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Ripensare l’economia per un mondo a misura d’uomo

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Il futuro che ci prospetta il COVID-19 è incerto. Potrebbero diminuire gradualmente le restrizioni, e questo è quello che ci auguriamo tutti, ma l’ansia per le prospettive sociali ed economiche del mondo nel frattempo non fa che aumentare. Ci sono buone ragioni per preoccuparsi: è iniziata e non arresta a fermarsi una forte recessione economica e potremmo affrontare la peggiore depressione degli ultimi cento anni. Ma, sebbene questo risultato sia probabile, non è inevitabile.

Per ottenere risultati migliori, il mondo deve agire congiuntamente e rapidamente per rinnovare tutti gli aspetti delle nostre società ed economie, dall’istruzione ai contratti sociali e alle condizioni di lavoro. Ogni paese, dagli Stati Uniti, ai vari paesi europei, al Giappone, Russia, Cina, deve partecipare armonizzando ogni settore. Dal petrolio, alle risorse alternative, alla tecnologia, deve essere trasformato. Molti i progetti che stanno nascendo, ad esempio quello dei biocarburanti di prossima generazione, ne parliamo QUI, ma sono iniziative che devono essere supportate anche a livello politico. In breve, abbiamo bisogno di un “grande reset” del capitalismo.

Altrimenti? L’Organizzazione internazionale del lavoro stima che la disoccupazione globale potrebbe colpire molti milioni di persone trasformandoli in disoccupati. E prevedibile una caduta libera delle entrate, a fronte di una riduzione del numero di ore lavorative. Milioni di persone a quel punto potrebbero cadere sotto la soglia della povertà. Abbiamo già accennato alla proposta, da qualche anno sempre più insistente di un reddito di cittadinanza. A farsi portavoce in Italia di questa teoria sostenuta da vari economisti nel mondo, è sempre stato Beppe Grillo. In un suo recente post Grillo scrive: “E’ arrivato il momento di mettere l’uomo al centro e non più il mercato del lavoro. Una società evoluta è quella che permette agli individui di svilupparsi in modo libero, creativo, generando al tempo stesso il proprio sviluppo. Per fare ciò si deve garantire a tutti i cittadini lo stesso livello di partenza: un reddito di base universale che vada oltre questa emergenza.” Il momento storico che stiamo attraversando in cui il lavoro sta diventando sempre più fluido (leggi l’ultimo articolo a riguardo QUI) è certamente il migliore per cogliere questo tipo di cambiamento.

Ci sono molte ragioni per perseguire un grande reset dell’attuale modello economico, tra cui certamente il più urgente rimane il COVID-19. Avendo già provocato centinaia di migliaia di morti, la pandemia rappresenta una delle peggiori crisi di salute pubblica della storia recente. E, con le vittime che continuano ad aumentare in molte parti del mondo, la fine di questa oscura storia sembra tutt’altro che vicina.

Questo avrà con tutta probabilità gravi conseguenze a lungo termine per la crescita economica, il debito pubblico, l’occupazione e il benessere umano. Già gli esperti di tutto il mondo concordano su questo. Secondo il Financial Times, il debito pubblico globale ha già raggiunto il suo livello più alto in tempo di pace e, alle nostre latitudini, tenderà a salire ulteriormente a causa dei fondi in arrivo dall’Europa. Inoltre, la disoccupazione è alle stelle in molti paesi: negli Stati Uniti, ad esempio, un lavoratore su quattro ha presentato istanza di disoccupazione da metà marzo, con nuove richieste settimanali molto al di sopra dei massimi storici. Il Fondo monetario internazionale prevede che l’economia mondiale si ridurrà del 3% solo quest’anno. La questione è davvero critica quindi, e impone un cambio di paradigma quanto mai urgente. Dobbiamo, in sostanza, smettere di pensare come abbiamo sempre fatto, e cominciare a trovare soluzioni a un altro livello. Era Albert Einstein che in una sua famosa frase disse: “Non è possibile risolvere un problema con lo stesso livello di pensiero che lo sta creando.

Trovare altri modelli, dunque. Basati sul lavoro fluido, su soluzioni tecnologiche, togliere l’uomo dal lavoro in catena di montaggio e donargli la scelta di specializzazioni diverse. Ridistribuire le risorse economiche delle grandi multinazionali e grandi aziende che proprio sfruttando la tecnologia, tolgono lavoro diretto mentre abbattono le spese vive. Creare circoli virtuosi che convengono a tutti significa riportare l’uomo al centro: se una persona non ha più un lavoro da fabbrica, deve però contare su finanze che gli permettano di acquistare i prodotti di quella fabbrica, altrimenti entrambi cadono. Era l’idea di Ford, di Olivetti, quella dell’azienda parte integrante del tessuto sociale, aperta al suo territorio che ne viene nutrito e la nutre a sua volta.

Al contrario, pensare in proprio, slegarsi dal contesto, dall’ambiente in cui ognuno di noi è immerso, non può portare che ulteriori calamità, come ad esempio le crisi climatiche e sociali in atto. Alcuni paesi hanno già utilizzato la crisi del COVID-19 come scusa per abbassare la protezione e l’applicazione delle norme ambientali. E le frustrazioni per i mali sociali come l’aumento della disuguaglianza (la ricchezza combinata dei miliardari statunitensi è aumentata durante la crisi) si stanno intensificando. E’ l’ora di agire, sviluppando una visione d’insieme e a lunga scadenza.

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