Lo sviluppo del mercato italiano dei sistemi di accumulo energetico (BESS) è oggi al centro del dibattito strategico sull’energia. Il tema non riguarda solo gli aspetti tecnologici, ma anche il quadro normativo, la bancabilità dei progetti e le prospettive industriali al 2030 e oltre. Per capire meglio lo scenario, abbiamo incontrato l’avvocato Vincenzo Oliverio, Managing Partner di Oliverio & Partners.
Oliverio & Partners è riconosciuta come una power boutique internazionale capace di integrare legale e finanza con una specializzazione verticale in M&A e Capital Markets, con forte focus su Energy & Infrastructure. La reputazione di questo studio, ben noto a livello europeo, si fonda su team snelli, execution veloce, strutture contrattuali robuste e la capacità di portare a chiusura progetti complessi.
Avvocato Oliverio, qual è lo stato dell’arte dello sviluppo BESS stand-alone >100 MW nel Sud Italia?
Il Sud corre. Le ragioni sono chiare: tanta produzione da fotovoltaico, congestioni crescenti e quindi un forte valore per lo shifting e i servizi di rete. Lo confermano anche i numeri: nelle ultime settimane il MASE ha autorizzato nuovi impianti BESS per oltre 270 MW, distribuiti tra Calabria, Campania e Puglia. È un segnale preciso: i progetti utility-scale stanno uscendo dal cassetto e diventano finalmente bankable quando l’iter autorizzativo si sblocca.
Se allarghiamo lo sguardo al quadro di sistema, Terna ha stimato un fabbisogno di 71,5 GWh di nuova capacità di accumulo entro il 2030 (al netto dei pompaggi), con l’avvio nel 2025 del nuovo meccanismo dedicato agli stoccaggi. Questo significa visibilità industriale e, soprattutto, una domanda “di sistema” che il Sud è in grado di soddisfare per primo.
E nel Nord? Quando e dove vedremo i >100 MW?
Nel Nord Italia il quadro è diverso. Qui gli impianti >100 MW arriveranno con una logica differente: meno curtailment da fotovoltaico, ma più carico industriale, bilanciamento zonale e arbitraggio su basi più liquide. La leva chiave sarà il MACSE — Meccanismo di Approvvigionamento di Capacità di Stoccaggio Elettrico — il nuovo mercato a termine per la capacità di storage gestito da Terna.
Il MACSE consentirà contratti di lungo periodo che stabilizzano i flussi e aprono al project finance anche su nodi “continentali”. In sintesi: il Sud è spinto da congestioni e picchi FV, il Nord da fabbisogni di rete e profili di prezzo più prevedibili. Il MACSE rappresenta il ponte tra questi due mondi.
Parliamo di convenienza economica per gli investitori: dove stanno davvero i ritorni?
La tipica revenue stack è tripla. C’è il mercato dell’energia (MGP/MI), con arbitraggio giorno-notte e gestione dei picchi. Ci sono i servizi di dispacciamento (MSD), dalla riserva alla fast response. Infine c’è la capacità (MACSE), con contratti di lungo periodo che riducono volatilità e costo del capitale.
Sugli ordini di grandezza, i dati pubblici indicano IRR unlevered spesso tra il 6% e il 10%, a seconda del profilo (merchant vs. contratti di lungo termine). Il MACSE tenderà a comprimere il rischio-prezzo e quindi il rendimento atteso, ma abbassa il WACC e consente una leva più alta. In questo modo, a parità di equity, il return on equity può restare competitivo.
La disciplina resta però decisiva: connessione (tempi e CAPEX di grid), cicli annui realistici, degradazione e revenue cannibalization. Senza disciplina, i numeri non tornano.
Cosa devono aspettarsi gli sviluppatori sul fronte permessi?
Il MASE ha introdotto una piattaforma permitting dedicata al BESS e linee guida aggiornate. Questo riduce le ambiguità procedurali, abbassa il rischio legato al timing e aumenta la bancabilità degli atti. Non è la bacchetta magica — servono ancora stakeholder management e land rights solidi — ma certamente rappresenta un salto di qualità.
“Quanto” BESS servirà davvero fino al 2040?
Partiamo dai numeri. Al 2030, Terna stima circa 71,5 GWh di nuova capacità (esclusi i pompaggi): è la base minima per integrare la traiettoria rinnovabili. Ma tra 2030 e 2040, con l’aumento delle rinnovabili non programmabili, l’elettrificazione dei consumi e la riduzione dei picchi da gas, la domanda di flessibilità raddoppierà.
La nostra view prudenziale è che al 2040 l’Italia avrà bisogno di oltre 100 GWh di BESS utility-scale, con più di 20 GW di potenza installata. In scenari più spinti, anche 120–150 GWh non sarebbero sorprendenti.
Tradotto per gli investitori: il 2030 è l’“entry point” industriale, mentre il 2035–2040 sarà la fase di scala. Chi oggi struttura siti scalabili — con predisposizione al raddoppio container, interconnection upgrade-ready e contrattualistica flessibile — sarà in posizione per catturare la seconda ondata.
Un messaggio finale agli operatori?
Siate concreti. Originate su nodi giusti, con land control pulito e connessioni realistiche. Strutturate contratti che riflettano la realtà del merchant risk e del MACSE, senza wishful thinking. Preparate SPV chiare, O&M bancabili, warranties sulla degradazione e covenants sensati. E soprattutto: tempistica. Chi arriverà con progetti shovel-ready tra il 2026 e il 2027 avrà un vantaggio competitivo quando il MACSE entrerà a regime.
Noi continueremo a fare quello che sappiamo fare: portare a financial close progetti grandi e complessi, senza fronzoli e senza perdere tempo.