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Una balena di plastica per sensibilizzare sull’inquinamento dei nostri mari

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Sulla spiaggia di Kribi una balena di plastica dove era praticamente impossibile camminare senza imbattersi in una distesa di bottiglie e spazzatura restituiti dal mare.

“Possiamo usare le bottiglie e riciclarle”: questa l’idea per sensibilizzare sul problema dei rifiuti di plastica e sull’inquinamento degli ambienti marini che hanno avuto i volontari di una Ong del Camerun. Un gruppo di persone ha passato una giornata a raccogliere le bottiglie di plastica su una spiaggia di Kribi, località balneare nel sud del Paese, le ha lavate per poi comporre una scultura raffigurante una balena in plastica lunga 12 metri. Per formare la balena sono state necessarie ben 2mila bottiglie di plastica, tutte raccolte in loco da 20 volontari stranieri in soli 2km di costa.

Mare inquinato

Il problema dell’inquinamento provocato dalla plastica a mari e oceani è sicuramente uno di quelli che ci vengono ricordati quotidianamente dai notiziari, un problema esteso e apparentemente senza fine, che minaccia giorno dopo giorno la flora e la fauna acquatiche, così come tutto il resto che le circonda.

Iniziativa come quelle voluta dall’Organizzazione per la conservazione dei mammiferi marini africani  (Ammco) organizzata in Camerun, è tesa a ricordare che ogni anno nel Paese dell’Africa centrale con una popolazione di circa 27 milioni di abitanti, vengono prodotti circa 6 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno, tra cui 600mila tonnellate di plastica. Solo il 20% viene riciclato, mentre buona parte di questo materiale finisce nel mare.


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Eddy Nnanga, coordinatore di Ammco, ha spiegato che l’arte è un ottimo mezzo per “far capire alle persone, ai pescatori, alle comunità che ci sono balene in Camerun, a Kribi, e che dobbiamo fare di tutto per proteggerle perché hanno un ruolo importante negli oceani”.

Il fatto di ritrarre proprio una balena non è casuale. Le balene che muoiono ogni anno nel mondo con in corpo chili e chili di plastica sono molte. Lo scorso anno ha fatto notizia un esemplare femmina di balena spiaggiata in Sardegna che aveva nello stomaco 40 chili di plastica. La balena era incinta.

L’idea di una balena creata con rifiuti di plastica, poi, non è nuova. Nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica ne è stata esposta una a Roma nel 2018 in occasione della settimana del National Geographic Festival delle Scienze, per l’Earth Day di quell’anno. La balena di plastica di 10 metri creata dalla campagna “Sky Ocean Rescue – Un mare da Salvare è stata chiamata Plasticus, ed era lì per dare conto di quali sono le vere dimensioni di questo problema: la balena pesava 250 kg, che sono l’equivalente della quantità di rifiuti plastici che ogni secondo viene riversata nei nostri mari.

Anche in Belgio, a Bruges è stata creata un’opera d’arte che ritrae una balena costruita con materiali plastici riciclati e assemblati da Studio KCA, noto studio statunitense di design e architettura e presentata alla Bruges Triennal 2018. L’opera è alta 12 metri ed è realizzata con ben 5 tonnellate di materiale plastico raccolto da un team che ha operato in collaborazione con la Hawaii Wildlife Fund.

Cosa fare?

Fortunatamente la tecnologia ci può venire in aiuto oggi in molti modi, come ad esempio nel produrre oggetti dalla plastica riciclata. E’ il caso di Boyan Slat col suo progetto The Ocean Cleanup: “Rifiuti di plastica? No, occhiali da sole!”. Non solo, anche alcuni modelli organizzativi come le community, i social e perfino le monete virtuali oggi contribuiscono a dare una mano al pianeta. Esistono ad esempio interessanti progetti di social/sharing green economy per trasformare plastica in carburante e distribuire gli utili ai propri partner. Ne abbiamo parlato su InsideMagazine in unintervista di Marco Faia ad Andrea Cerio, tra i massimi esperti in Italia di biocarburante avanzato.

Se una volta a questo problema non c’era soluzione e si continuava ad inquinare ininterrottamente il pianeta e i nostri stessi mari, ora possiamo ancora sperare in soluzioni innovative, come quella data dalla pirolisi, metodologia utilizzata per convertire i rifiuti di plastica in combustibile a basse emissioni di carbonio. Un prodotto equivalente al petrolio greggio che può essere utilizzato per alimentare i motori Diesel a bassa velocità o essere ulteriormente perfezionato per produrre diesel, benzina o cherosene alternativi.

Oggi è possibile trasformare un problema in soluzione e solo la consapevolezza e l’azione delle persone, delle organizzazioni per la tutela dell’ambiente e delle società di settore possono cambiare la prospettiva di miglioramento dei mari, dell’aria e della terra, così come del cibo e della salute di tutti noi.

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