La diffusione del virus e le modalità di gestione dei rifiuti infetti e potenzialmente contaminanti: il grido di allarme dell’esperto di sostenibilità Jacopo Fedi

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Annoso problema quello dello smaltimento dei rifiuti, reso ancora più acuto dall’emergenza sanitaria.

I dispositivi di protezione individuale, quali guanti e mascherine monouso che ogni giorno nel mondo vengono utilizzati nell’ordine di milioni a causa della pandemia, se non correttamente smaltiti, possono rappresentare una nuova minaccia ambientale per il Pianeta.  

Quali misure dunque mettere in campo per evitare che l’emergenza sanitaria si trasformi in una e vera e propria emergenza rifiuti?  Ne parliamo con Jacopo Fedi, Architetto e attualmente Presidente dell’osservatorio “verso rifiuti 0” del Municipio Roma 1. In precedenza era stato vice presidente dell’agenzia per le Politiche Sostenibili del Comune di Roma fino al 2008. Ma soprattutto è un esperto di politiche ecologiche e sostenibili, oltre che progettista di impianti industriali per il trattamento dei rifiuti urbani e speciali.

Arch. Fedi, recentemente è scoppiato il caso di come gestire i rifiuti “casalinghi” di coloro che sono sottoposti a regime di quarantena a causa del covid-19, come si potrebbe gestire questa emergenza?

La gestione dei rifiuti delle persone in quarantena è normata e sicura. Mi sembra, dalle mie informazioni, sia completamente disattesa nella gestione, da parte degli Enti locali. Il vero problema però è un altro, che ho denunciato al tg3: secondo L’ISS E L’ISPRA le mascherine delle persone “sane” possono essere trattate come rifiuti indifferenziati, mentre quelle di soggetti infetti devono essere trattate come rifiuti speciali, a causa della carica virale di cui sono potenzialmente portatrici. 

Poiché, su scala nazionale, il rapporto tra tamponi e positivi è attualmente del 16% si presuppone che questa percentuale di mascherine venga buttato nei nostri contenitori ogni giorno, procedendo nelle filiere di trattamento dei rifiuti indifferenziati che rischiano di diventare bombe epidemiologiche, al pari delle famose “Rsa lombarde”. LA SITUAZIONE, DA QUESTO PUNTO DI VISTA, È MOLTO PERICOLOSA E FUORI CONTROLLO.  Come si fa a chiedere di “fermare tutto” e poi lasciare che milioni di mascherine infette girino senza alcuna preoccupazione nei territori? 

E’ di forte attualità il tema relativo alle mascherine: in questo momento storico se ne utilizzano (per forza maggiore) alcune milioni a settimana, quale sarebbe il giusto ciclo di smaltimento?

È stato stimato nel miliardo/mese il numero di mascherine che finiscono nella filiera dei rifiuti. Si tratta di mascherine realizzate con processo di pressofusione di materiali anche di derivazione plastica. Questo è il primo problema, ovvero che sono monouso e non riciclabili. Devono essere avviate a trattamenti di termodistruzione, al pari dei rifiuti speciali. 

Non sarebbe cosa giusta utilizzare delle mascherine (ovviamente omologate) in tessuto, che possano essere impiegate diverse volte, attuando il principio del ri-uso?

La soluzione potrebbe essere quella di utilizzare, tutti ad eccezione di situazioni particolari ospedaliere o sanitarie, le cosiddette “mascherine di comunità”, multiuso e riciclabili. 

Il governo centrale, secondo te, sta facendo il massimo riguardo a queste tematiche? O è una situazione che andrebbe gestita meglio a livello di regioni?

Si è visto che il rimpallo tra regioni e governo è stato strumentale. I presidenti di regione hanno giocato irresponsabilmente quasi tutti una partita di popolarità, personale. Prima hanno voluto più poteri, successivamente non li hanno voluti. Infine si sono lamentati delle scelte del Governo, fatte su criteri da loro stessi avallato qualche mese prima. 

Con il Recovery Fund arriveranno molti fondi non solo per gestire l’emergenza, ma anche per attuare una rivoluzione con il “green deal”, siamo pronti ed organizzati, in Italia, per amministrare questi contributi europei? Quali i settori, in tema di economia sostenibile, che più di altri necessitano di fondi, ma soprattutto di idee per cambiare il paradigma che ci ha accompagnato in questi anni?

Tutti i settori produttivi e di servizi sono potenzialmente impegnati nel miglioramento dei propri “Fattori Ecologici”. Per citare i più importanti e “pesanti” partirei dal recupero delle materie prime contenute nelle Apparecchiature elettroniche di consumo ormai pervasivo a livello civile ed industriale. 

Per fare un esempio rapido, al recupero dei minerali necessari per la produzione di accumulatori delle batterie delle cosiddette Auto elettriche. In nome del loro accaparramento, l’uomo sta distruggendo altre parti del Pianeta, irresponsabilmente e nel nome del cosiddetto Green. 

Siamo ormai una unica generazione mondiale di consumatori, indifferenti alla complessità del mondo ed impermeabili ad ogni istanza contraria a forme di consumismo/capitalismo selvaggio.  Questo atteggiamento non è neutro e ne stiamo già pagando le conseguenze sotto varie forme: guerre, confini chiusi, sfruttamento e precarietà. Nessuno escluso. 

Romano, giornalista e scrittore. Esperto nel settore della comunicazione e delle relazioni pubbliche, studioso di tutte le novità tecnologiche con una forte inclinazione per i numeri, il marketing e i digital media.

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