Apriamoci al cambiamento "l'un l'altro"
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Il cambiamento arriva da chi abbiamo vicino. La società post-Covid.

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Coronavirus. L’ordine del giorno, la notizia del giorno, ormai ogni giorno. Il tabellino è sempre quello dei nuovi contagi e dei nuovi dimessi. Delle liste nere. Numeri freddi davanti a storie di vita, ognuna diversa, ognuna con una lacrima in più che va a nutrire un mare salato.

Ricostruire i rapporti

Eppure aria nuova si respira oggi e si tenta di cambiare pagina complice l’estate in arrivo ritrovando, dove possibile, o cercando di ricostruire, dove necessario, quei rapporti così utili, sia personali che professionali, per le nostre vite. Il coraggio ci viene ancora una volta dai numeri. I freddi numeri. Oggi in Italia si registrano nuovi contagi e per fortuna pochissime vittime. Partendo dal presupposto che, finché ce ne sarà anche solo una, sarà una di troppo, questi sono numeri che fanno ben sperare.

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Post-Covid: si può?

Bisogna andarci piano, questo sì. Il pericolo, se si allargano le maglie della cautela, rimane ancora il contagio. I vaccini non sono una soluzione a lungo termine a quanto pare, visto che già si parla del “terzo richiamo” dopo l’estate e di quelli a seguire. Ma il problema, forse quello più profondo e che rischia di radicarsi per molto tempo non è solo quello epidemico, ma anche, e soprattutto, quello mentale. La paura che coinvolge e avvolge come una coperta e limita il buon senso. In questi casi di allerta generale, la massa diventa uno strano tutt’uno. Oltre la somma degli individui che la compongono, prende vita propria e si muove in modo del tutto prevedibile, come un organismo. Si ripara, si agita, si scatena, come nel caso George Floyd, l”afroamericano ucciso da un poliziotto in America che è rimasto come in un’impressione generale, che ha scatenato al tempo un movimento internazionale al grido “Balck Lives Matter”, riproponendo lo slogan di un movimento attivista nato già nel 2013 e facendo permanere nei nostri cuori l’urgenza per la lotta alle ingiustizie, la lotta al razzismo e alla paura dell’altro. Emblematico il caso di Willy Monteiro, quel coraggioso ragazzo ucciso a pugni e calci a Colleferro da un gruppo di folli con la coscienza di sé e degli altri oramai offuscata da altri valori. Valori coatti. Oggi la massa si muove intorno al movimento LGBT+, acronimo che ha lo scopo di enfatizzare la diversità delle culture basate su sessualità e identità di genere.

Insomma, “la massa” ha sempre un argomento all’ordine del giorno a cui conformarsi.

Nei momenti di allerta si diventa generalmente più sensibili, forse proprio perché si fa parte, volenti o nolenti, di questa massa, e quindi diventiamo più attenti ai grandi temi, e forse un po’ meno ai particolari, alle voci fuori dal coro. Si segue una scia che difficilmente può portare novità e cambiamenti visto che tende a omologarsi. In risposta una minoranza, per reazione allo status quo, tende invece alle derive. Prendiamo il movimento no-vax, quello dei diversi complottisti, e via di seguito. Posizioni che sono davvero deprecabili, oppure proprio qui, seppur nelle posizioni meno estreme, esiste un seme prolifico di cambiamento, la spinta a superare lo status quo e guardare le cose “out the box”? Ad esempio, il trovare le alternative davvero utili alla medicina, alla tecnologia, ai lavori del futuro.

La scienza sociale ci suggerisce di rifarci alla Legge di Pareto. La ben nota legge contrappone l’80% di conformità poco produttiva e lenta ai cambiamenti, ad un 20% di attività utile. Questo nei vari campi dell’umano interesse, ma vale anche per i fenomeni sociali. Insomma, le due lezioni da acquisire sono queste: facciamo attenzione al 20% delle cose che davvero contano, perché capaci di portare reale cambiamento; e due, l’avanguardia è composta quasi sempre da “minoranze” più attive anche se più critiche.

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Occhio critico

L’idea è quindi quella di mantenere un certo occhio critico sulle faccende che ci circondano e portare nella propria vita una dimensione della realtà pacificata, meno dolce e meno amara, ma certamente più digeribile. Se ognuno di noi fosse disposto ad aprire un varco, forse potremmo scoprire che la soluzione, in fondo, siamo sempre stati noi, ognuno di noi, parte di una massa che può cominciare a funzionare meglio se disposta a formarsi intorno ad una comunicazione più critica.

Nel 2020, quando ci siamo chiusi nelle nostre case per proteggerci l’un l’altro, ha funzionato. Quando ci siamo uniti per gridare che la vita conta, ha fatto eco. E può funzionare ancora, d’altronde non siamo che gli stessi di allora, solo con un aggiornamento in più del sistema operativo “esseri umani.” Questo ciclo estivo che si accompagna alle riaperture, ci apre al nuovo, risolve dei bug in più e ha una straordinaria funzione: unisce le persone con le persone per condividere una nuova realtà del possibile, dell’opportunità di esserci di più e sostenerci dandoci importanza e valore l’un l’altro. Insomma, questa macchina che chiamiamo società può funzionare meglio se siamo disposti ad aggiornarci individualmente, ognuno di noi, al nuovo livello del “noi” e condividerlo con gli altri. Chi abbiamo intorno diventa allora il nostro prezioso alleato, se siamo però disposti a scambiare apertamente, criticamente e senza giudicare. Si dovrebbe fare così in ogni team: ascolto attivo e senza giudizi. Porre tante domande, con reale curiosità di conoscere gli altrui punti di vista, e restituire feedback di valore. Ricordando che a volte il silenzio, se poi non si conosce poi così bene l’argomento, vale più di mille parole.

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Torniamo a scambiare

Tornare a creare relazioni allora, a vivere, a lavorare, ma meglio di prima, magari più pagati di prima, più sostenuti di prima dagli altri e si spera dall’economia, dallo Stato e dall’Europa che sta per portare il suo aiuto. Ed ecco che questo discorso prende senso: se tra Stato, amministrazioni e cittadini si apre un dialogo utile, scavalcando i vecchi modelli obsoleti (leggi burocrazia) si può sviluppare una società più veloce, attenta, attiva ed efficiente.

Al grido che ognuno di noi conta. Non solo come numero. I soliti numeri, freddi numeri, dietro cui si nascondono sì le lacrime, ma anche i sorrisi di chi crede in un presente possibile.

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