di Ileana Barone –
Il ministro della Cultura Dario Franceschini ha firmato un decreto che abolisce la censura cinematografica in Italia.
Il decreto, che arriva dopo la “Legge Cinema” del 2016, dà vita ad una nuova Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche, che al massimo potrà vietare la visione di certi film ai minori di 18 anni, senza tuttavia vietare che alcuni film escano nei cinema o imponendo tagli o modifiche a certe scene.
Nuove regole
Il decreto attuativo presume che da adesso in poi i film destinati ai cinema vengano divisi in 4 categorie: quelli adatti ad ogni pubblico, quelli vietati ai minori di 6, 14 e 18.
Secondo le nuove regole saranno direttamente i produttori a proporre la categoria che considerano più adeguata ad ogni film e poi sarà la Commissione che la confermerà o ne proporrà una diversa.
Nicola Borrelli, direttore della Direzione generale Cinema e audiovisivi, ha detto che
si mette in essere una sorta di autoregolamentazione, saranno i produttori o i distributori ad autoclassificare l’opera cinematografica.
Il ministero della Cultura chiarisce che la nuova Commissione, che sostituisce quello che in passato erano state diverse commissioni, risponderà alla Direzione Generale Cinema del ministero della Cultura e sarà presieduta da Alessandro Pajno, presidente emerito del Consiglio di Stato.
Sarà composta da 49 componenti “scelti tra esperti di comprovata professionalità e competenza nel settore cinematografico e negli aspetti pedagogico-educativi connessi alla tutela dei minori o nella comunicazione sociale, nonché designati dalle associazioni dei genitori e dalle associazioni per la protezione degli animali”.
Inoltre la Commissione, che nella sua composizione attuale resterà in carica per tre anni, sarà formata, tra gli altri, anche da sociologi, pedagogisti, psicologi, studiosi, esperti di cinema (critici, studiosi o autori), educatori, magistrati, avvocati, rappresentanti delle associazioni di genitori e persino di ambientalisti.
La commissione avrà a disposizione un massimo di 20 giorni per confermare o modificare la classificazione di un film.
La censura in Italia
In Italia la censura cinematografica arrivò già negli anni Dieci del Novecento, con un Regio Decreto che metteva una serie di divieti ed inoltre prevedeva la presenza di un apposito nulla osta che permettesse al film di venire proiettato.
Negli anni del fascismo ci furono poi i rigidissimi controlli del MinCulPop, il Ministero della Cultura Popolare.
La legge in vigore fino alla firma dell’ultimo decreto attuativo arrivò nel 1962: e prevedeva una Commissione di primo grado e una di appello, e l’esigenza di un apposito nulla osta per far si che il film arrivasse nei cinema.
ANSA ha fatto un calcolo secondo il quale dal secondo dopoguerra in poi i film italiani in qualche modo “sottoposti a censura” furono 274, 130 quelli statunitensi e oltre 300 quelli da altri paesi. E migliaia i film controllati e ammessi nei cinema solo “dopo modifiche”.
Tra i casi più famosi ci sono quelli di “Ultimo Tango a Parigi” di Bernardo Bertolucci, “Il pap’occhio” di Renzo Arbore, “Totò e Carolina” di Mario Monicelli anche se tra loro diversi per modi e tipo di censura o per le imposizioni di tagli e modifiche. Il regista i cui film ebbero più problemi fu sicuramente Pier Paolo Pasolini.