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Il polipo che mi insegnò a vivere: un docufilm Netflix

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C’era una volta il polpo Paul, quello che riusciva a indovinare l’esito delle partite di un mondiale di calcio. Per questo divenne famoso in tutto il pianeta. Questa è la volta di un altro polipo, quello del film di Netflix “My Octopus Teacher, un documentario straordinario che, in un anno tumultuoso come questo, segnato da divisioni politiche, disordini sociali e isolamento COVID-19, sta avendo uno straordinario successo.

Analisi di un successo inatteso

Nei primi fotogrammi del documentario, un polpo scivola sopra la testa del protagonista mentre la voce rassicurante del regista Craig Foster narra con serafica calma: “Molte persone dicono che un polpo è come un alieno. Ma la cosa strana è che, man mano che ti avvicini a loro, ti rendi conto che sei molto simile a lui, in molti modi. Stai entrando in questo mondo completamente diverso, una sensazione così incredibile, e ti senti come se fossi a un passo da qualcosa di straordinario“.

Il viaggio di Foster per capire se stesso e un polpo, in effetti, è davvero straordinario. Man mano che scorrono le immagini ci si ritrova proiettati in una dimensione fantastica in cui viene raccontata la storia di un’amicizia improbabile, quella tra un uomo e un polipo della famiglia octopus vulgaris. Gli spettatori vedono un uomo che si trova ad affrontare un esaurimento e il burnout (per saperne di più sul burnout I’M ha pubblicato un articolo QUI) riguadagnare uno scopo sviluppando una relazione con un polpo nella Great African Sea Forest al largo della punta del Sud Africa.

Le riprese

Ogni giorno per un anno, Foster si è immerso in apnea senza muta o attrezzatura subacquea nell’oceano gelido vicino a Città del Capo, con temperature dell’acqua fino a 7 gradi Celsius, per fare visita a un polpo. L’animaletto in questione non ne voleva sapere all’inizio, ma tant’è che la ricerca di Foster di superare le barriere tra sé e la natura, pian piano avranno la meglio.

Guardare crescere la fiducia nel tempo tra un uomo e un polpo curioso e creativo indicato solo come “lei” – Foster non l’ha mai chiamata con un nome proprio, perché “non era un animale domestico e rispetto la sua natura selvaggia” – ha rivelato – riesce a catturare l’attenzione come se si trattasse della trama intricata e avvincente degna del miglior sceneggiatore.
Ma le parole da sole non possono rendere giustizia al film; vederlo è un’esperienza sensoriale. Qualcosa nel film risuona profondamente con il pubblico che viene lentamente conquistato da una storia appassionante seppur priva di effetti speciali o esplosioni alla Mission Impossible. Qui si tratta unicamente di una magia ancestrale, quella capace di rompere le divisioni tra gli esseri viventi, capace di sviluppare un linguaggio universale che ognuno di noi è in grado di comprendere e con cui può sempre connettersi. “Il mondo sarebbe un posto migliore se ogni essere umano guardasse questo straordinario pezzo di cinema” è uno tra i tanti commenti che descrivono l’esperienza del film.

Il montaggio in garage

Il processo di riprese e montaggio aggiuntive ha richiesto tre anni. Gran parte del lavoro è stato svolto nella soffitta di Foster. Per una volta almeno non si tratta di un garage, ma tanto basta per ricordare, nuovamente e se ce ne fosse bisogno, che non ci vogliono grandi produzioni se alla base c’è un’idea semplice e vincente. Ovviamente, a una cantina, come a un garage e a una promettente idea senza particolari budget, corrispondono tanta passione e, generalmente, tanto lavoro personale.

A volte abbiamo lavorato per 18 ore al giorno“, ha detto Foster. “Spesso montavamo per sei ore, andavamo a girare per tre ore, e poi tornavamo indietro e lavoravamo ancora un po’ presi dall’entusiasmo per quello che avevamo appena girato in acqua.

Pippa Ehrlich, regista e montatrice di My Octopus Teacher e membro del Sea Change Project, è rimasta sorpresa e deliziata dai feedback ricevuti per il film, alcuni dei quali paragonano questo semplice documentario ai grandi colossal americani.

Ho letto migliaia di messaggi“, ha detto, rimanendo stupefatta di tanta positiva attrazione per una semplice storia, raccontata in modo semplice.

L’intelligenza di un polpo

Qualcosa tra le immagini spicca: la grande intelligenza creativa del polipo. Un animale straordinario che, per molti tratti, è simile a un organismo superiore, dotato di coscienza e di una straordinaria umanità. Proprio così. Le sue tecniche improvvisate di difesa, in una delle quali, ad esempio, costruisce una corazza di detriti marini per difendersi dall’attacco di un predatore, rivela una capacità di ragionamento incredibile. Una cognizione immediata di causa ed effetto. Ma anche il suo rapporto col protagonista, sempre più profondo e intimo, ci parla al cuore rivelandoci l’intima essenza della vita, che è basata proprio sul rapporto, sullo scambio e sull’aprirsi all’altro. Ed è forse questo, in un tempo di valori infranti, di incertezze moltiplicate, che cattura lo spettatore e lo eleva a qualcosa di emozionante e unico.

Con My Octopus Teacher riscopriamo una possibilità di interazione che vive al di là del frastuono che ogni giorno rimbalza e rimbomba ovunque, qualcosa di diretto e privo di ogni sovrastruttura. Una dimensione in cui puoi esserci solo tu e l’altro, così che tutto il resto acquista un senso diverso, nuovo, elevato. Bello.

Foto di Pia da Pexels

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