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Gardner e l’intelligenza emotiva: approccio utile oggi più che mai

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Viviana Rondinone, Psychology, Marketing & Communication, SEO Copywriting e Content Strategy, scrive: “Fu un ricercatore di Harvard a sostenere che l’intelligenza fosse un costrutto costituito da più fattori indipendenti tra loro.

È stata una scoperta inedita per l’epoca, gli anni ‘80, ed era basata su una serie di ricerche scientifiche. Di chi e di cosa sto parlando?
Sto parlando di Gardner, che con la sua teoria delle intelligenze multiple fornì un approccio inedito e fondamentale, ad esempio, per valorizzare le potenzialità di uno studente (questo concetto può essere esteso a chiunque).

E ancora, gli psicologi Goleman, Salovey e Mayer che hanno definito l’intelligenza emotiva. Come si manifesta l’intelligenza emotiva?”

Ecco come (Salovey e Mayer, 1990):

  • Autoconsapevolezza: capacità di distinguere le proprie emozioni, nel momento in cui esse si presentano;
  • Dominio di sé: capacità di controllare le proprie emozioni nel qui ed ora;
  • Motivazione: L’autoconsapevolezza e il dominio di sé sono due skills fondamentali per motivare se stessi al perseguimento di un obiettivo stabilito;
  • Empatia: capacità di riconoscere le emozioni altrui;
  • Gestione delle relazioni: capacità di condividere dei momenti con gli altri, sapendo influenzare positivamente le emozioni altrui.
intelligenza emotiva nell'era digitale
“L’irruzione delle nuove tecnologie ci costringe a educare i bambini in un modo diverso” Howard Gardner

Intelligenza emotiva

In un articolo su thevision.com si parla proprio di quel tipo di intelligenza in grado di fornire nuovi strumenti a vecchi problemi. Quella capace di far trovare soluzioni: “Sapere che un ragazzo o una ragazza sono degli studenti modello significa esclusivamente sapere che ottengono buoni voti nelle prestazioni scolastiche, ma non ci dice niente di più sulla loro intelligenza. I risultati scolastici vengono solitamente usati come unico metro di giudizio per classificare adolescenti e giovani.

Nonostante questo, le nostre scuole e la nostra cultura si concentrano su poche e ben delimitate capacità, spesso sopravvalutandole e ignorando altri tipi di intelligenza. I test, infatti, non prendono in considerazione quelle attitudini che nella vita e nel mondo del lavoro si rivelano fondamentali. E così perdiamo sistematicamente di vista uno dei compiti più importanti della scuola.”

“Non vi è intelligenza senza emozione. Ci può essere emozione senza molta intelligenza, ma è cosa che non ci riguarda.”
(Ezra Pound)

La teoria delle intelligenze multiple di Howard Gardner ha sfidato il tradizionale punto di vista dell’intelligenza considerata come una capacità unitaria che può essere misurata attraverso i tests. Al contrario, Gardner definisce l’intelligenza come un’abilità occorrente per risolvere problemi per creare prodotti. Gardner indicò che ogni individuo possiede almeno 7 abilità mentali indipendenti o intelligenze, ogni persona ha però la propria particolare miscela di intelligenze che la porta a fare le cose in modo squisitamente personale e originale.


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La teoria delle intelligenze multiple viene descritta nel libro Formae Mentis del 1983 e partiva dalla constatazione della fallacia dei normali test di valutazione perché molto pratici e poco adatti a descrivere l’intelligenza umana. Il loro successo iniziò durante la prima guerra mondiale, quando quasi 2 milioni di americani furono sottoposti al test di misurazione del Qi di Lewis Terman; a partire da quel momento si diffuse la convinzione di poter classificare le persone in più o meno intelligenti. Formae mentis divenne il manifesto di chi criticava questa mentalità, che Gardner definiva “mentalità da Qi”.

Howard Gardner

Daniel Goleman

Secondo Goleman è molto importante sviluppare questa intelligenza per raggiungere con successo i propri obiettivi personali e professionali, legando abilità di traduzione e interpretazione alle emozioni. Dunque, l’intelligenza emotiva definisce la capacità di usare le emozioni, identificarle, comprenderle e gestirle per affrontare la vita.

Come scrisse Goleman, questo tipo di intelligenza conferisce “La capacità di motivare se stessi, di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni, di controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione, di modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare, di essere empatici e di sperare.”

La sfida nell’era digitale

Inserita tra le prime 10 competenze richieste entro il 2020 dal World Economic Forum, ricercata dai recruiter e incoraggiata dagli imprenditori: l’intelligenza emotiva riveste sempre più importanza nel mondo del lavoro. Con i numeri del Coronavirus che continuano a preoccupare, il ritorno alla vita “pre-pandemia” sembra ancora piuttosto lontano. Tra le nuove abitudini degli ultimi mesi spicca senz’altro lo smart working, che ha ormai cambiato la quotidianità di molte aziende. Ma quali saranno le conseguenze di questi lunghi mesi di stravolgimenti e difficoltà? Come ci riprenderemo dagli effetti della pandemia? Secondo diversi studi, a guidare la rinascita sarà proprio una crescente capacità di gestire in modo emotivamente intelligente la digitalizzazione.

Daniel Goleman: Why aren't we more compassionate? | TED Talk
Daniel Goleman

Siamo umani e come tali insostituibili, chiamati ad affrontare le sfide del futuro con Intelligenza emotiva, empatia e creatività. Non è vero, infatti, che possiamo essere rimpiazzati dalla tecnologia. Anche i nuovi computer quantistici, per quanto velocissimi e capaci di un’intelligenza artificiale sopraffina, mancano di una caratteristica focale: l’emozione. La spinta all’azione determinata dal sentire a un livello superiore.

Certo, le attività routinarie verranno svolte dalla robotica, è ciò che sta già avvenendo da tempo e che avverrà sempre di più. Ma esistono lavori per cui nessun robot, nessuna macchina e nessuna tecnologia potrà mai rimpiazzarci. Secondo il World Economic Forum la creatività e l’intelligenza emotiva sono tra le prime dieci skills più ricercate dai datori di lavoro, rispettivamente al terzo e al sesto posto.

Pochi anni fa, nel 2015, la creatività era al decimo posto e l’intelligenza emotiva non era nemmeno considerata. Oggi sono sul podio. Questo perché, a fronte di una digitalizzazione crescente, l’importanza di una gestione “umana” si rivela fondamentale. L’uomo si posizione in alto, alla cima del processo, nella sua determinazione. Non è più parte della catena di montaggio, ma l’ideatore dei perché, dei come e dei valori a cui la produzione deve essere destinata.

Emozioni contrastanti, talvolta antitetiche, oggi caratterizzano le persone e le organizzazioni costrette al remote working ai tempi della pandemia di Covid-19. La chiamata d’urgenza oggi riguarda proprio questa capacità di individuare le best practices per attivare circostanze positive e costruttive di crescita e sviluppo. E’ con l’intelligenza emotiva che si possono gestire le crisi e si possono trasformare i problemi in opportunità.

Trovare soluzioni, appunto.


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