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Data Privacy e Marketing: i consumatori chiedono privacy e personalizzazione

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Uno dei temi più caldi nel marketing attuale è quello della self – disclosure dei dati personali. Soprattutto a seguito del recente scandalo che ha coinvolto Facebook ed il suo creatore, mai come oggi il tema in questione è considerato estremamente attuale.

I consumatori chiedono ai marchi di rispettare il confine tra privacy e personalizzazione.

Uno studio ha rilevato che due terzi dei consumatori ha maggiori probabilità di effettuare un acquisto non pianificato di un particolare marchio, se il contenuto digitale è personalizzato, ma non è altrettanto favorevole se, nel farlo, sente la sua privacy violata.

“Un acquisto felice”, è ciò che i consumatori chiedono ai loro affezionati brand o, all’inverso, per affezionarsi a un brand. Sono quindi disposti a donare o ritirare la loro lealtà se trovano che la loro esperienza e-commerce vada oltre il limite della privacy, questo secondo il rapporto Adobe Brand Content.

Selligent Marketing Cloud, piattaforma di marketing automation B2C, ha realizzato un sondaggio a livello globale interrogando oltre 7000 consumatori. L’intento è stato capire quali sono le loro preferenze, cosa si aspettano e cosa infastidisce i consumatori nell’interazione e nell’engagement con i brand. I risultati confermano questo aspetto cruciale: i clienti si aspettano un’esperienza altamente personalizzata, ma sono a disagio nel condividere i dati personali che, di fatto, rendono possibile la personalizzazione. I consumatori più infastiditi dalla personalizzazione insensibile appartengono alla fascia di età 35-49 anni

Secondo i dati raccolti:

  • Il 74% degli intervistati si aspetta che le aziende “lo trattino come un individuo, non come un parte di un segmento quale ‘millennial’ o ‘madre che vive in periferia.”
  • Il 75% dei consumatori è preoccupato dalla possibilità che un brand tracci il suo comportamento mentre naviga nei relativi siti web e app.
  • Per quanto riguarda la volontà di ricevere un avviso sulle vendite promozionali proposte in un negozio fisicamente vicino, il 48% dei Millennial, il 43% della Gen X e il 29% dei Baby Boomer accettano inserzioni geo-mirate mentre sta facendo shopping.
  • Il 50% dei Millennial, il 52% della GenX, e il 35% dei Baby Boomer in tutto il mondo dichiarano di essere d’accordo nel ricevere, quando vanno al cinema, informazioni sulla posizione della sala e un voucher per uno spuntino.

La conclusione è che, quando si ottiene un buon servizio in cambio, si è più portati a tollerare la condivisione di alcuni dati personali.

Se il recente passato è stato incentrato sulla conoscenza del consumatore (vedi la nostra intervista su Data Analysis e Design Marketing a Massimo Giacchino) per dargli ciò che vuole, è probabile che il prossimo futuro riguarderà il camminare sul confine tra acquisizione dei dati e la sensazione di invadenza che ne può derivare. Il pubblico digitale avverte questa differenza e le aziende si stanno muovendo per renderla sempre più sottile.

I dati su consumatori e loro acquisti, com’è ovvio, vengono sempre più ambiti dalle aziende, proprio perché il riuscire a raccoglierli in grandi quantità può portare grandi benefici, in quanto permette di ideare e produrre prodotti e servizi fatti su misura per un certo target di consumatori.
Questi benefici sono per entrambi i protagonisti della trattativa: se da una parte le aziende possono vendere di più e meglio, raggiungendo i loro clienti ideali personalizzandone gli acquisti, dall’altra i consumatori ricevono vantaggi in termini di tempo, costi, e semplicità dell’esperienza. Proprio per questa ragione, a prescindere dalle preoccupazioni e dai rischi che il rilascio dei dati personali può comportare, i consumatori sono spesso portati o “indotti” a fornire a terze parti i propri dati. Il confine tra scelta personale e scelta determinata, o addirittura obbligata, è labile. In certi casi, proseguire negli acquisti viene del tutto impedito se non si lasciano alcuni dati sensibili, come il caso di doversi registrare per accedere al vero e proprio shop. In altri, click e bottoni sono realizzati in modo da confondere il consumatore, che non accorgendosene, accetta alcune condizioni, o viene condotto a rilasciare alcuni dati. Questo tipo di pratiche sono poco gradite e il rischio per l’azienda è alto e si conta in perdite, spesso anche considerevoli, di clientela e di credibilità.

Il consumatore è fedele se si rispetta la sua privacy.

“I consumatori nativi digitali si aspettano dai brand experience online eccellenti, oltre che personalizzate, sicure e private. Ma le violazioni dei dati di alto profilo e le minacce alla sicurezza sempre più sofisticate stanno spingendo i brand a riconsiderare la gestione della grande quantità dei dati dei consumatori, raccolte con fatica durante gli anni. In questi casi, la priorità diventano i clienti e i loro interessi, insieme alla costruzione di una moderna strategia di sicurezza dei dati e di privacy in cui la fiducia dei consumatori è centrale”, riporta igizmo.it.

“Secondo quanto emerge da una recente ricerca condotta dal Digital Transformation Institute e CFMT, le opportunità offerte dai Big Data sono ancora poco sfruttate, sia da parte degli utenti finali, sia da parte delle aziende.

Uno degli aspetti più controversi è la cessione dei propri dati: la fiducia è poca e il drastico aumento dei livelli di sofisticazione degli attacchi informatici non può che farla ulteriormente diminuire.”

Dati sensibili

I dati sensibili sono quei dati personali che riguardano la sfera più intima dell’individuo e, pertanto, necessitano di una speciale protezione. Nell’era del digitale la tutela della privacy sta diventando, quindi, uno degli obiettivi più importanti da raggiungere. E’ l’esempio di Facebook e delle community alternative che stanno nascendo la cui strategia è proprio quella di incentrare le proprie politiche sul rispetto dei dati personali. Un tema caldo, che ha portato il fondatore del web Tim Berners-Lee ad affermare: “Il futuro del web è sotto minaccia.” (QUI l’articolo)

Per porre un argine alla diffusione esagerata delle informazioni, la legge italiana ha previsto che alcune di esse possano essere trattate solamente con il consenso espresso dell’interessato. E’ quindi fondamentale per prima cosa, dare ai clienti la possibilità di gestire i loro dati.

Il benchmark più critico è solitamente l’accesso dei clienti ai loro dati personali: devono essere in grado di accedere e gestire il proprio profilo e le loro preferenze. Per questo, è altrettanto importante creare una cultura del cliente per poter implementare la strategia corretta.

Un approccio sistematico CIAM (Customer Identity Asset Management) abbinato a soluzioni software dedicate, è fondamentale per aiutare i marchi a raccogliere e gestire i dati personali dei clienti in modo da garantire la sicurezza e il rispetto delle misure normative.

L’etica prima di tutto, quindi, ma non è la sola componente. Si tratta di vera e propria intelligenza di vendita che nasce dalla capacità di mettere a proprio agio il cliente, fornirgli un’esperienza semplice, felice, ludica ricevendone in cambio la fiducia.

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