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Crisi in Ucraina. Equilibri complessi in un’era complessa. Parte 2

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Continuiamo a parlare della crisi in Ucraina. Al confine tra Russia e Ucraina non c’è segno di allentamento. Il 27 gennaio Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, ha detto a Volodymyr Zelensky che un’invasione russa dell’Ucraina a febbraio si palesava come una “distinta possibilità”. Intanto, i social media russi pullulano di video di truppe in movimento su rotaia e su strada. Ma torniamo al nostro racconto da dove lo avevamo lasciato.

I retroscena della crisi in Ucraina

Secondo un rapporto del Congresso degli Stati Uniti del 2005, Manafort per rafforzare la sua collaborazione con Deripaska ed altri oligarchi, assunse nel suo ufficio di consulenza in Ucraina la spia russa Konstantin Kilimnik che, oltre a divenire suo operativo principale, fece anche da intermediario col governo Putin.

Attraverso i servizi di consulenza di Manafort, il Partito delle Regioni si rafforzò assorbendo altri partiti e facendo processare molti funzionari del partito avverso; inoltre con una campagna propagandistica capillare cercò di inquinare il favore popolare verso l’Unione Europea. Ed in conseguenza di questa erosione di fiducia nelle istituzioni, il Partito delle Regioni riusci’ a fare eleggere nel 2010 , per la seconda volta, Yanukovych. che rafforzo’ la politica di dipendenza dalla Russia e non firmo’ un trattato di adesione all’Unione Europea a cui mancava solo la vidimazione. 

In conseguenza di questa deriva antidemocratica, seguirono anni di proteste che nel 2014 costrinsero Yanukovych a dimettersi per la seconda volta. Nel 2016 Manafort fu assunto da Trump per dirigere la sua campagna elettorale contro la Clinton ed attraverso la sua continua comunicazione con Deripaska, Kilimnik ed altri oligarchi in Ucraina, Trump introdusse nel suo programma elettorale “un piano di pace per l’Ucraina orientale che a vantaggio del Kremlino”. 

La vicinanza con gli oligarchi ucraini

In seguito a questa vicinanza con gli oligarchi ucraini pro-Russia, Trump inviò Rudolph Giuliani in Ucraina per trovare una sponda fatta di false testimonianze che affossasse le ambizioni presidenziali di Biden, fabbricando uno scandalo in cui fosse coinvolto lo stesso Biden ed il figlio Hunter. Naturalmente il qui pro quo di questi corrotti ufficiali e giudici ucraini era più che chiaro: il supporto da parte di Trump della politica del Cremlino volta a minare l’indipendenza dell’Ucraina. Ma i buoni uffici di Giuliani, visto il sottofondo di corruzione da cui scaturivano le accuse a Biden, non sembravano abbastanza credibili. 

Occorreva coinvolgere il governo di Kiev al massimo livello. Occorreva un intervento diretto di Trump presso il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky; un intervento che si rivelò un vero e proprio ricatto: in cambio di aiuti economici ed invio di armamenti per altro già programmato, il governo ucraino avrebbe dovuto mentire su Biden dichiarando che questi da VicePresidente aveva condotto i suoi interventi in Ucraina in maniera del tutto corrotta. Zelensky fu messo in una posizione impossibile: mentire su Biden, lui che era stato eletto su una piattaforma anti corruttiva e di conseguenza minare le basi del suo stesso governo. Ma accusare qualcuno di corruzione usando pratiche corruttive, non è sembrato un procedimento corretto al Congresso Americano, che ha processato Trump per abuso di potere e lo ha condannato con un primo ‘impeachment’. E tutto il castello di menzogne fabbricato su Biden è crollato miseramente.

Putin aide: Putin-Trump summit is happening - CNN Video

Trump e Putin

Tornando indietro, quando Trump e Putin si incontrarono nel 2018, Trump uscì dalla loro conversazione (riservata al punto da non consentire la presenza di stenografi) dichiarando che la Crimea apparteneva alla Russia e proponendo un piano di pace (a suo tempo preparato da Manafort e Kilimnik) che contemplava la divisione dell’Ucraina in due parti, una delle quali, la orientale, sarebbe stata annessa alla Russia. Ma non solo.

Durante la sua Presidenza, Trump costantemente minaccio’ di ritirare gli Stati Uniti dalla NATO e di distruggere l’organizzazione. E questo, dopo l’impegno di molti paesi NATO in Afghanistan, creò una diffidenza tale verso l’America che ancora oggi l’Europa stenta a mostrare un fronte unico nei confronti delle mire espansionistiche di Putin.

Follotitta vive tra New York e Miami, è architetto e appassionato di storia, architettura e politica. Una visione a 360° sul clima made in USA vista dagli occhi di un professionista "italiano in trasferta".

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