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Angela Ricci, “il mio teatro, fatto di figure femminili, miti greci e attualità”

Un'intervista alla regista di "Elettra racconta"

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Con due giorni di sold out al Teatrocittà di Roma, si è conclusa domenica 19 maggio la messa in scena di Elettra racconta, un’opera scritta e diretta da Angela Ricci.

Angela è una regista speciale, che amiamo seguire e raccontare sul nostro magazine: appassionata creatrice di figure femminili, sia storiche che di fantasia, è una profonda conoscitrice non solo della mitologia greca, ma dell’animo umano tout court. E, cosa per nulla scontata, questo brillante bagaglio è capace di metterlo in scena con una potenza immaginifica ed emotiva di rara bellezza.

La vicenda di Elettra

Elettra racconta, l’opera andata in scena al Teatrocittà, ricalca sostanzialmente la storia del mito di Elettra che tutti conosciamo: Elettra, figlia di Clitennestra (regina di Micene) e Agamennone (eroe degli Achei nella guerra di Troia), ha tre fratelli, Ifigenia, Crisotemi e Oreste. In un andirivieni spazio temporale, la rappresentazione si divide tra passato e presente. E’ la dea Athena (personaggio estraneo alla vicenda del mito, ma inserito da Angela Ricci per l’occasione) ad introdurre la vicenda sul palcoscenico, ricordando di come loro, gli dèi, partecipassero alle vicende umane e alle guerre schierandosi dalla parte degli uomini di una fazione o di un’altra.

L’antefatto

Elettra inizia raccontando delle sanguinose vicende che hanno per sempre turbato l’equilibrio della sua famiglia: per volere degli dèi, il padre Agamennone ha accettato di sacrificare la bellissima figlia Ifigenia (“così simile a sua madre Clitennestra“); successivamente Clitennestra, accecata dalla gelosia e dal rancore, ha ordito con Egisto – il suo amante – l’omicidio del marito Agamennone, tornato vittorioso dalla guerra di Troia con un nuovo “trofeo”: la concubina e profetessa Cassandra. Elettra, molto legata alla figura paterna, non ha perdonato questo atto estremo compiuto da sua madre Clitennestra e ha deciso di ucciderla a sua volta, aiutata dal fratello Oreste.

Elettra e Crisotemi sono forse le vere protagoniste di questo spettacolo, due sorelle che portano su di sé le cicatrici dei drammi vissuti, ma anche la forza eroica per non arrendersi, ognuna a modo proprio: Crisotemi si rifugia in un mondo di fantasia e immaginazione (“sono un’equilibrista che gioca sul mondo“, dirà ad un certo punto dello spettacolo), dove parla con un pupazzetto-amico, non ricordando a causa del trauma vissuto chi fossero i suoi genitori e i suoi fratelli.

Elettra, d’altro canto, si è chiusa nella solitudine della sua forza interiore, che la spinge ad andare avanti affidandosi al destino.

Clitennestra è una figura importante, perché come Elettra è un personaggio demoniaco, commette degli atti eticamente poco gradevoli, come l’uccisione del marito Agamennone. Ma questi personaggi non vanno giudicati o condannati, perché un tempo i miti venivano rappresentati nel teatro antico con un’importantissima funzione, che non era solo quella dell’intrattenimento: la catarsi. Non esistevano Freud e la psicologia, ed era proprio il teatro antico a sviscerare le problematiche degli uomini attraverso le rappresentazioni: in quelle occasioni, il pubblico rideva e piangeva, prendeva parte alla vicenda, attuando così la propria catarsi“.

Angela Ricci

Anche Corrado Augias ci ricorda che “la mitologia delle varie popolazioni è un formidabile aiuto per la comprensione dei meccanismi psichici che muovono gli individui e le stesse collettività; per noi europei è molto importante la mitologia dei greci, un complesso sistema di miti, favole e tragedie nelle quali sono evocati i principali nodi della psicologia e degli affetti umani”.

Per riprendere una metafora tanto cara alla mamma di una straordinaria attrice (Monica Vitti), preoccupata per la figlia perché “la polvere del palcoscenico corrode l’anima”, possiamo con certezza affermare che il palcoscenico, invece, la “illumini”. E quando si assiste a spettacoli come Elettra racconta, pieni di mito, attualità, bellezza e cuore, se ne ha contezza assoluta.

L’intervista ad Angela Ricci

Angela, come ha preso forma nella tua immaginazione il meraviglioso quanto controverso personaggio di Elettra?

Elettra è un personaggio un po’ cupo, una ragazza particolare, una figlia diversa potremmo dire, perché ha un amore molto forte per l’immagine paterna, tanto da iniziare a provare un odio profondo per sua madre. Ancora oggi in psicoanalisi si parla del Complesso di Elettra, similmente al complesso di Edipo, per mostrare l’affetto della figlia verso il padre. L’opera che ho scritto ricalca la storia del mito, ma nel mio immaginario il personaggio di Elettra è solitario, un po’ oscuro, odia la madre molto bella. Fino a che arriva all’atto terribile di ucciderla.

Ma non dobbiamo giudicare moralmente questa vicenda, perché un tempo i miti venivano rappresentati proprio per la loro capacità catartica. Non esistevano Freud e la psicologia, ed era proprio il teatro antico a sviscerare queste problematiche: attraverso le rappresentazioni, il pubblico rideva e piangeva, prendeva parte alla vicenda, elaborando così la propria catarsi.

Che tipo di legame senti con questi personaggi femminili che magistralmente riesci a creare?

Può sembrare strano, ma i personaggi è come se mi chiamassero. Se qualcuno credesse nella reincarnazione, si potrebbe dire che quei personaggi mi appartengano. Sento un rapporto viscerale con i personaggi demonizzati dai racconti, vedi Medea o Elettra stessa. E credo che siano proprio questi i più interessanti, perché rappresentano delle allegorie, sono degli archetipi, pertanto appartengono al nostro immaginario collettivo e alla nostra cultura, perché noi veniamo da quella cultura.

Sono questi personaggi a sviscerare in noi delle tematiche che oggi, in fondo, sono ancora attuali. Nelle famiglie succedono tante cose brutte, vuoi per mancanza di comunicazione, vuoi per una scarsa capacità a comprendersi. Secondo me, dunque, questi miti hanno sempre dell’attuale, anche se a noi sembrano personaggi antichi e “impolverati” che nulla hanno a che fare con noi.

Cosa ti spinge a scegliere storie che vedono protagonisti personaggi femminili, piuttosto che maschili?

Il mio è effettivamente, per scelta, un lavoro incentrato sui personaggi mitologici femminili; ma lavoro anche sui personaggi maschili, che non mi precludo assolutamente. Il mio interesse deriva dal fatto che il femminile, soprattutto all’epoca, era uno sguardo e un punto di vista sempre subordinato al maschile. Ma è importante riportarlo alla luce. Questo è evidente anche se pensiamo alla Storia tout court: ogni mito racconta indubbiamente la storia dell’epoca in cui è nato, i suoi rituali, la religione, le usanze, e io li trovo affascinanti, attuali, ed è importante raccontarli da vari punti di vista. Nel nostro immaginario collettivo esistono questi personaggi, e siamo un po’ tutti a volte Medea, a volte Elettra, o vittime come Efigenia. Per lo stesso motivo ho inserito nel mio spettacolo il personaggio di Athena, la dea della guerra. Ha tante peculiarità, e l’ho inserita come punto di vista in quanto nell’antichità era viva la credenza che anche gli dei prendessero parte alle guerre e alle situazioni umane.

E’ molto bella l’idea di fondere, nei tuoi spettacoli, canto, danza, recitazione, musica…

Sì, è una scelta ben precisa. Anticamente, la danza, la recitazione e il canto erano un tutt’uno, e quindi anche all’interno di questo spettacolo ho voluto contaminare attraverso la danza e il canto alcune parti del testo, che assumono così più forza e maggiore coinvolgimento per lo spettatore. Le canzoni sono di Maria Laura Satta e la musica di Marco Massimiliani: tutte opere originali e create ad hoc per “Elettra racconta”. Le coreografie sono state realizzate da Carla Di Donato, che è anche danzatrice sul palco. So che non è comune fondere le varie arti sul palcoscenico, ma a me piace molto questa idea perché connette maggiormente la vicenda narrata allo spirito dell’epoca. Il pathos e la tensione di alcuni momenti vengono trasmessi con una grande potenza. E trovo molto bello il lavoro corale tra più artisti.

Che tipo di regista è Angela Ricci?

Sostengo fermamente che qualunque lavoro si faccia in ambito teatrale non debba avere il fine ultimo dell’apparire. Come regista cerco di creare ambiti “umani”, dove si evita il protagonismo, si evitano le tensioni tra le persone. Mi piace che tutto scorra liscio. Non bisogna pensare troppo al proprio “io”. Il Teatro deve ingrandire il cuore, non l’io. L’applauso e la gratificazione fanno piacere, senza dubbio, ma bisogna partire da un diverso punto di vista, ed è quello che io cerco umilmente di insegnare. Nasco come attrice 16 anni, poi mi sono dedicata più alla regia, ma non ho mai abbandonato la scrittura che è una mia grande passione… oltre alla mitologia!

Fare l’attore è un lavoro personale, bisogna lavorare dentro se stessi, altrimenti al pubblico non puoi dare niente. La tecnica deve essere subordinata al vero motore, il cuore, altrimenti l’attore diventa un burattino. Io cerco di far tirare fuori il meglio alle persone, devono assaporare le ambientazioni, le atmosfere, i personaggi, nel loro malessere e nella loro benevolenza, perché tutto questo diventa un lavoro interiore per ognuna di loro. Mi piace far fiorire le persone! Io non dico che insegno qualcosa, ma insegno a farle fiorire, che è un po’ il mio motto!

Ognuno di noi deve andare verso il sole, non verso l’ombra, perché questo non serve. L’amore che le persone mettono in quello che fanno è fondamentale. Senza quel motore si può cadere in qualunque cosa. E devo dire che spesso sono le persone, gli attori con poca esperienza che mi danno più soddisfazione. Lavorare con i professionisti è più facile, ma far germogliare dei semi è ancora più soddisfacente dal punto di vista interiore.

Ringraziando Angela Ricci per la sua preziosa attività nella cultura e nel teatro dei nostri giorni (e per le emozioni incredibili che riesce a far fiorire dentro ogni spettatore che abbia la fortuna di assistere ai suoi spettacoli), ricordiamo ai lettori che sarà di nuovo in scena a Roma questo prossimo fine settimana (sabato 25 e domenica 26 maggio) al teatro Tordinona con “Sud”, uno spettacolo su Pulcinella, la famosissima maschera napoletana della Commedia dell’Arte.

Per rimanere aggiornati sui prossimi spettacoli, consigliamo di consultare la pagina facebook di Angela Ricci a questo link:

https://www.facebook.com/angela.ricci.75873

ELETTRA RACCONTA: IL CAST

Testo e regia di Angela Ricci
“I sogni nel cassetto”
musica: Santi Morana
testo e voce: M. Laura Satta

poesie: Giuseppe Deidda
musiche e sax: Marco Massimiliani
fonico e luci: Camillo BassoAmolat
danza e coreografie: Carla Di Donato

con: Matilde Condrò
Irene De Paolis
Anna Maria De Santis
Angela Di Brizio
Carla Di Donato
Paolo Foglia
Serena Macchia
Marco Massimiliani
Anastasia Mecucci
Edwige Nania
Anna Piras
M. Laura Satta

Giornalista del Quotidiano La Voce e Direttrice de Il Circolo del Golf, è collaboratrice di InsideMagazine dal 2020

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Laureata in Lettere con la specializzazione in Editoria e Giornalismo presso l'Università degli Studi Roma Tre, e diplomata anche presso la Scuola di Scrittura Omero, Virginia Rifilato è una giornalista di grande talento e esperienza, con una solida carriera nel campo del giornalismo e delle collaborazioni con importanti media nazionali come La Repubblica, come editor nell'industria cinematografica e televisiva per importanti canali satellitari e terrestri come Sky e Tim Vision, e collaboratrice di alcune emittenti radiofoniche di spicco, tra cui Radio 3 e Dimensione Suono Roma.

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All'interno del magazine InsideMagazine, Virginia ha il compito di curare le interviste di punta, offrendo ai lettori un'esperienza avvincente e coinvolgente. La sua passione per la scrittura e la sua capacità di raccontare storie affascinanti, oltre alla sua abilità nel creare domande incisive e nel catturare l'essenza delle personalità intervistate, la rende una risorsa di grande valore per la redazione.

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