Apre la scena del TeatroBasilica, questa sera alle 21, l’opera folk diretta Angela Ricci Oltre i confini – Continua a sognare, uno spettacolo ideato da Paolo Rasile. Musicista appassionato di chitarra arpa, Rasile accompagnerà gli spettatori in un viaggio vibra-emozionale e multisensoriale attraverso musica, immagini, canto, danza e parola. L’ambientazione richiama l’antica Grecia, Roma, Napoli, ma anche Parigi, e percorre alte montagne e mari sconfinati in un caleidoscopio di emozioni e suggestioni.
Domani, domenica 15, Angela Ricci fa ritorno invece al mito con Lo sguardo di Euridice al Teatro Albertino: rivisitando la tragedia, la regista immortala lo sguardo della donna e non quello di Orfeo, immaginando la sua condizione simbolica di mancata resurrezione.
Un mito enigmatico, basato sulla discesa nell’Ade di Orfeo il cantore, musico e poeta che incarna la bellezza dell’arte capace di incantare uomini e dei, ma che non può sfuggire al mistero della morte, sua e della sua sposa Euridice, e del destino degli uomini. “Euridice e Orfeo sono un’unica entità: la ricerca del femminile che è in ogni uomo e, viceversa, in ogni donna la ricerca del maschile; un’ immagine ideale che non si potrà mai catturare nella realtà“, afferma la Ricci.
Lo spettacolo dona suggestioni e sorprese, con l’interazione di più discipline artistiche: parola, danza, canto lirico, effetti di luce e arte dal vivo.


“Ritornare al mito è un enorme piacere per me”, prosegue la regista, “perché nel mito, come nella storia delle Mariposas, si celano archetipi universali. E ciò che è universale è anche eterno“.
“È davvero commovente osservare l’identificazione che nasce tra attori e musicisti. All’inizio non conoscono i personaggi, né le storie. Ma poi studiano, si informano, si emozionano. C’è chi si sente talmente ispirato, poi, al punto da scrivere una canzone, una poesia, o una melodia che aderisce alla narrazione. Gli attori entrano dentro i ruoli con forza e delicatezza. È come se, durante il percorso, diventassimo una sola cosa: testo, interpreti, musica e ispirazione, uniti da un sentire comune.”
Angela Ricci
Las Mariposas
Avevamo seguito la scena di Angela Ricci già nel mese di maggio, sempre a Roma, quando ha conquistato la platea e i cuori dei presenti con l’opera Las Mariposas, vuelan todavìa, una pièce intensa, basata su radici storiche che si fanno leggiadre grazie a una rappresentazione scenica totalmente ancorata alla musiche, alle voci e alla danza. Lo spettacolo, scritto e ideato dalla Ricci, ha affascinato per il linguaggio scenico immaginifico e intimo, potenziato dall’intrigante location del Teatro Torpignattara, fucina di creatività per stage formativi sulla tecnica dello spettacolo. Las Mariposas si muove tra memoria, spiritualità e resistenza, confermandosi un’opera in cui le voci di tre donne che hanno segnato la storia risuonano potenti grazie a questa prolifica e raffinata regista che ha deciso di riportarle alla luce.
INQUADRAMENTO STORICO
Minerva, Patria e María Teresa Mirabal furono attiviste politiche nella Repubblica Dominicana durante la dittatura di Rafael Trujillo. Furono brutalmente assassinate il 25 novembre 1960. La loro uccisione scosse l’opinione pubblica e ispirò la scelta del 25 novembre come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La quarta sorella, Dedé, sopravvissuta, ha dedicato la vita a raccontare la loro storia. E da qui prende avvio la rappresentazione di “Las Mariposas, vuelan todavìa” della regista Angela Ricci.
Las Mariposas, tra storia e messinscena
Tra storia e messinscena, lo spettacolo racconta di tutte e 4 le sorelle Mirabal. Tre di loro — Minerva, Patria e María Teresa — furono assassinate il 25 novembre 1960. La quarta, Dedé, sopravvisse e dedicò la vita a raccontare la loro storia, e così anche sul palcoscenico, mantenendone viva la memoria. La scelta narrativa della Ricci diventa quella di parlare delle “tre anime” dal punto di vista della quarta sorella sopravvissuta.

Angela Ricci non racconta di loro. Le fa tornare. Sul palco, attraverso la parola, il gesto, la musica. Las Mariposas è uno spettacolo che fluisce nelle emozioni. “Mi piaceva l’idea che fossero proprio loro a raccontare il momento della tragedia, senza che qualcun altro parlasse per loro”, ci ha confidato la regista. E in questo gesto poetico, si annida tutta la potenza del suo lavoro: non una cronaca, ma un dialogo interiore che prende voce.
“Non amo fare la cronaca dei fatti”, ha aggiunto la regista, “mi piace entrare nei personaggi, immaginarne i dolori, le gioie. Raccontare il necessario. Lasciare scorrere le immagini e le sensazioni che mi suggeriscono.” C’è qualcosa di profondamente spirituale in questo modo di concepire la scrittura scenica, e lo spettacolo trova il suo equilibrio tra la densità del significato e la delicatezza della forma. “Non amo svelare tutto di un personaggio,” confessa la Ricci, “preferisco creare atmosfere, evocare sensazioni, affinché lo spettatore si senta coinvolto e scelga lui di approfondire i fatti che desidera.” E questo Las Mariposas lo fa con una grazia dolorosa, lasciando spazio alla commozione senza cadere mai nella retorica. “Nemmeno la morte diventa una barriera capace di arrestare l’amore e la libertà”.
Memoria e musica
La scena teatrale si apre come un altare laico: le tre sorelle parlano, danzano, vibrano. Ma è proprio grazie a Dedé, e alla musica, che possiamo ascoltarle.
Per Angela Ricci, la musica non è mai solo accompagnamento. È tessuto narrativo. “Ciò che si trasmette attraverso la musica arriva ancora prima delle parole”, confida. Non è un caso che lo spettacolo viva anche attraverso il lavoro appassionato dei musicisti che l’accompagnano da anni. Santi Morana alla tastiera — autore anche della canzone scritta con Maria Laura Satta, “I sogni nel cassetto” — è una presenza costante, sensibile, quasi scenica. La voce della Satta, attrice e interprete da anni nei progetti di Ricci, si unisce a quella delle protagoniste con delicatezza e potenza scenica. “La scena si apre con la canzone Tierra escrita“, una sintesi dell’ agguato violento deciso dal dittatore Trujillo. A seguire, troviamo un brano scritto dalla Satta e musicato da Santi Morana, “Sogni nel vento“, che affronta la tematica delle donne uccise per mano dei compagni o mariti. “La sconfitta dell’ amore tossico ma la sopravvivenza di valori immortali che sopravvivono alla violenza” afferma la cantante. Tra gli altri brani emblematici, “Como la cigarra“, che sottolinea la resilienza ed il rifiuto della guerra, passando per altre iconiche musiche che trovano un sontuoso finale con “Gracias a la vida“.
Ad affiancare sul palco Santi Morana e Maria Laura Satta c’è un bravissimo Luca Angeletti alla chitarra, nonché autore e interprete di uno dei brani originali: sul palco, per la prima volta, ha eseguito la sua canzone dedicata alle sorelle Mirabal. Diplomato in corno francese al conservatorio, con un’esperienza ricercata in flicorno contralto, Angeletti ha scelto di abbracciare la chitarra classica per “passione viscerale”. Le sue canzoni sono piccole poesie civili, autonome e potenti, capaci di raccontare anche senza il sostegno della scena.
Las Mariposas, il brano originale che ha composto per lo spettacolo, vibra come un manifesto sommesso, di quelli che non si dimenticano. Nel ritornello una frase rimane scolpita:
“Danzano ancora le mariposas, le ali spiegate, le unghie nella sabbia, la lotta furiosa non finirà mai più.”
Un’immagine visiva fortissima, quasi cinematografica, che ha visibilmente emozionato il pubblico.


Le attrici dell’opera, Valentina Rosaroni, Susanna Cardano, Irene De Paolis e Angela Di Brizio, si muovono sul palcoscenico con una grazia rara, supportate dalla ballerina e coreografa Carla Di Donato che ha conquistato critica e pubblico con il suo iridiscente ballo finale in veste di farfalla. “Ho suggerito ad Angela l’utilizzo di queste ali per la danza dato l’alto impatto simbolico/scenografico in stretta relazione con la storia de “Las Mariposas… le farfalle volano ancora!”. “Le ali di Iside, in questo caso colorate” prosegue la Di Donato, “erano perfette per restituire teatralmente il forte messaggio e l’immagine delle tre sorelle uccise.“
“Volevo un colpo di scena finale. E chi meglio di Carla per interpretarlo?” prosegue la regista. E così, anche la danza — una sevillana accennata, omaggio a una delle sorelle che amava ballare — si fa emblema del racconto.
Il teatro come atto di memoria e ribellione
Ci sono storie che, per quanto lontane nel tempo o nello spazio, bussano con forza alla porta della nostra coscienza. Las Mariposas, nella lettura scenica di Angela Ricci, è una di queste. Non si limita a commemorare, ma è un po’ come se ci risvegliasse da un torpore di memoria storica.
La regista lo dice chiaramente: “La sofferenza degli altri è anche mia. Siamo interconnessi.” È questa consapevolezza che permea ogni passaggio scenico. Lo spettacolo ha ricevuto un consenso caloroso, forse proprio perché non pretende di spiegare tutto, ma invita a sentire, e a ricordare.
Il progetto teatrale sulle sorelle Mirabal non si chiude qui. Angela Ricci porta avanti da anni la diffusione di questa storia, ribadendo — ogni volta che ne ha occasione — che quel 25 novembre del 1960 non è una data come le altre. È diventata simbolo, è diventata Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. “Ma le persone non lo sanno”, aggiunge con un velo di amarezza. E allora il teatro si fa strumento di conoscenza, oltre che luogo delle emozioni.