comunicare nel conflitto

Se non posso attaccare il ragionamento… attacco il ragionatore! (Come gestire il conflitto)

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di Chiara Narracci –

Credo sia capitato a tutti di far presente qualcosa che tocca la malafede dell’altro. Questi, nel caso non volesse ammettere la propria mancanza, solitamente non trova altre opzioni che attaccare con furore denigrando e sminuendo, non l’accaduto, ma la persona. Ed ecco aprirsi il conflitto.

Comunicare è meglio che attaccare

Ora tutto sarebbe più semplice e chiaro se usassimo le regole di base della
comunicazione efficace
, non fosse che per rimanere sereni dopo questi attacchi ingiustificati.
Sereni perché sapremo di esserci mossi in modo rispettoso di noi stessi e dell’altro e che quella reazione è oggettivamente fuori luogo.
E’ importante conoscerle e imparare ad usarle queste regole, anche per destreggiarci in un mondo di furbetti manipolatori che non perdono occasione per salvarsi facendoti sentire inadeguato.
Siamo animali di relazione e, aldilà dell’uso delle parole che seguono, teniamo presente che ciò che ci ferisce è il modo nel quale ci vengono dette e le diciamo.
Ci sarà capitato infatti di trovarci anche dalla parte del negligente che nega anche solo per paura di perdere la stima e l’affetto dell’altro…
Questo per dire che quanto segue può esserci utile sia per non ferire che per non esser feriti.

Regole chiare, comunicazione chiara

Vediamo insieme alcune di queste regole:

Parlare in prima persona.

In primis, sforziamoci di parlare sempre in prima persona usando l’Io: importante per metterci la faccia! Assumerci la responsabilità di quanto affermiamo, invece di nasconderci dietro affermazioni in terza persona: “ si dice…”; “solitamente…” o addirittura usando il plurale: una cosa è dire io penso… io sento…, ben altra cosa è dire tutti pensano, la gente pensa… Nel primo caso ci esponiamo e ci apriamo ad un confronto, nell’altro attacchiamo senza lasciare spazio alla natura dell’altro: tutti pensano… viene infatti tradotto come: tutti tranne te! Arriva pertanto come rifiuto e condanna, l’altro sentendosi all’angolo non può che contrattaccare non fosse che alzando il muro del silenzio!

Un fatto alla volta

Altra dritta che viene dalla comunicazione efficace fa riferimento al prendere in considerazione solo un fatto, un comportamento o atteggiamento stando attenti a stare nel presente ovvero a non generalizzare e a non divagare andando ad ricordare tutte le
volte in cui l’altro ci ha ferito.
Sbaglio nel quale cadiamo per avvalorare il nostro punto di vista ma, così facendo, finiamo per non affrontare il problema, lo ingigantiamo e mettendoci troppa enfasi inevitabilmente si finisce a litigare perché, anche in questo caso, l’altro si sentirà condannato per la sua natura e non per il singolo comportamento.
Chiedere: “come mai oggi ti sei comportato così?” è molto diverso dall’affermare: “tutte le volte ti comporti come…
Quando affrontiamo una criticità alla volta è più semplice comprendere l’altro perché si lascia spazio all’ascolto e si arriva più facilmente, o alla risoluzione del problema, o alla sua accettazione.

Autenticità emotiva

In ultimo bisogna avere il coraggio di esternare, non la rabbia, ma le emozioni ferite che hanno attivato quella rabbia.
Una cosa infatti è agire la rabbia, insultando e condannando l’altro, altra cosa è dire “questo comportamento mi ha spiazzato, ferito, umiliato, ecc.”
E’ importante considerare che la rabbia si attiva quando ci sentiamo feriti nei nostri valori. In qualche modo ci sta dicendo che stiamo permettendo a qualcuno di entrare a gamba tesa.
Eh già, la rabbia sta lì a protezione della nostra anima, la nostra essenza, il nostro lato vulnerabile, chiamatela come volete…
Anziché agirla in modo distruttivo verso l’esterno o verso l’interno con autosvalutazioni e ipercritiche, potremmo usarla per conoscerci meglio, fermarci e chiederci: come mai mi sento arrabbiato? Perché la maggior parte delle volte la responsabilità è nostra se permettiamo a qualcuno di ferirci… Possiamo sempre scegliere di fermarlo rimettendolo al posto
suo e se impariamo a farlo usando l’io, stando nel presente confrontandoci su un solo argomento, esternando come ci fa sentire e chiedendo all’altro come mai si sia comportato in quel modo, noi ci saremo rispettati. Nel caso in cui l’altro continui a mancarci di rispetto, potremo scegliere serenamente di lasciarlo ai suoi limiti.

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