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PayPal vuole acquisire Pinterest: l’affare c’è, lo dicono i numeri

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Tutti i giganti della tecnologia vogliono diventare società di pagamento. Esistono già Apple Pay, Google Pay e Amazon Pay. Proprio questa settimana Facebook Inc. ha rilasciato il suo portafoglio di valuta digitale.

Sorprende quindi che PayPal Holdings Inc., una società di pagamenti, voglia fare il percorso inverso e diventare anche una società di social media. Oppure no, non sorprende affatto. Per l’azienda con sede a San Jose, in California, l’attacco potrebbe essere la migliore forma di difesa contro le incursioni degli altri titani della West Coast.

Acquisti online e pagamenti digitali

Dunque, sembra proprio così: pagamenti digitali e acquisti online vanno a braccetto e PayPal sta cercando di portare avanti un’operazione che da qualche parte definirebbero “smart”, ovvero unire l’uno e l’altro. Fino a poco tempo, PayPal acquistava in gran parte aziende che si collegavano direttamente ai servizi di pagamento digitale, che le persone usano per pagare beni e servizi online senza bisogno di una carta di credito.

Il gigante dei pagamenti digitali della Silicon Valley oggi invece si è offerto di acquistare Pinterest, la società di bacheche digitali che abilita l’e-commerce all’interno della sua app, in un affare del valore di circa 45 miliardi di dollari. Facendo due calcoli veloci, PayPal ha offerto circa $70 per azione per Pinterest, un aumento del 25% rispetto al prezzo delle azioni di Pinterest.

Gli uffici di Pinterest di San Francisco, che PayPal acquisterebbe per circa $ 70 per azione, hanno detto persone che hanno familiarità con i colloqui di acquisizione.

Se completato, l’accordo sarebbe il più grande nel settore Internet consumer nell’ultimo decennio, superando l’acquisto di LinkedIn da $26 miliardi da parte di Microsoft nel 2016 e l’acquisizione di Slack da $27,7 miliardi da parte di Salesforce lo scorso anno. 

Verso l’acquisizione?

“Mentre vediamo il merito intorno alle due società che cercano di unire i loro punti di forza per perseguire opportunità di social commerce (sia su Pinterest che in-app per PayPal), la logica dell’acquisizione di Pinterest rispetto alla creazione di una partnership è meno chiara”, commentano gli analisti di Credit Suisse. Per PayPal, il vantaggio è comunque palese: l’ampia base di utenti di Pinterest di circa 454 milioni (calcoli alla mano nel secondo trimestre 2021) di cui la maggior parte femminili che lo usano per trovare idee su come rimodellare le loro case o ringiovanire i loro guardaroba, e la possibilità di aggiungere nuovi utenti internazionali provenienti da PayPal (circa l’80% degli utenti di Pinterest si trova al di fuori degli Stati Uniti, compresi i mercati con un PIL pro capite inferiore, come India, Brasile, Sud-Est asiatico) darebbe la possibilità di creare un e-commerce di grande valore collegato direttamente a PayPal.

Una domanda che Credit Suisse si pone è come evolveranno i rapporti di PayPal con le grandi piattaforme tecnologiche basate sulla pubblicità se questa acquisizione avrà successo, visto che Pinterest è un competitor diretto (PayPal lavora con Facebook, Marketplace, Instagram Shopping, Google, ecc.).

L’affare c’è

PayPal non ha risposto a una richiesta di commento e una portavoce di Pinterest ha rifiutato a sua volta di rispondere a domande dirette. Il che di solito dimostra che l’affare sta avvenendo. Nel frattempo, il prezzo delle azioni di Pinterest, che guadagna principalmente dalla vendita di annunci pubblicitari a marchi desiderosi di presentare i loro prodotti ai suoi 454 milioni di utenti, è aumentato del 13% dopo che le notizie sull’accordo sono cominciate a circolare, portando la valutazione della società a $40 miliardi. Le azioni di PayPal, intanto, sono scese di quasi il 5%.

Insomma, sempre facendo due conti, se PayPal riesce a rendere Pinterest una destinazione ideale per lo shopping online, può garantirsi la sua commissione standard del 2,9% per ogni transazione, incoraggiando anche il suo portafoglio esistente di 32 milioni di commercianti a fare pubblicità su Pinterest. L’affare c’è.

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