Donne dal talento straordinario, fuori dagli schemi, estranee alla morale comune e forse, per questo, dimenticate. Figure storiche femminili che brillano ancora oggi come stelle sui palcoscenici, grazie alle attrici che le interpretano e, soprattutto, alla immaginifica sensibilità di una regista capace di costruire mondi femminili, storici e mitologici, di grande potenza e fascino. Oggi parliamo del teatro di Angela Ricci, una regista preziosa per il nostro tempo (e per ogni tempo), che ha scelto il Femminile come suo vessillo d’arte.
Reduce dal successo di VisioniDonneFuture, portato in scena a Roma a fine giugno, la Ricci ha raccontato ai nostri microfoni la sua “visione” autoriale di questo recente spettacolo tornato, a grande richiesta di pubblico, sotto le luci della ribalta.
Protagoniste assolute di VisioniDonneFuture sono quattro figure storiche straordinarie, quattro donne vissute in epoche diverse, lontane da noi, ma che ancora oggi sono importanti interlocutrici con le quali confrontarsi per l’insegnamento che hanno lasciato, per la loro arte, il loro coraggio e il loro modo tutto speciale di essere fuori dal tempo: per dirla con le parole della Ricci, “donne future e visionarie”.
Parliamo della poetessa Saffo (Alice Coppola), della matematica e filosofa Ipazia d’Alessandria (Sara Menna), della pittrice Artemisia Gentileschi (Anastasia Mecucci) e della filosofa e scrittrice Simone Weil (Carla Di Donato), tutte donne che hanno lottato per far valere i loro diritti e per avere una voce grazie alla propria opera.
A fare da fil rouge ai loro racconti e alle loro vicende interviene la Camminatrice del Tempo (interpretata da Francesca Lily Sorrentino), una figura immaginaria (e mascherata, così come l’organettista Marcello Piccioni) che sul palco fa da filo conduttore alla narrazione e alle quattro donne, spaziando da un’epoca all’altra: camminando, per l’appunto, nel tempo. Il tempo è circolare, ci ricorda, e ci accompagna ripetitivo quasi annullandosi nell’operosità umana, la quale invece è capace di imprimere nel tempo le grandi azioni, i sentimenti e gli accadimenti epocali che non verranno mai dimenticati, andando a formare quella coscienza storica collettiva.
Sul palcoscenico le scene si estendono anche nella musica (per citare solo alcuni nomi, ricordiamo i brani scelti da Mozart, Vecchioni, e una ricercata versione francese di “Parlami d’amore, Mariù”) , con il meraviglioso canto di Maria Laura Satta e l’appassionata chitarra di Valerio Di Domenico, capaci di raccontare con le loro note le vibranti emozioni delle protagoniste e le immagini loro dedicate, proiettate sullo sfondo della scena.
L’intervista ad Angela Ricci
Lo spettacolo racconta la vicenda di quattro donne visionarie, coraggiose e ribelli. Qual è il valore più grande che hanno in comune, e in quale di loro ti identifichi maggiormente?
“Hanno in comune quel fuoco sacro. Io mi identifico un po’ in tutte, sono ognuna un pezzetto del mio cuore e ciò che ci unisce è proprio questo fuoco sacro, che mi dà la forza di continuare nelle mie ricerche, nella mia attività registica, e nel tentativo così importante di fare un teatro educativo, di cultura e di interesse, finalizzato ad aprire uno sguardo diverso sul femminile. Non sono una femminista in senso tradizionale, sono piuttosto una fervente sostenitrice dell’integrazione del maschile con il femminile. Penso sia giusto conoscere tutta la storia, tutta la realtà e i vari punti di vista, perché la Storia, anche dove fa male, va integrata, compresa, e tutto questo è fondamentale al fine di non ripetere gli stessi errori.
E ultima cosa, voglio dire che tutte e quattro queste donne sono unite da uno stesso fil-rouge, ovvero l’affermazione di se stesse e la ricerca di un proprio posto nel mondo come donne, artiste e scienziate.”
Scendendo nel particolare di ogni personaggio, cosa ci racconta Saffo oggi?
Saffo è stata una grande poetessa greca nata nel 630 a. C., autrice di appassionate liriche che hanno per oggetto i sentimenti umani. Musa di Platone e poetessa “divina”, Saffo è stata la portavoce di un amore potente, che scuote nel profondo.
La sua vita è stata senz’altro difficile, in un contesto sociale in cui dominava il punto di vista maschile. La sua voce fu messa a tacere, ed è impressionante leggere quanta modernità avessero le sue poesie: i temi da lei trattati riguardano sovente il mondo interiore, quindi sentimenti come l’amore, la gelosia. Svelare questi sentimenti così passionali era una cosa molto rara, soprattutto se era una donna a dargli voce.
Sono rimasta affascinata dalla sua poesia, e ho voluto renderle onore. I sentimenti sono patrimonio dell’essere umano, non hanno tempo, non hanno condizionamenti, o perlomeno non dovrebbero averne.
Nonostante siano giunte a noi poche testimonianze della poesia di Saffo, la sua importanza è tale da aver dato il nome addirittura ad un tipo di strofa: la strofa saffica.
Inoltre, il suo nome viene avvicinato ad un particolare tipo di amore (saffico, per l’appunto) in quanto da alcune fonti sembrerebbe che Saffo, oltre ad insegnare le arti, la musica, la poesia, la danza, preparasse le fanciulle al matrimonio, in un’epoca nella quale anche l’amore omosessuale (in questo caso tra donne) era comune ed accettato.
Vieni
inseguimi tra i cunicoli della mia mente
tastando al buio gli spigoli acuti delle mie paure.Trovami nell’angolo più nero
osservami.Raccoglimi dolcemente scrollando la polvere dai miei vestiti.
Io ti seguirò.Ovunque.
Saffo, “Raccoglimi”
Parliamo delle altre protagoniste dunque: Ipazia d’Alessandria
Ipazia è stata una scienziata e filosofa greca vissuta tra il 355 e il 415 d. C., che ha dato una spinta propulsiva agli studi scientifici dell’epoca e all’astronomia, contribuendo all’invenzione dell’astrolabio e al superamento della visione tolemaica. Pagana, uccisa da un gruppo di cristiani fanatici, è passata alla storia come una “martire della libertà di pensiero”.
Studiò fin da giovanissima nella enorme Biblioteca di Alessandria e fu a capo della Scuola Alessandrina. Donna di enorme cultura e fascino, di lei non sono rimasti scritti probabilmente a causa di uno dei tanti incendi che distrussero la biblioteca (400 a. C. circa). Nonostante l’assenza di suoi scritti, altri filosofi del tempo ne parlano come una delle menti più avanzate esistenti allora. Molti uomini prendevano insegnamenti da lei, ma questo non era accettato dalla società, quindi il suo essere donna di cultura e scienziata fu molto avversato all’epoca.
La scena ci conduce poi ad una grande pittrice del Seicento, Artemisia Gentileschi…
Artemisia è una grande artista che ha trovato in Caravaggio il maestro della luce e del chiaroscuro. Nata a Roma nel 1593, la Gentileschi è un’altra donna fuori dagli schemi e dalle regole, che ha scelto la potenza dell’arte e la libertà di pensiero al di sopra di tutto, anche a costo della vita stessa.
Sin da bambina, il suo sogno era sempre stato quello di diventare pittrice, e dovette sfidare le convenzioni sociali per farlo. Quando venne abusata dal pittore che era stato chiamato per farle da maestro di pittura in casa, subì addirittura un processo, e dipinse il suo capolavoro: Giuditta che decapita Oloferne (“Giuditta e Oloferne”).
A Roma aveva recepito gli stimoli dalla vibrante scena capitolina, e sempre in città conobbe la pittura del Caravaggio. Fu l’unica, tra tanti artisti uomini, ad essere in grado di tramandare lo spirito e la tecnica di Caravaggio. Figlia d’arte e donna, si fece strada in un mondo prettamente maschile e contribuì a diffondere la tecnica del chiaroscuro e il realismo pittorico.
Infine, Simone Weil…
La Weil fu una scrittrice, pensatrice, filosofa e poetessa di origine ebrea (Parigi 1909 – Inghilterra 1943).
Pensatrice profonda, colta e raffinata (sorella del matematico André Weil), ebbe varie esperienze politiche e si mise sempre dalla parte dei deboli, degli oppressi e dei discriminati.
Aderì al marxismo e poi si convertì al cristianesimo, per restare fedele alle proprie convinzioni morali e sostenere i più deboli. Durante la Seconda Guerra Mondiale si schierò con i pacifisti.
Non molto conosciuta, se non da pochi amanti della cultura e della filosofia, è stata bandita anche lei in quanto donna.
Forse la storia dovrebbe essere riscritta, ricordando non solo i grandi uomini, ma anche tutte quelle donne che nella storia hanno lasciato un segno.”
Approfondiamo la scelta di questo titolo così evocativo: VisioniDonneFuture
“In questo spettacolo racconto di un viaggio, del percorso fatto da quattro donne appartenenti ad epoche diverse, ma che desiderano tutte la stessa cosa: la libertà.
Sono vissute in un tempo che non gli apparteneva, perché erano assolutamente all’avanguardia nel modo di affrontare la vita e i condizionamenti dell’epoca. Erano, pertanto, Donne Future e Visionarie.”
Qual è la tua aspirazione nel raccontare queste appassionanti (e poco conosciute) storie al pubblico?
“E’ importante raccontare al pubblico di questi personaggi storici che sono stati così importanti ma troppo spesso dimenticati.
Nei miei spettacoli rievoco solo alcuni momenti determinanti della vita di queste donne. La mia aspirazione è che le persone che vedono i miei spettacoli si incuriosiscano e vadano poi, spinte dalla curiosità, ad approfondire e studiare questi personaggi. Con il mio teatro voglio dare delle suggestioni, incuriosire, aprendo una breccia – perché no! – nell’animo degli spettatori.”