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Mental coach sportivo: performance al top!

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In Italia e nel mondo vi fanno ricorso molti campioni del calibro di olimpionici, star del calcio, finalisti e pluripremiati delle varie discipline sportive, dal tennis, al golf, allo sci, al basket, alla pallavolo… Tra questi, Mattia De Sciglio, Sofia Goggia e Federica Pellegrini hanno dichiarato apertamente che i loro risultati sportivi sono passati anche per un impegnativo allenamento mentale.

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All’estero lo hanno detto anche atleti come Roger Federer e Tom Brady. Ormai nessuna disciplina sportiva ignora che per ottenere performance di alto livello un mental coach fa la differenza.

Il mental coach

Chi è e cosa fa un Mental Coach in ambito sportivo? La questione è semplice: non c’è sport senza prestazione. Non c’è prestazione senza allenamento. Non c’è allenamento senza focus mentale. Riesci a pensare allo sport come a una pratica dove il corpo va da una parte e la testa dall’altra?

Nel mondo dello sport, ma anche in tutti quegli ambienti in cui si ricerca la migliore prestazione, le competenze e l’attitudine non bastano da sole per raggiungere risultati d’eccellenza, occorre anche allenare la mente. E’ la mente che ti porta ad allenarti tutti i giorni a quell’ora. A fare “quegli” esercizi, portando il fisico a fare uno sforzo in più. Ad uscire oltre la sua comfort zone e a sopportare di provare quella fatica e quel certo “dolore”. Solo la mente può guidare il corpo oltre l’ostacolo.

Nello sport, forse più che in ogni altra disciplina, questa spinta a superarsi è evidente.

Il cuore deve pulsare più velocemente del consueto, i muscoli contrarsi. Un ambito in cui, per ottenere una buona prestazione è necessario allenarsi con costanza ed impegno. La qual cosa viene resa più facile, o meglio più efficace, se si viene affiancati da un mental coach.

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Performance al top

Nello sport, la capacità dell’atleta di concentrarsi, di fare leva sul suo stato emozionale, di attivare la motivazione e la capacità di apprendimento o correzione del gesto tecnico, richiedono impegno, determinazione, fatica. Pietro Mennea si è allenato per anni in quasi completa solitudine nella struttura sportiva di Formia, tutti i giorni, tutto il giorno. Il coach Gianfranco Tomei ce ne parla in un suo focus proprio sulle pagine di I’M. Per alzarsi la mattina alle 6, vestirsi della propria tuta tecnica con gli occhi ancora incollati dal sonno, uscire col freddo invernale e cominciare a correre chilometri, ci vuole altro che la capacità di farlo, ci vuole la determinatezza, la fermezza, l’irremovibilità, la risolutezza, la testardaggine!

Ci vuole, in termini più specifici, la capacità di focalizzare obiettivi sfidanti, i quali rappresentano elementi imprescindibili della prestazione eccellente, ed è qui che si inserisce l’utilità del Coaching Sportivo.

La mente influenza la prestazione

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L’allenamento mentale oggi diventa sempre più parte integrante della preparazione dell’atleta professionista, ma non solo.

Sempre più atleti non professionisti ricorrono ad un coach per le proprie sfide atletiche. Quasi il 30% degli atleti che si sfidano nella maratona di New York, ad esempio, si fanno seguire per tutto l’anno da un allenatore personale. Ma attenzione, mentre l’allenatore insegna i fondamentali, i gesti tecnici di una pratica sportiva specifica, il mental coach fa qualcosa di diverso. Anche se non è un esperto di quell’attività, porta l’atleta a guardare con maggior consapevolezza e responsabilità a cosa sta facendo, a orientare la sua energia al meglio, a fare leva sul suo entusiasmo.

La pratica del mental coaching nasce dall’intuizione di Tim Gallwey, autore del libro “Inner Game”. Oramai famosissima, la sua frase più emblematica descrive molto bene l’approccio alla base del coaching:

““L’avversario che si nasconde nella nostra mente è molto più forte di quello che troviamo dall’altra parte della rete” (Timothy Gallwey)”

Il coach porta l’atleta a interrogarsi su cosa può essere fatto in modo diverso. A distogliere l’attenzione sul contesto e a indirizzarla sul particolare, cambiandogli forma, applicando il cosiddetto pensiero laterale, che lo porta a concepire nuovi punti di vista per superare ostacoli e i propri limiti.

“I problemi non si risolvono mai nella stessa direzione in cui sono stati creati!”

Così Albert Einstein esponeva il suo pensiero su come affrontare secondo un approccio creativo un problema, che nel nostro ambito è spesso rappresentato da blocchi emotivi-cognitivi, da convinzioni radicate, da vizi tecnici che si palesano proprio di fronte a determinate difficoltà. Quando sei chiamato a calciare un pallone nella porta avversaria mentre un difensore ti sta per piombare addosso, e a dover decidere di mettere il piede “in quel modo” perché sai che facendolo la palla non schizzerà alle stelle. Ciò che hai imparato in anni di allenamento, spesso fa la differenza in quel centesimo di secondo.

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Allenato da Nicoletta Romanazzi, il calciatore Alessandro Murgia ha definito l’allenamento mentale con la sua coach molto utile ed efficace:

ho capito che guardare le cose da un’altra prospettiva, mi dava la capacità di affrontarle al meglio ed essere capace di prendere le difficoltà e trasformarle in un gioco e in mie alleate. In ogni seduta, finivo con l’essere capace di trasformare la mia paura, il mio ostacolo, il muro enorme che avevo davanti a me, in un un piccolo gradino che mi aiutava a fare un passo più ampio.

Quindi, da una parte l’aspetto puramente tecnico-atletico in cui si allenano: forza, resistenza, velocità, reattività, agilità, massa. Dall’altra il coaching sportivo, che sviluppa l’approccio mentale dell’atleta nella sua interezza e che riguarda l’intero ciclo della prestazione.

Obiettivi sfidanti

Si parte con lo stabilire “obiettivi ben formati”. Aiutandosi visualizzando nel dettaglio dove, cosa, come, quando arrivare nel punto di massima performance desiderata. La scienza ci ha più volte provato che immaginare un’azione o eseguirla, attiva le stesse aree del cervello. Così, un allenamento di 21 giorni in palestra, facendo ripetuti tiri a canestro, o lo stesso allenamento visualizzato, portano a simili percentuali di miglioramento. Sembra incredibile ma è uno dei tanti esperimenti a riprova pubblicato in questo caso sulla rivista accademica Research Quarterly. Si è svolto così:

Un gruppo di studenti è stato diviso in tre gruppi. Il primo gruppo si esercitato per 20 giorni, tutti i giorni per 20 minuti, a tirare a canestro. Il secondo gruppo si è invece esercitato al tiro a canestro solo il primo giorno e l’ultimo giorno dei 20 a disposizione, mentre per i 18 giorni centrali ha completamente sospeso ogni tipo di allenamento. Il terzo gruppo infine sì è esercitato solo il primo giorno al tiro al canestro e poi per i 19 giorni seguenti si è allenato solo mentalmente, sempre per 20 minuti immaginando di tirare il pallone, di correggere la mira cercando di migliorare la propria prestazione proprio come se stessero svolgendo un vero e proprio allenamento in palestra.

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I risultati furono sorprendenti. Dopo 20 giorni, il punteggio del primo gruppo, quello cioè che si era esercitato realmente, è migliorato del 24%. Il secondo gruppo, quello che non si era esercitato, non ebbe alcun miglioramento. Mentre il terzo gruppo che si era esercitato solo mentalmente, ha registrato un miglioramento stupefacente del 23%. Praticamente lo stesso risultato di quegli studenti che si erano allenati realmente per tutto il periodo.

Ciò che hai imparato in anni di allenamento, spesso fa la differenza in quel centesimo di secondo.

Lo stato di flow

Un mental coach, in ambito sportivo, è chiamato a lavorare davvero a 360° intorno a quel computer che chiamiamo cervello. Vincenzo Niccoli, mental coach sportivo, Socio e Local Ambassador di EMC, fondatore di Focus Coaching, insegna proprio l’importanza di focalizzarsi sulla realtà, sui propri talenti e sui propri obiettivi, per raggiungerli e vivere una vita straordinaria, felice e di successo. Il suo è un percorso di sviluppo personale che prevede 5 aspetti:
▶ Focus sull’obiettivo. Identificare un obiettivo specifico e ben formato che possieda caratteristiche di misurabilità e accessibilità.
▶ Focus sulla realtà. Scoprire ed esaminare la situazione attuale con attenzione alle abitudini e ai comportamenti migliorabili.
▶ Focus sulle emozioni. Essere consapevoli delle proprie emozioni e imparare a gestirle per generare stati d’animo potenzianti e proattivi.
▶ Focus sul processo. Stimolare lo sviluppo di una strategia che possa comprendere le azioni da compiere e la corretta direzione.
▶ Focus sulla tempistica. Stabilire una data finale per il raggiungimento dell’obiettivo e date intermedie per le verifiche e le eventuali correzioni.

Lavorare quindi sul dialogo interiore, sulle convinzioni limitanti sostituendole a quelle potenzianti, sull’approccio all’allenamento e alla gara aiutando a sviluppare sicurezza in se stessi a gestire gli stati d’animo, a trovare il famoso stato di flow. Ma come si raggiunge questo stato di perfetto allineamento tra mente e corpo, capace di rallentare il tempo, di fermare l’attimo e, in quell’attimo, di far scorrere il gesto nella sua totale e spontanea naturalezza?

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Fondamentale è gestire stress e ansia, ma prima ancora, studiare e riprodurre lo stesso gesto mille volte.

Accompagnare lo stesso pensiero, o modello di pensiero costruttivo, spostando il tutto dall’area pre-frontale del cervello, a quella più arcaica, istintiva. Così tutto diventa più immediato, spontaneo e, soprattutto, in coerenza con chi sei, coi perché dell’atleta, che a quel punto sa perfettamente cosa fa e come mai lo fa proprio in quel modo e in quel momento, con tutto se stesso.

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