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Un gatto entra in un bar.. e non entra! Chi siamo noi per determinare la nostra realtà?

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“Essere o non essere…”

di Paul Fasciano –

Come succede che le cose accadono? Ti sei mai chiesto se le cose potrebbero essere differenti da come sono? Quanta differenza può fare il destino di un felino nella tua vita?

Il felino in questione è il protagonista del paradosso di Schrödinger, utilizzato dal noto scienziato per descrivere la bizzarria della nostra realtà al suo livello più basico, per trovarne poi il significato profondo nella nostra vita.

Biografia di Erwin Schrödinger

L’esperimento mentale proposto nel 1935 da Erwin Schrödinger, fisico e matematico austriaco, riguarda il destino di un micio chiuso in una scatola in cui un particolare meccanismo – collegato a un gas velenoso – è dipendente dallo stato di una particella elementare.

E’ sperimentalmente noto che se non si osserva esplicitamente il comportamento di una particella, quest’ultima si trova in una sovrapposizione di stati. Quindi, fino a che lo scienziato scoperchiando la scatola non osserverà le condizioni di salute del gatto, causando il cosiddetto “collasso della funzione d’onda”, questo non avrà uno stato “reale”. Il gatto, prima dell’azione determinante dello scienziato, sarà sia vivo sia morto.

How Schrodinger's cat could rescue quantum computing | by Mike Mullane |  e-tech | Medium

Può sembrare paradossale, ma il senso è che l’osservazione di qualcosa ne determina anche lo stato

Questo significa che è l’azione di osservare che determina la realtà. Ma cosa significa tutto questo per te che stai leggendo?

Qualcosa di fondamentale. Significa che nel tuo universo tu sei l’osservatore. Significa anche che è facendo una scelta e agendo che trasformi le cose presenti nel tuo universo. La realtà di fatto, quella che ti riguarda proprio adesso, proprio qui, non ha una forma o una destinazione definita, finché tu non contribuisci a determinarla.

Il punto di vista di una particella

Schrödinger, grazie al suo esperimento teorico, rivelò al mondo il punto di vista paradossale di una particella elementare: essa per esistere deve “sapere di esistere”. Una conoscenza, questa, che nasce dal confronto.

“Essere è essere percepiti”

(George Berkeley)

Se ci pensi, è proprio così: come la realtà di una particella è attraverso il suo osservatore, noi siamo attraverso l’altro. La materia si moltiplica, la cellula si duplica, così come due genitori concepiscono insieme un figlio per darsi senso e scopo e, in questo evolvere, ognuno di noi apprende se stesso confrontandosi continuamente col mondo che lo circonda e, scambiando questa informazione ad un livello sottile, contribuisce ad una più complessa evoluzione generale.

Così, chi si cerca, si apre all’altro, intraprendendo un viaggio che parla di qualcosa di più di se stesso. Gli racconta una storia enorme, nata dal tramandarsi di azioni e reazioni, di scelte di vita, di scoperte e rilanci. Tutto questo si traduce in una parola: esperienza.

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L’esperienza è un movimento da uno stato prima a uno dopo. Tra i due momenti vive l’accaduto che, come tale, crea una differenza. Questo movimento appartiene ad ogni cosa su questo universo: dove le cose si muovono, interagiscono, collidono, esse si trasformano. La particella cambia allora grazie all’osservatore, così come gli avvenimenti della tua vita cambiano grazie alla tua preziosa collaborazione. In definitiva, tutto è una conversazione dove i due poli del discorso ne costruiscono il senso, condividendolo. Laddove uno cambia direzione, cambia il senso, e l’altro non può che seguire!

Bohr ha affermato che non non si può fare una distinzione tra il soggetto e l’apparato di osservazione, perché formano un tutt’uno.

How Quantum Entanglement and Samsara are Entangled – nun in high heels

Questo fatto è provato, tra l’altro, dagli esperimenti conosciuti con il nome di Entanglement quantistico (groviglio, in inglese).

In poche parole: anche se separate, due particelle rimarranno in una correlazione tale che, cambiando spin, ovvero il senso di rotazione di una delle due, l’altra invertirà il suo istantaneamente. Tra l’altro, in presenza di più particelle, queste creeranno una rete che si regge sul senso che al suo interno viene condiviso. Così che, l’azione di una influenzerà l’azione di tutte.

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Si pensi al volo degli stormi di uccelli e al loro cambiare direzione contemporaneamente. Questi esperimenti dimostrano come la realtà sia strettamente interconnessa ad un livello causa-effetto fin dai suoi fondamentali elementi fisici.

Causare è meglio di risolvere

Se è vero tutto ciò, perché noi passiamo la nostra vita vivendo situazioni e pensando a queste come qualcosa da risolvere, non tanto da causare? Si tratta di un concetto ai più noto, ma poco sfruttato: l’autodeterminazione. Qualcuno avrà letto il libro del noto filosofo Karl Popper intitolato “Tutta la vita è risolvere problemi”.

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Ebbene, un titolo forse più emblematico sarebbe potuto essere: “Tutta la vita è causare problemi… (che poi dovremo risolvere!)”

Forse, a pensarci bene, causiamo i nostri problemi proprio perché siamo in grado di risolverli. Ci lanciamo sfide per crescere nella nostra personalità, nelle nostre attitudini, per trasformare il nostro potenziale in potenza! Ragioniamo su questo: se un accadimento è il risultato di un rapporto a tre, ovvero tra te, l’oggetto della tua attenzione e l’azione che decidi di intraprendere nei suoi confronti, la verità è che stai vivendo in un universo che stai creando, osservandolo. Nel libro del Tao si legge:

“La via che si può considerare la via non è una via invariabile; i nomi che si possono considerare nomi non sono nomi invariabili. «Non-essere» è l’origine del cielo e della terra, «essere» è il nome che diamo a tutte le creature.

Saggezza antica che ci racconta la storia di tutti noi. Noi che possiamo mutare la via, cambiarle significato grazie proprio al fatto che essa “non è” finché proprio noi non le diamo un nome.

-“Sempre due ci sono… Né più né meno… Un Maestro, e un Apprendista.”

Yoda (dal film “Guerre Stellari”)


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