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Gioco consapevole e nonsense come strumenti di Coaching

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Nell’intervista COACHINACTION la Play Coach Lucia Berdini spiega i vantaggi di portare più gioco nella vita di ogni giorno, anche in ambito imprenditoriale e professionale.

Il gioco è una delle attività chiave per la nostra felicità.

Lucia Berdini è una Play Coach e si occupa di portare la cultura del gioco all’interno di diversi contesti, principalmente quello aziendale e nel mondo dell’educazione. All’inizio del suo percorso si interessa al teatro e, dopo la nascita del figlio, incontra la risata incondizionata che si rivela un ottimo volano per ricaricare le energie durante un periodo complesso della sua vita. Si dedica a questo ambito per qualche anno, poi sente l’esigenza di ampliare i suoi interessi e si appassiona al gioco e agli studi sulla scienza del gioco. Approfondisce il nonsense, il gibberish, la ludicità consapevole, il gioco legato alla tridimensionalità e al corpo.

Passa da un pubblico piuttosto vasto a una specializzazione sempre maggiore sul mondo aziendale, con l’obiettivo di migliorare creatività, cooperazione e motivazione.
 Attraverso il progetto Playfactory e il Manifesto del Gioco aggrega persone che, come lei, vogliono diffondere la cultura del gioco in ogni sua forma.

CoachInAction. L’intervista a Lucia Berdini

Cosa rappresenta il termine “Coaching” per te e in che modo oggi stai condividendo la sua potenzialità col mondo?

Non mi occupo di Coaching 1 to 1, mi trovo meglio nella dimensione del gruppo perché mi piace osservare le dinamiche che intervengono tra le persone. Coaching per me significa traghettare un gruppo da uno stato attuale ad uno desiderato, cioè formarlo e renderlo coeso. Attraverso il gioco ci muoviamo da un contesto in cui utilizziamo un cappello sociale e andiamo ad abitare un contesto più “autentico”. Esploriamo nuove versioni di noi, le integriamo e in questo modo si aprono delle porte e si creano dei canali per traghettare le persone in luoghi in cui hanno la possibilità di entrare in contatto con se stessi –  e con gli altri – con una qualità maggiore.

Hai usato il verbo abitare, il gioco ci fa vedere un nuovo mondo in cui non abbiamo mai abitato. Scegliamo noi dove abitare o siamo condizionati?

Abitare è un verbo che amo molto perché rappresenta l’essere più che il fare. Un’altra metafora che uso spesso durante i corsi di formazione è quella del pianoforte: noi suoniamo degli accordi più spesso di altri, sono i nostri accordi identitari; quando giochiamo impariamo a integrare altri suoni, altre armonie, altre possibilità e ci rendiamo conto che la nostra personalità è tutto il pianoforte.

Amo molto il gioco tridimensionale perché determina una trasformazione reale a livello
energetico sul piano fisico, emotivo, mentale e anche spirituale.

Quindi il gioco ci aiuta anche nella spiritualità?

Sì, nella spiritualità intesa non nel senso religioso, ma come senso di scopo, ossia quanto sono allineato con i miei valori e con ciò che sento di poter portare nel mondo.

Quando affrontiamo il viaggio dell’eroe ad un certo punto iniziamo il viaggio di ritorno. Tra founder di Playfactory, Co-founder del Manifesto del Gioco, Play Coach, World Laughter Ambassador, Gibberish and Nonsense Coach, Playfight Trainer, Genio Positivo #2bhappy, Chief Happiness Officer, TEDx Speaker e mamma di Noa:) quale ruolo ha rappresentato il ritorno dal viaggio e dove ti ha portato?

Non sento di essere tornata, sento di essere ancora in viaggio. Ho fatto tanti ritorni ma il grande viaggio non ha ancora avuto il suo…e sono contenta così. Torno a casa ogni volta che metto da parte il dovere professionale e trascorro del tempo di qualità con mio figlio, facendo cose piccole e non utili. Quindi, come mamma di Noa, faccio ritorni quotidiani dovuti e meravigliosi.

Chi sono le organizzazioni positive e come un Chief Happiness Officer può fare la differenza in Italia?

Secondo Frederic Laloux nel libro “Reinventare le organizzazioni”, le organizzazioni positive hanno a cuore la felicità dei dipendenti e integrano questo approccio all’interno della cultura aziendale. Sanno che se si prendono cura dei dipendenti, i dipendenti si prenderanno cura dell’azienda.

Ci sono dei paradigmi di potere e di controllo difficili da scardinare ma le cose stanno pian piano cambiando. Negli ultimi 3 anni Daniela Di Ciaccio e Veruscka Gennari, fondatrici dell’IIPO (Istituto Italiano per le Organizzazioni Positive), hanno formato più di 300 Chief Happiness Officer che lavorano all’interno delle aziende per pensare alla felicità dei dipendenti.

Ho avuto il piacere di conoscerti circa 5 anni fa nel ruolo di Play Coach, Gibberish e Nonsense Coach. Grazie a te ho appreso nuovi strumenti e messaggi potentissimi come “Il gioco è una cosa seria”. Lo è ancora di più oggi, sei d’accordo?

Sì, sono d’accordo, viviamo in momento storico critico e il gioco può essere sempre più importante. Col team del Manifesto del Gioco stiamo studiando i trend a livello sociale e stiamo cercando di capire come il gioco può integrarsi per portare un cambiamento positivo, un’evoluzione. Qualche giorno fa sono stata a San Giorgio a Cremano, una cittadina campana che da 18 anni organizza Il giorno del gioco, bloccando le strade principali per far giocare i bambini. Gli spazi e i tempi di gioco sono sempre più ridotti e si relegano nelle case. Vanno portati nelle strade e nelle aziende, per coltivare spazi di libertà, di accordo con se stessi, di piacere.

Che cosa succede al nostro cervello quando giochiamo da adulti e perché non giochiamo più una volta entrati nel mondo del lavoro?

Il gioco da piccoli è una necessità come mangiare e dormire, i bambini hanno fame di gioco perché è lo strumento principale per scoprire il mondo e se stessi.
Come dice Stuart Brown, quando giochiamo, anche da adulti, il nostro cervello si illumina come una città di notte.

Nella nostra società occidentale il gioco è visto come un elemento di anarchia, di non linearità, di discontinuità e, quindi, di rischio per una vita normata e controllata. E’ qualcosa di preziosamente inutile e per questo è in antitesi con la visione aziendale, fatta di task, obiettivi economici, controllo.

Uno  studioso ha individuato tra le principali radici socio-culturali della paura del gioco la visione puritana del lavoro, quindi l’etica lavorativa seriosa e normata e le rivoluzioni industriali che hanno portato a una meccanicizzazione del lavoro e della vita in generale.

Ma le cose cominciano finalmente a cambiare.

Per quale motivo portare il gioco consapevole nella propria azienda può fare la differenza e come è possibile richiederlo oggi?

Con Fabrizio Lonzini, amico e collega de “Il Manifesto del Gioco”, abbiamo iniziato a lavorare ad un format per portare il gioco in azienda in maniera seria e il primo step è far conoscere il gioco e le sue potenzialitò. La mente adulta ha un sacco di obiezioni interne, quindi è importante raccontare i benefici del gioco anche dal punto di vista scientifico, come stai facendo tu con questa intervista.

Fa la differenza perché crea vicinanza in modo naturale. Nello specifico, va a lavorare su tre variabili, creatività, cooperazione e motivazione, che interessano molto alle aziende. Il gioco sviluppa questi aspetti in modo naturale perché chi gioca va a esplorare nuove possibilità cognitive e, esplorando, capisce quali funzionano.

Se un’azienda desidera saperne di più può vedere il TEDx “Giocare è una cosa seria”, visitare il sito www.playfactory.it o www.manifestodelgioco.it.

In che modo conoscere il potere del gioco può aiutarci ad essere più felici?

La felicità non è un’emozione che viviamo, è una competenza che può essere costruita con delle azioni precise, con delle attività, mindset, posture che implementiamo nella nostra vita. Il gioco è una tecnologia sociale che aiuta a essere più vicini a se stessi e lavora molto sulla sfera dell’essere. Lo studio più lungo che è stato condotto sulla felicità ci dice che il fattore numero uno per una vita felice è la qualità delle relazioni indipendentemente dallo status socio-economico. Il gioco costruisce relazioni all’interno di un contesto sicuro, crea fiducia e senso di appartenenza. A questo proposito vi consiglio di guardare “What makes a good life” di Robert Waldinger, uno dei TED più belli che abbia mai visto e che parla proprio del Grent and Glueck study che vi citavo poco fa.

Come può il Coach utilizzare le potenzialità dello strumento “gioco consapevole” nelle sessioni di coaching

Per un Coach che vuole utilizzare il gioco nelle sue sessioni è fondamentale riconnettersi alla propria parte giocosa attraverso una Playful Self Discovery, un viaggio di scoperta giocosa.
 Più che fare delle attività online si possono dare dei compiti alla persona, per esempio scrivere la propria storia di gioco partendo dai primi ricordi. Portare le passioni di quando eravamo piccoli nella vita attuale è sano.

Ci parli di Consuelo? Quale è il valore aggiunto di avere un alter-ego?

Consuelo non la uso da molto tempo, è la mia segreteria telefonica che ho registrato con questo alter ego spagnolo che fa finta di essere una mia amica. Amo giocare con i personaggi ma ho scoperto che non mi piace il copione e imparare le parti a memoria. Consuelo mi permette di improvvisare.

Vorrei soffermarmi con te sulla tecnica del gibberish e nonsense, che spesso utilizzo, grazie a te, per prepararmi alle sessioni di Coaching o quando ho bisogno della massima concentrazione prima di un incontro di lavoro. Come mai? Perchè questi due strumenti sono così efficienti?

Ho trovato la risposta leggendo il libro “Arte di ascoltare e mondi possibili” dell’antropologa Marianella Sclavi. Noi viviamo all’interno di cornici di senso. La diversità porta disagio, che va interpretato come l’emozione che ci dice che ci stiamo avvicinando al bordo della nostra cornice di senso. Il gibberish e il nonsense sono importanti per vivere il disagio e per viaggiare oltre le cornici di senso, ampliandole. Accetto il diverso, divento più tollerante, comprensivo. Sono efficaci per incontrare l’altro al di fuori di queste cornici, senza giudizio, mandando in stand by la mente cognitiva. Come dici tu, è una forma di meditazione, infatti chi fa gibberish per 20 minuti ha la stessa configurazione cerebrale di chi fa meditazione zen avanzata. La mente ogni tanto va silenziata affinchè il suo operato sia funzionale.

Quando ci diciamo “Oggi voglio essere felice!”, abbiamo più bisogno di togliere o di aggiungere?

Abbiamo bisogno di togliere, di fermarci, di fare di meno. Io, per esempio, durante la pandemia stavo andando in burn out. Ora, per esempio, ho preso la decisione insindacabile di non lavorare più la sera.

E’ arrivato il momento del consiglio pratico.

Il primo consiglio che do sempre è scrivere la propria storia di gioco.
L’altro suggerimento è giocare con il corpo perché porta benessere e manda in stand by la mente. Consiglio a tutti di trovare un’attività che si ama fare, può essere ballare, cantare, fare la lotta sul letto, andare a cavallo. Io, per esempio, suono la chitarra e faccio punto croce e ricamo libero.

Proponi ai nostri lettori un film coaching. Qual è il messaggio che possiamo trarre dalla visione?

Il film che consiglio è “Il pianeta verde” diretto da Colin Serreau. Racconta la vita su un pianeta lontano dove le persone vivono la loro esistenza in armonia con se stessi e con la natura.

Proponi una lettura ai nostri lettori. Qual è il messaggio che possiamo trarre dalla lettura?

Ne scelgo due, “Gioca” di Stuart Brown, che ci spiega quanto giocare sia fondamentale e quello che sto leggendo ora: “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello”, in cui Oliver Sacks descrive casi di pazienti con lesioni encefaliche che hanno prodotto i comportamenti più singolari e imprevedibili.

Grazie Lucia per questa intervista e per avermi dato l’opportunità di condividere il valore del gioco.

Sono certo porterà un forte impatto ai nostri lettori, come lo è stato per me qualche anno fa grazie alla tua determinazione nel condividere il potere del “ gioco consapevole “ anche in Italia.


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Sono un Digital Project Manager, Web Coach, Business Coach. Ho fondato SmartPromotionItalia per appoggiare con metodologie di coaching i professionisti che vogliono migliorare il loro business online. Sono l'ideatore di MiniMeCoach Program e CoachInAction OnLine.

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