“Lo sguardo di Euridice”: Angela Ricci rilegge il mito tra luce, arte e rinascita

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“Il mito non ha una verità unica, ma è la lente con cui ogni epoca legge se stessa”

Angela Ricci

Seguo Angela Ricci da alcuni anni, affascinata dalla sua capacità di coniugare rigore drammaturgico e sperimentazione visiva. Su InsideMagazine ho raccontato nel tempo le sue diverse opere, ognuna capace di rimettere in discussione il ruolo del teatro come luogo di ricerca e trasformazione. La Ricci è una regista che non teme il rischio: attraversa i testi con umiltà ma con un’idea precisa di come l’arte debba incidere nel presente. Il suo lavoro è empirico, immersivo, sensibile. E Lo sguardo di Euridice è forse una delle sue creazioni più potenti.

Lo sguardo di Euridice: parola alla scena

A giugno, sul palcoscenico del Teatro Albertino, si è compiuto un viaggio visionario e catartico: Lo sguardo di Euridice, scritto e diretto da Angela Ricci, ha riportato in vita un mito antico con occhi nuovi, rovesciando il punto di vista e dando voce, finalmente, a chi da secoli resta silente: Euridice. Il mito di Orfeo, il cantore capace di incantare uomini e dei, è ripensato dalla Ricci come cammino iniziatico, dove la protagonista femminile non è più solo musa o figura da salvare, ma artefice della propria rinascita.

Il cuore dello spettacolo è lo sguardo, non quello di Orfeo che si volta, ma quello di Euridice che osserva, comprende e si emancipa. L’opera ha offerto al pubblico un’esperienza multisensoriale potente: parola, canto lirico, danza, pittura, installazioni e corpi sono diventati strumenti per evocare l’interiorità, il conflitto, il desiderio di luce. Un teatro di ricerca che indaga la natura umana attraverso il mito.

Una delle forze più suggestive è la presenza di Simona Di Clemente, in arte Sutralestelle, pittrice e art performer, qui protagonista degli effetti scenici, del trucco, degli oggetti simbolici. I suoi dipinti fluo non sono solo fondali o elementi decorativi: diventano dispositivi di significato. Le sue tele, le sue creature luminose, i corpi dipinti delle Baccanti, tutto parla di un mondo che muta, che si ribella, che trasfigura la sofferenza in colore. “Dipingo lacrime luminose perché anche il dolore può diventare passaggio di luce”, afferma la Di Clemente.

Il corpo di Euridice, interpretata dalla vibrante Anastasia Mecucci, si veste di ferite luminose, come se la sua storia, la sua verità, fosse scritta sulla pelle. Euridice non è più vittima: è donna cosciente, ribelle, consapevole. In un monologo centrale, dice: “Scacciare il ricordo di lui e del suo amore? La morte tutto placa nell’assenza ma ancora mi raggiunge il suo pensiero…”. Un grido che è anche rivelazione. La Mecucci, giovane attrice dalla lunga collaborazione con la regista, restituisce con intensità la transizione emotiva di una figura che si fa luce da sé, che si redime da sola.

Il teatro di Angela Ricci

Angela Ricci guida i suoi attori come un’alchimista della scena: “Non basta essere bravi attori, ci vuole il cuore, l’intenzione pura”, ci racconta. “La bellezza dell’attore è sapersi emozionare, solo così può trasmettere emozioni”. La sua regia non cerca il virtuosismo, ma la verità emotiva. Ogni gesto, ogni parola, ogni pausa, è attraversata da un’intenzione viva. Il mio è un teatro sincero”, afferma. “La tecnica serve, ma è il sentire che trasforma”.

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La compagnia insieme alla regista Angela Ricci

Lo sguardo di Euridice: la Musica

La musica gioca un ruolo centrale. Il soprano Ilde Consales attraversa secoli di lirica per ricostruire una continuità sonora del mito: da Peri e Caccini, passando per Monteverdi, fino a Gluck, la sua voce guida lo spettatore in un viaggio emozionale. “Volevo che il pubblico ascoltasse anche le origini del melodramma, e non solo l’aria celebre di Gluck”, ci dice. La sua esecuzione di “In un fiorito prato” o “Vi ricorda, o boschi ombrosi” crea connessioni invisibili tra le epoche.

In alternanza alla sua presenza scenica, si delinea un’altra interpretazione potente dello spettacolo: quella del musicista Luca Angeletti, raffinato interprete di opere e partiture originali, come la canzone “Quiete”, portate in scena con una chitarra e il suggestivo corno francese, in un dialogo sonoro delicato e intimo.

Federico Giovannoli veste i panni di un Orfeo enigmatico, taciturno, ma profondo. La sua ricerca dell’anima perduta diventa percorso di trasformazione. Orfeo, ci racconta la Ricci, è l’uomo che cerca in Euridice la parte mancante di sé, ma che comprende, alla fine, che l’amore idealizzato è solo un riflesso. Nel finale, quando le due anime si riuniscono, non si celebra una vittoria, ma una consapevolezza: l’incontro tra due essenze che si riconoscono.

Sul palcoscenico, a dare corpo alla morte e al rinnovamento, il carismatico Timoleon Pappas (interprete di origine greca, che evoca magicamente il suo personaggio) è un Ade ironico e potente; Myriam Archibugi è una Persefone sospesa tra luce e ombra, vita e “oltre”; le Baccanti, interpretate da Alice Coppola ed Elisa Belmonte, irrompono con forza scenica e movimento, incarnando spiriti di ribellione.

Timoleon Pappas e Myriam Archibugi 1
Myriam Archibugi e Timoleon Pappas

Le anime disperse nell’Ade, interpretate da Carla Di Donato e Simona Di Clemente, diventano emblemi del desiderio umano di rinascita. La Di Donato firma anche le coreografie, supportata nel ballo da tre allieve – Giulia Gatticchi, Beatrice Raspanti e Romina Parisi – in momenti intensi come il ballo delle Furie e l’uccisione simbolica di Orfeo.

Le originali scenografie, firmate da Simona Di Clemente, si soffermano sulle pelli degli attori dipinte, come le mani “scheletriche” e luminose di Ade, nonché il suo “cervello fluorescente”, o ancora le tele impreziosite da sguardi femminili tra gabbie e voli d’uccello. L’artista si fonde con la scena: dipinge dal vivo sul palcoscenico, tra buio e fluorescenze, interpretando un’anima persa che ricompone il suo passato tracciando immagini pulsanti di vita.

Sulla scena di Angela Ricci, mito e contemporaneità si fondono. Euridice è presenza, coscienza, luce. Il gesto di Orfeo, il voltarsi, non è più errore ma atto necessario: guardare avanti, riconoscere la perdita, attraversarla per rinascere. Come ci suggerisce la regista: “Il mito non ha una verità unica, ma è la lente con cui ogni epoca legge se stessa”.

Con questo spettacolo, Angela Ricci conferma la sua vocazione di regista visionaria, capace di condurre lo spettatore nei territori dell’anima. “Ogni attore, ogni elemento, deve farsi veicolo di contenuto”, ci dice. “Il mito di Euridice non finisce. Si rinnova ogni volta che scegliamo di guardare la nostra oscurità per trovare la luce.

Giornalista del Quotidiano La Voce e Direttrice de Il Circolo del Golf, è collaboratrice di InsideMagazine dal 2020

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Laureata in Lettere con la specializzazione in Editoria e Giornalismo presso l'Università degli Studi Roma Tre, e diplomata anche presso la Scuola di Scrittura Omero, Virginia Rifilato è una giornalista di grande talento e esperienza, con una solida carriera nel campo del giornalismo e delle collaborazioni con importanti media nazionali come La Repubblica, come editor nell'industria cinematografica e televisiva per importanti canali satellitari e terrestri come Sky e Tim Vision, e collaboratrice di alcune emittenti radiofoniche di spicco, tra cui Radio 3 e Dimensione Suono Roma.

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All'interno del magazine InsideMagazine, Virginia ha il compito di curare le interviste di punta, offrendo ai lettori un'esperienza avvincente e coinvolgente. La sua passione per la scrittura e la sua capacità di raccontare storie affascinanti, oltre alla sua abilità nel creare domande incisive e nel catturare l'essenza delle personalità intervistate, la rende una risorsa di grande valore per la redazione.

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