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Istat, Coronavirus: 73.000 imprese chiuse, 17.000 non riapriranno

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di Giacomo Torresi –

73.000 imprese hanno chiuso e 17.000 non riapriranno. Tra giugno e ottobre 2020 oltre due terzi delle imprese italiane hanno avuto riduzioni di fatturato rispetto all’anno precedente.

É un bollettino pesante quello delineato dal report Istat sulle imprese di fronte al nuovo coronavirus, nel quale sono state intervistate oltre 1 milione di imprese tra ottobre e novembre sul periodo giugno-ottobre.

Dal report emerge che il 68,9% delle imprese è in piena attività nonostante l’emergenza sanitaria da Covid, il 23,9% è parzialmente aperta e svolge la propria attività in condizioni limitate per spazi, orari e accesso della clientela. Il 7,2% è chiusa. Circa 73 mila imprese, che pesano per il 4% dell’occupazione, infatti, hanno dichiarato di essere chiuse: 55 mila prevedono di riaprire e 17 mila no (l’1,7% delle imprese pari allo 0,9% degli occupati).

Tra giugno e ottobre oltre due terzi delle imprese italiane (il 68,4% del totale) hanno avuto riduzioni di fatturato rispetto allo stesso periodo del 2019. Il 32,4% (con il 21,1% di occupati) ha segnalato rischi operativi e di sostenibilità della propria attività e il 37,5% ha richiesto il sostegno pubblico per liquidità e credito, ottenendolo nell’80% dei casi. Per le imprese che hanno segnalato un calo degli incassi il 45,6% ha avuto riduzioni tra il 10% e il 50%,il 13,6% oltre il 50% e il 9,2% di meno del 10 per cento.

Rispetto al bimestre marzo-aprile 2020, si conferma un’elevata incidenza di imprese con il valore delle vendite in flessione (erano il 70%), ma si riduce l’intensità: il 41,4% delle imprese aveva infatti riportato una riduzione del fatturato superiore al 50% rispetto agli stessi mesi del 2019, il 27,1% tra il 10 e il 50% e il 3% meno del 10 per cento.

I dati, però, non tengono conto dei mesi di novembre e dicembre, mesi nei quali sono state registrate chiusure delle attività soprattutto commerciali e di ristorazione in alcune zone e limitazioni di orario in altre.

Scende l’incidenza di casi di mancata realizzazione di fatturato (1,9% rispetto al 14,6% di marzo-aprile) mentre si amplia la quota di imprese con valori del fatturato stabili (19,9% rispetto a 8,9% di marzo-aprile) o in aumento (il 9,8% rispetto al 5%). In particolare il 3,8% dichiara un aumento inferiore al 10% e il 6% superiore a tale soglia.

Per quanto riguarda l’analisi sul territorio, la quota di imprese con vendite in crescita risulta superiore alla media nazionale nella provincia autonoma di Trento (17,5%), in Veneto (12,5%) e Abruzzo (12,3%). Sul versante opposto, la quota di imprese che fanno registrare una flessione del fatturato superiore al 50% è più alta nel Lazio (18,3%), in Sicilia (17,4%), Campania (17,3%) e Calabria (17,1%).

A livello settoriale il report Istat segnala che recuperano rispetto ai risultati negativi di marzo-aprile le imprese che operano nelle costruzioni, con il 26,8% che dichiara una stabilità del fatturato e l’11,5% una crescita, contro l’8,3% e il 6,1% di marzo-aprile. La metallurgia presenta una quota relativamente elevata di imprese con flessione del fatturato mentre nelle industrie farmaceutiche l’incidenza di dinamiche positive, pur consistente (22% dei casi), è inferiore a quella di marzo-aprile (28%). La quota di operatori che riportano una perdita di fatturato compresa tra il 10 e il 50% è superiore alla media complessiva (45,6%) nel comparto dei beni alimentari (50,8%) e in quello dei beni di investimento (49,2%).

Il commercio, in particolare quello al dettaglio, ha risultati in linea con quelli aggregati nonostante le limitazioni amministrative: il 42,3% registra un calo del 10-50%, il 10,6% di oltre il 50% e l’11,2% di meno del 10%.

Fonte: Istat

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