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La corsa ai giovani talenti che sta spopolando nel mondo. USA in prima fila

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C’è una competizione nel trattenere i giovani talenti nel settore della finanza. I neolaureati chiedono paghe sempre più alte e le fintech sono disposte ad accontentarli. Le banche cercano di fare lo stesso aumentando le retribuzioni. Uno scenario che potrebbe presentarsi anche in Europa.

Concorrenza a colpi di talenti e di freelance

Ed è così che le fintech fanno concorrenza alle banche anche sulla risorsa più preziosa: i giovani talenti.

La questione si muove in un ambiente in fermento: quello del lavoro made in USA. Senza ombra di dubbio la forza lavoro americana sta cambiando se prendiamo in considerazione la crescita mai registrata di lavoratori americani che decidono di lasciare le loro posizioni di lavoro per diventare autonomi. 

Secondo il report Freelance Forward: 2021, pubblicato dalla piattaforma specializzata nell’ambito del lavoro, Upwork

  • 59 milioni di americani hanno lavorato autonomamente negli scorsi 12 mesi, cifra che rappresenta il 36%, circa un terzo, della totalità della forza lavoro
  • La quota di lavoratori autonomi non temporanei ha raggiunto livelli mai visti prima e la crescita è stata sicuramente spinta dalla pandemia, se si considera che la quota è cresciuta dal 33,8% al 35% tra il 2020 e il 2021. 
  • Il freelancing è cresciuto maggiormente tra i lavori con i più alti livelli d’istruzione. Dei lavoratori laureati il 51% lavora autonomamente, +6% rispetto al 2020. Tra coloro invece che posseggono solamente un diploma di scuola superiore, il fenomeno si è ridotto dal 37% del 2020 al 31% del 2021. 

Questi dati sono in crescita e, nei prossimi mesi, coincideranno con il picco del cosiddetto “The Great Resignation”, ovvero quel fenomeno di massa che sta attraversando il mondo del lavoro americano, dove milioni di lavoratori lasciano volontariamente ogni mese il lavoro dipendente per soluzioni più autonome oppure, quando possibile, per anticipare la pensione. Un fenomeno presente anche in Europa e arriva anche in Italia, con qualche tentennamento, ma sospinto dalle politiche di restrizione che impongono a il Green Pass per lavorare. E così molti dipendenti alla canna del gas decidono di rischiare la mossa del “mettersi in proprio”. Un fenomeno largamente dibattuto nel libro “Un Mondo di Potenziale. Tutto ciò che devi sapere per imparare a surfare sulle sabbie mobili e scoprire nel tuo potenziale la vera opportunità in tempi di crisi”



Alcune indagini a campione rivelano come il 56% dei dipendenti stia oggi considerando di mettersi in proprio nel prossimo futuro. L’impatto economico del lavoro autonomo mostra un asticella crescente che impatta positivamente sull’economia italiana, europea come quella americana. Un fermento dal basso che genera un totale di $1,3 trillioni, +$100 milioni rispetto al 2020

Questo fenomeno è sicuramente da imputare ad un cambio radicale della mentalità, in termini di priorità di vita, che sta avvenendo nel mondo e che negli Stati Uniti, spesso avanguardia, è ancor più evidente. Sintomo anche di un nuovo potere contrattuale e negoziale che una classe di lavoratori particolarmente qualificata ha acquisito negli ultimi anni grazie al fenomeno del “The Great Resignation” e alla scarsità di talento nel mercato del lavoro statunitense (Fonte: https://bit.ly/33MOmDB) Ed è così che arriviamo alla competizione nel mondo della finanza che cerca di tenersi stretti i nuovi giovani talenti.

E’ guerra nel settore della finanza

Wired.it sottolinea come ci sia “una guerra in corso nel settore finanziario, quella per trattenere i dipendenti migliori. Oltreoceano la chiamano war on talent, la corsa al talento. Non si tratta solo di strappare amministratori delegati di grido con contratti multimilionari. Da qualche tempo il problema sono i giovani, la manovalanza – per così dire, dati gli stipendi – che produce analisi di scenario e rapporti preparando il terreno per le vendite si servizi eseguite dai dirigenti più anziani. Sono tanti, e per trattenerli è necessario mettere mano al portafogli. Una scelta che impatta in maniera significativa anche sui bilanci a molti zeri dei giganti di Wall Street. 

L’inflazione ha giocato un ruolo, ma, secondo molti, potrebbe essere stato il superlavoro dovuto al boom pandemico del trading l’innesco decisivo. Mentre, sullo sfondo, comincia a profilarsi un altro fattore: la concorrenza delle fintech, che da tempo hanno abbandonato lo status di promesse per trasformarsi in realtà da miliardi di dollari ben posizionate sul mercato”.  (Fonte: Wired.it)

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