E tu?” Quindi immaginate una giornata in cui state andando in giro, e di dover dire la vostra direzione a ogni persona che salutate. Ma questo, in realtà, vi permetterebbe di orientarvi velocemente, no? Perché non potete andare oltre il “Ciao”, se non sapete dove state andando.

Infatti, le persone che parlano lingue come questa sono ben orientate. Rimangono orientate meglio di quanto pensavamo fosse possibile a una persona. Consideravamo gli uomini ne fossero meno capaci di altre creature, a causa di alcune scusanti biologiche: “Non abbiamo magneti nei nostri becchi o nelle nostre squame”. No, ma se la tua lingua e la tua cultura ti allenano a orientarti, in realtà puoi farcela. Ci sono persone nel mondo che rimangono orientate molto bene. E giusto per essere d’accordo su quanto siano diversi i modi in cui ci orientiamo, vorrei che chiudeste gli occhi per un secondo e indicaste a sud est. Tenete gli occhi chiusi e indicate. Ok, potete aprire gli occhi. Vi vedo puntare lì, lì, lì, lì, lì… Non siete stati di molto aiuto. Diciamo che l’accuratezza qui non è stata molta. In un altro gruppo, potrei chiederlo a bimbi di 5 anni e lo saprebbero.

La lingua e il tempo

Ci sono anche enormi differenze su come è concepito il tempo – spiega Lera. – Qui ho alcune foto di mio nonno a varie età. Se chiedessi a un madrelingua inglese di metterle in ordine cronologico, lo farebbe sistemandole in ordine d’età da sinistra a destra. Dipende dalla direzione della scrittura. Se voi parlaste ebraico o arabo, lo fareste nella direzione opposta, da destra a sinistra. Ma come lo farebbero i Kuuk Thaayorre, il gruppo aborigeno di cui vi ho appena parlato? Loro non usano parole come “sinistra” e “destra”. Vi darò un suggerimento.

Quando abbiamo fatto sedere le persone rivolte a sud, hanno ordinato il tempo da sinistra a destra. Quando lo abbiamo fatto mettendole rivolte a nord, lo hanno ordinato da destra a sinistra. Quando le abbiamo messe rivolte a est, il tempo andava verso il corpo. Qual è lo schema? Da est a ovest, giusto? Quindi per loro, il tempo non è determinato dal corpo, ma dal territorio. Quindi per me, se sono rivolta in questo modo, il tempo va di qua, e se sono rivolta così, il tempo va qui. Se sto così, il tempo va così… È molto egocentrico da parte mia avere la direzione del tempo che mi insegue ogni volta che muovo il mio corpo. Per i Kuuk Thaayorre, il tempo è determinato dal territorio. È un modo drasticamente diverso di concepire il tempo.

Parole, quantità e distribuzioni

Supponiamo poi che vi chieda quanti pinguini ci sono in una foto. Scommetto di sapere come risolvereste il problema. Avreste contato: “Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto”. Li avreste chiamati ognuno con un numero, e l’ultimo numero sarebbe stato quello di tutti i pinguini. Questo è un trucchetto che vi hanno insegnato a usare da piccoli. Imparate la lista dei numeri e come applicarla. Un trucchetto linguistico. Alcune lingue non fanno così, perché alcune lingue non hanno parole specifiche per i numeri. Sono lingue che non hanno una parola come “sette” o come “otto”. Infatti, le persone che parlano queste lingue non contano e hanno difficoltà a tenere il conto delle quantità esatte. Quindi, per esempio, se vi chiedessi di far corrispondere il numero di pinguini allo stesso numero di papere, sareste in grado di farlo contando. Ma quelli che non hanno questo tratto linguistico non possono farlo.

Parole colori e generi

Le lingue si diversificano anche per come dividono lo spettro dei colori, il mondo visivo. Alcune lingue hanno molte parole per i colori, alcune hanno solo qualche parola, “chiaro” e “scuro”. Quando esaminiamo la capacità di discriminare percettivamente i colori, quello che scopriamo è che i russi sono più veloci in questo confine linguistico. Sono più veloci a vedere la differenza tra un blu chiaro e un blu scuro. E quando si osserva il cervello di una persona mentre guarda i colori, diciamo che ci sono dei colori che cambiano lentamente da blu chiaro a scuro, il cervello di chi usa parole diverse per blu chiaro e blu scuro avrà una reazione di sorpresa mentre i colori cambiano da chiaro a scuro come se: “Oh, qualcosa è cambiato radicalmente”, mentre il cervello di chi parla inglese, per esempio, non fa questa distinzione categorica, non rivela tale sorpresa, perché niente è cambiato radicalmente.

Le lingue hanno ogni tipo di stranezza strutturale. Questa è una delle mie preferite. Molte lingue hanno il genere grammaticale; a ogni nome è assegnato un genere, spesso maschile o femminile. E questi generi sono diversi da lingua a lingua. Quindi, per esempio, il sole è femminile in tedesco, ma maschile in spagnolo, e per la luna è il contrario. Quindi se chiedi a un tedesco e a uno spagnolo di descrivere un ponte, visto che “ponte” è grammaticalmente femminile in tedesco, mentre è grammaticalmente maschile in spagnolo, i tedeschi tenderanno a dire che i ponti sono “belli”, “eleganti”, e altre parole stereotipicamente femminili. Mentre gli spagnoli probabilmente diranno che sono “forti” o “lunghi”, parole più maschili.

Parole ed eventi

Le lingue si distinguono anche per come descrivono gli eventi. Prendiamo una situazione simile, un imprevisto. In inglese, è giusto dire: “Lui ha rotto il vaso”. In una lingua come lo spagnolo, è più probabile sentire: “Il vaso è stato rotto”, o: “Il vaso si è rotto”. Se è un imprevisto, non diresti che qualcuno lo ha fatto accadere. In inglese, stranamente, si potrebbero dire anche cose tipo: “Ho rotto il braccio”. In molte lingue, non si potrebbe usare questo costrutto, a meno che non si sia matti e si sia deciso di rompersi il braccio e ci si sia riusciti! Se fosse un imprevisto, si userebbe una struttura diversa.

Questo ha delle conseguenze. Le persone che parlano lingue diverse, faranno attenzione a cose diverse, a seconda di quello che la loro lingua richiede. Quindi, se mostriamo lo stesso imprevisto a un inglese e a uno spagnolo, l’inglese ricorderà chi lo ha provocato, perché l’inglese richiede che si dica: “È stato lui; lui ha rotto il vaso”, mentre lo spagnolo probabilmente non ricorderà chi lo ha provocato, se è un imprevisto, ma più probabilmente ricorderà che è stato un imprevisto.

Lingua e pensieri

Vi ho fatto alcuni esempi di come la lingua possa profondamente influenzare il modo in cui pensiamo, e lo fa in vari modi – finisce di raccontare Lera – Questo implica che la lingua può influenzare il modo di pensare riguardo a tutto ciò che può essere chiamato con un nome. Cose importanti nelle nostre vite quotidiane.

La bellezza della diversità linguistica è che ci rivela quanto sia ingegnosa e flessibile la mente umana. La mente umana non ha inventato un solo universo cognitivo, ma 7.000, ci sono 7.000 lingue parlate in tutto il mondo. La cosa tragica è che stiamo perdendo questa diversità linguistica, di continuo. Stiamo perdendo circa una lingua a settimana, e secondo alcune stime, metà delle lingue del mondo andranno perdute nei prossimi 100 anni. E la notizia ancora peggiore è che, proprio ora, più o meno tutto quello che sappiamo sulla mente e sul cervello umano, è basato su studi fatti su studenti che parlano inglese americano, all’università. Questo esclude più o meno tutti gli esseri umani, giusto? Quindi, quello che sappiamo sulla mente umana è in realtà ristretto e parziale, e la nostra scienza deve saper fare di meglio.

Voglio lasciarvi con quest’ultima riflessione. Vi ho detto che chi parla lingue diverse pensa in modo diverso, ma ovviamente, non si tratta di come pensano persone di altri luoghi. Si tratta di come pensate voi. Si tratta di come la lingua che parlate influenza il modo in cui pensate. E questo vi dà l’opportunità di chiedervi: “Perché penso in questo modo?” “Come potrei pensare diversamente?” E ancora: “Quali pensieri desidero creare?” 


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