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Yvon Chouinard cede l’azienda: alla scoperta del “mitico” fondatore ecologista di Patagonia

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Millionaire definisce il pluriottantenne Yvon Chouinard, “mitico”. Il fondatore di Patagonia, brand di abbigliamento per outdoor fondato in California nel 1973 (e partito da un piccolo negozio nel pollaio di casa) è un imprenditore, ma forse lui si sente più un surfista e un fabbro. E’ recente la notizia che Chouninard abbia deciso di donare la propria attività a un’organizzazione ambientalista e a un fondo d’investimento che tutela la natura. Valore azioni 3 miliardi di dollari. Perché lo ha fatto? Se andiamo alla scoperta di chi sia questo istrionico imprenditore, possiamo capirlo più da vicino. Ecco a voi Yvon Chouinard

Yvon Chouinard: chi é?

Chouinard patagonia

Come owner di Patagonia ha dimostrato che la sostenibilità è un modello di business che può funzionare. La sua prima iniziativa per l’ambiente risale agli anni ’70. Dal 1985 devolve l’1% delle vendite per l’ambiente. Ha creato un’organizzazione non profit per incoraggiare altre aziende a seguirlo. Produce con materiali riciclati o rinnovabili. Ecco chi è Yvon Chouinard.

Yvon Chouinard nasce in Maine nel 1938 da una famiglia franco-canadese trasferitasi in California quando Yvon era piccolo. E’ stato sempre un profondo amante degli sport all’aria aperta , forse perché è cresciuto pescando gamberi e cacciando conigli. Ad un certo punto ha scoperto l’arrampicata in montagna, passione divorante che ne determinerà la vita e la carriera. Proprio da questo grande amore nasce infatti la sua prima attività imprenditoriale, quando, cioè, comincia a costruirsi da solo chiodi da scalata perché è scontento delle prestazioni di quelli in commercio. Fonda così la Chouinard Equipment. A quel tempo era lui stesso, con le sue mani, a fabbricare l’attrezzatura per scalata. Lo faceva durante la notte, per poi venderla dal vano della sua auto nel corso delle sue interminabili peregrinazioni da una montagna all’altra, dallo Yosemite National Park in California alle Alpi. Ma, quando si rende conto che i chiodi causavano danni alle montagne, ne interrompe la fabbricazione, cambia attrezzatura e si mette a produrre e vendere dadi che non danneggiano le rocce. 

Il primo catalogo: era il 1964

E’ il 1964 quando produce il suo primo catalogo di vendita per corrispondenza, un foglio ciclostilato in cui si consiglia al cliente di non aspettarsi consegne rapide durante la stagione di arrampicata. 

“Il nome Patagonia iniziò a saltare fuori nelle nostre discussioni. Per molti, soprattutto allora, era un nome come Timbuctu o Shangri-La: esotico, affascinante, un po’ fuori le mappe. Evocava, come scrivemmo in un catalogo, ‘immagini romantiche di ghiacciai che scendono a strapiombo nei fiordi, cime frastagliate e spazzate dal vento, gauchos e condor’. Volevamo creare vestiti per le dure condizioni di posti come il sud delle Ande o Capo Horn. Patagonia funzionava benissimo e poteva essere pronunciato in tutte le lingue”.

Yvon Chouinard diventa, così, un climber di fama internazionale che, come si legge tra le pagine del suo libro, Let My People Go Surfing: La filosofia di un imprenditore ribelle (QUI la nostra recensione), si definisce in affari solo per salvare la terra.

Chouinard è ancora oggi un uomo d’affari decisamente fuori dagli schemi: look disinvolto, modi informali, abbronzatura che fa invidia, perché richiama a lunghe ore di libertà all’aria aperta, a grandi vedute dalle cime delle montagne, all’aria buona e alle sfide quotidiane con la qualità e sostenibilità dei suoi prodotti che testa in prima persona. Non usa il cellulare, non ha una scrivania, non dà orari fissi ai dipendenti e li invita a praticare yoga e sport vari, in primis il surf.

Alla domanda “Qualcosa nel mondo sta cambiando, anche a fronte dell’ultima crisi economica?” Ha risposto:

Patagonia Co-founder Yvon Chouinard on How To Live Smarter - WSJ

“Io amo la crisi economica. Perché stiamo aumentando le vendite: siamo infatti cresciuti del 10% l’anno scorso. E questo sta accadendo perché i clienti sono molto più attenti a ciò che acquistano.”


E alla domanda: “Qual è la sua idea di felicità?”, risponde:

“Io credo che la felicità si raggiunga attraverso la semplicità. Certo semplificare la propria vita non è una cosa facile, ma è un passaggio e credo sia importante provarci.

Infine: “cosa pensi che dovrebbe essere fatto con le società quotate in borsa?”:

Devi reinventare del tutto il capitalismo. Porta a generare un sacco di persone povere e poche persone estremamente ricche. Alla fine, il capitalismo perderà i suoi clienti. Non ci sarà nessuno a comprare il prodotto perché tutti saranno poveri. Presto avremo un’altra grande recessione e tutti perderanno le loro azioni. È un sistema che deve cambiare. L’intera questione delle azioni dipende dalla crescita. Guarda Amazon. Amazon non realizza profitti, è tutta crescita, crescita, crescita e questo è ciò che sta distruggendo il pianeta. Faccio i conti io stesso con tutto questo.”

Patagonia

Da sempre impegnata in battaglie di tutela e sostenibilità ambientale, Patagonia si considera una “società attivista”. Insieme alla ditta di attrezzature per la pesca Blue Ribbon Flies all’inizio del Duemila crea il movimento “1% for the Planet”, una coalizione di aziende che si impegna a donare l’1% dei loro ricavi netti annuali a favore di organizzazioni di beneficenza non profit incentrate sulla conservazione e la sostenibilità.

Patagonia: storia vincente di un brand ecologista e no global - DolceVita

Così, ancora oggi, soprattutto oggi, Yvon Chouinard ogni anno dona l’1% delle sue vendite totali a gruppi ambientali.

Patagonia non è un brand costruito a tavolino sulla base di target o analisi di mercato, ma è un’idea che parte da lontano, dalla filosofia del suo carismatico fondatore. Se Patagonia è diventato un brand iconico è soprattutto per i valori di cui si fa portavoce. Chouinard adotta una filosofia “MBA”, un gioco di parole sul comune acronimo Master in Business Administration che lui reinterpreta come “management by absence” (gestione in assenza). Un approccio imprenditoriale atipico, che si rifà del suo passato da “ribelle contro la cultura consumistica” e che sembra funzionare alla grande. Basti pensare che tra la metà degli anni ’80 e il 1990 gli introiti salgono da 20 a 100 milioni di dollari e non molti anni fa Forbes ha valutato il patrimonio di Chouinard attorno al miliardo.

Mentre la maggior parte degli imprenditori sarebbe contenta di un risultato del genere, Yvon no. Al riguardo ha dichiarato: “Il giorno in cui me lo hanno annunciato che abbiamo superato il miliardo di dollari, ho chinato la testa e ho detto: ‘Oh Dio, sapevo che sarebbe arrivato questo momento”. Cercando di capire come far tornare Patagonia una piccola azienda, Chouinard ha trovato una diversa soluzione: cederla ad un gruppo ambientalista per sostenerne le attività. Cedere, cioé, un capitale dichiarato di 3 miliardi di dollari. Chi lo farebbe? Yvonne, l’imprenditore che scala montagne con l’anima del surfista.

Patagonia: The Rise Of Brand Community | by Yuqun Xing | Medium
“Vota perché gli str… siano fuori”. La discussa etichetta Patagonia*

La sua mission è sempre stata: “realizzare il prodotto migliore, non causare danni inutili, utilizzare il business per ispirare e implementare soluzioni per la crisi ambientale.

“Sono stato un imprenditore per quasi cinquant’anni. Mi riesce difficile pronunciare queste parole, come qualcuno che ammetta di essere stato un alcolista o un avvocato” – inizia così la sua autobiografia – “È una professione che non ho mai rispettato. Buona parte dell’imprenditoria è ostile alla natura, distrugge le culture autoctone, ruba ai poveri per dare ai ricchi e avvelena la terra con gli scarichi delle fabbriche. Ma l’imprenditoria può anche produrre cibo, curare malattie, controllare la crescita demografica, dare lavoro e in generale arricchire le nostre vite. E può farlo guadagnandoci e senza rinunciare alla propria anima.”


*L’etichetta “Si riferisce ai politici di qualsiasi partito che negano o ignorano la crisi climatica e la scienza“. È questa la risposta di Patagonia, uno dei brand più noti e certamente tra i primi a fare della sostenibilità la propria bandiera, ai vari messaggi che ne hanno commentato la natura. Per lo più favorevoli, considerato che le reazioni alle audaci parole stampate sui capi Patagonia hanno portato molti utenti a riproporsi di acquistare presto qualcosa del brand. 


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Giornalista del Quotidiano La Voce e Direttrice de Il Circolo del Golf, è collaboratrice di InsideMagazine dal 2020

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Laureata in Lettere con la specializzazione in Editoria e Giornalismo presso l'Università degli Studi Roma Tre, e diplomata anche presso la Scuola di Scrittura Omero, Virginia Rifilato è una giornalista di grande talento e esperienza, con una solida carriera nel campo del giornalismo e delle collaborazioni con importanti media nazionali come La Repubblica, come editor nell'industria cinematografica e televisiva per importanti canali satellitari e terrestri come Sky e Tim Vision, e collaboratrice di alcune emittenti radiofoniche di spicco, tra cui Radio 3 e Dimensione Suono Roma.

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All'interno del magazine InsideMagazine, Virginia ha il compito di curare le interviste di punta, offrendo ai lettori un'esperienza avvincente e coinvolgente. La sua passione per la scrittura e la sua capacità di raccontare storie affascinanti, oltre alla sua abilità nel creare domande incisive e nel catturare l'essenza delle personalità intervistate, la rende una risorsa di grande valore per la redazione.

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