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EU: riconoscimento facciale e blockchain non conformi alle norme privacy

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Di riffa o di raffa, cavalcando astutamente l’onda nera del Covid che temporaneamente ha oscurato qualsiasi altra informazione a livello globale, i grandi media e social segnano delle tacche importanti sulle loro cinture. Si parla di ottenimento informazioni, autorizzazioni, posizioni, insomma si parla di dati metadati. Questo è infatti il nuovo “oro del Klondike”, la moneta di scambio più sottile e inconsistente del pianeta è quella del mercato del Big Data, parte del grande Reset (qui) attualmente in atto.

In Europa si discute in questi giorni di due temi particolari che portano le norme della privacy ai limiti. Il primo è il riconoscimento facciale dei dispositivi digitali, in particolare smartphone e tablet, per l’accesso alle proprie informazioni personali. Il secondo è il famigerato blockchain, il sistema di criptovaluta alle fondamenta del funzionamento del bitcoin, la nuova moneta digitale.

Riconoscimento facciale

Il riconoscimento ufficiale dovrebbe essere vietato in Europa a causa della sua “intrusione profonda e non democratica” nella vita privata delle persone, ha dichiarato venerdì il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD), l’organismo di vigilanza dell’UE sulla privacy.

I commenti arrivano due giorni dopo che la Commissione europea ha proposto una bozza di regolamento che consentirebbe di utilizzare il riconoscimento facciale per la ricerca di bambini o criminali scomparsi e in caso di attacchi terroristici.

La bozza di regolamento, che deve essere discussa con i paesi dell’UE e il Parlamento europeo, è un tentativo della Commissione di stabilire regole globali per l’intelligenza artificiale, una tecnologia dominata da Cina e Stati Uniti.

Il garante della privacy ha affermato di essersi rammaricato che la Commissione non abbia ascoltato il suo precedente invito a vietare il riconoscimento facciale negli spazi pubblici.

La campagna Reclaim Your Face sollecita a firmare una petizione per vietare la sorveglianza biometrica nell’UE
“È necessario un approccio più rigoroso dato che l’identificazione biometrica remota, in cui l’intelligenza artificiale può contribuire a sviluppi senza precedenti, presenta rischi estremamente elevati di intrusione profonda e non democratica nella vita privata degli individui”, si legge in una nota.

“Il GEPD si concentrerà in particolare sulla definizione di limiti precisi per quegli strumenti e sistemi che possono presentare rischi per i diritti fondamentali alla protezione dei dati e alla vita privata.”

Le proposte della Commissione hanno attirato critiche da gruppi per i diritti civili, preoccupati per le scappatoie che potrebbero consentire ai governi autoritari di abusare dell’IA per reprimere i diritti delle persone.

Blockchain

La Banca centrale europea (BCE) sta esaminando il concetto di moneta digitale, alla cui base sta il sistema blockchain, e recentemente ha condotto una consultazione pubblica su un “possibile” euro digitale.

Si è scoperto che ciò che il pubblico e i professionisti desideravano di più era la privacy, al 43%, seguita dalla sicurezza al 18%.

In teoria, i timori sulla privacy potrebbero essere attenuati utilizzando la tecnologia blockchain, lasciando ai consumatori i detentori delle chiavi crittografiche necessarie per accedere ai propri dati finanziari. In pratica, tuttavia, ciò lascerebbe le forze dell’ordine incapaci di accedere ai registri finanziari e potrebbe anche avere un effetto dannoso sul settore bancario.

La BCE ha già assunto alcuni impegni sulla privacy.

“L’Eurosistema non ha alcun interesse a raccogliere dati sui pagamenti da singoli utenti, rintracciare comportamenti di pagamento o condividere tali dati con agenzie governative o altre istituzioni pubbliche”, afferma l’istituzione.

“Un euro digitale consentirebbe alle persone di effettuare pagamenti senza condividere i propri dati con terze parti, oltre a quanto necessario per prevenire attività illecite”.

A tal fine, le identità degli utenti potrebbero essere tenute separate dai loro dati di pagamento, tranne quando si sospetta un’attività criminale; in tali casi, afferma, le informazioni sarebbero messe a disposizione delle autorità solo in un quadro giuridico ben definito.

I governi, quindi, avrebbero più o meno lo stesso accesso ai documenti finanziari che hanno ora, in base alle stesse leggi. In altre parole, le nazioni che sono già stati di sorveglianza acquisiranno nuovi strumenti; per il resto dovrebbe rimanere tutto come al solito.

La strategia EU

Le preoccupazioni destate da questi strumenti ipertecnologici e impensabili solo fino a qualche anno fa, sono più che legittime. La possibilità di una breccia senza precedenti nell’intimità delle vite dei cittadini è ormai reale. Ovviamente il comportamento dell’Europa è estremamente intelligente, segnala infatti che queste tecnologie sono a rischio di violare le norme etiche e morali alla base dei regolamenti privacy, e così facendo mette le mani avanti. Si pone quindi subito in una posizione paternale, di comprensione e di protezione. E qui arriva la scusante, sempre la solita per quanto riguarda il controllo dei dati dei cittadini: la criminalità.

Scusante legittima certo, ma non sufficiente a entrare nelle nostre vite in maniera coatta solo per la “paura” e la “possibilità” di certi casi. Purtroppo poco si può fare, la direzione è questa e va accompagnata più che contrastata. Solo bisognerà cercare di capire quanti di questi dati, raccolti in nome della lotta contro il crimine, finiranno nelle mani di Stati, Banche e terze parti.

Photo: UnSplash

Fonti: CyberNews

Veneto. Ex curatore di magazine e libri, approfondisce ora il mondo dell’editoria digitale e del web marketing. Ama la montagna e le lunghe camminate. Frase preferita: “chi no ga testa, ga gambe”.

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