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Intervista a un architetto italiano a New York: tra ambizione e regolamenti

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di Tony Fasciano –

Tony- Sarebbe corretto dire che anche se ti sentivi fuori dall’esercizio capitalista, nondimeno ti sei avvicinato al disegno degli edifici per uffici, almeno qui in Westchester, con innocenza e rispetto nei confronti di chi si dedica ad un lavoro onesto -cercando un riscatto per mezzo del disegno- sempre cercando di ridurre l’idea dell’edificio per uffici agli elementi minimalisti basici formali e simbolici? Per creare qualcosa di più grande?

Michael – Non so se sarebbe corretto e non sta a me stabilirlo. La tua domanda, certamente influenzata dall’essere uno che, prima del covid, ha usato un edificio disegnato da me, contiene anche la risposta. Ti ringrazio per l’innocenza e il rispetto che mi attribuisci, anche se probabilmente si tratta di un risultato riflesso. Se per esempio, avessi dovuto disegnare un museo, cioè un contenitore di opere d’arte, mi sarei dovuto impegnare in un esercizio formale più vicino all’opera di uno scultore che a quella di un architetto, ed in quel caso innocenza e rispetto sarebbero stati un handycap.. Wright avrebbe anche potuto concepire il suo Guggenheim perfettamente cilindrico, rispettando la verticalità degli edifici intorno e mantenendo intatta la sua idea funzionale di museo. Ma non l’unicità identitaria ed il messaggio allegorico di un edificio a fasce aggettanti nello spazio. 

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Guggenheim

Nello stesso modo per stabilire una identità corporativa, l’architetto potrebbe pensare di servirsi di forme accattivanti anche per un palazzo per uffici (l’ego spesso fa brutti scherzi). E tu sai che prima che io arrivassi a Westchester è stato realizzato, dallo stesso ufficio di architettura che in seguito mi avrebbe assunto, un edificio per uffici a forma di piramide tronca che certamente si distingue da qualsiasi altro, ma che presenta lacune funzionali evidenti. Perché stringere la superficie fruibile salendo di piano? E perché pagare la costruzione del residuo periferico, visto che presenta problemi di pulizia e riflesso dei raggi solari? Se è solo una questione formale è chiaro che si tratta di una forma sbagliata.

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Come affermi è bene ridurre l’idea dell’edificio per uffici ai suoi elementi basici. Se per creare qualcosa di più grande dipenderà, più di ogni altra cosa, dalla qualità della sua fruibilità. In fondo si tratta solo di concepire un contenitore di lavoro onesto (come dici tu) piacevole da vedersi ed armonizzato col suo ambiente. 

Un architetto a New York

Tony – Perché alla fine è corretto dire che hai messo ogni passione e talento dentro il disegno per cui eri responsabile -creando un lavoro ritenuto eccezionale?

Michael – Ti ringrazio per una domanda così lusinghiera, ma ripeto, non sta a me giudicare. In quanto al mio lavoro, non sarei durato 5 minuti nel più importante ufficio di architettura di Westchester, se esso non fosse stato soddisfacente. Ci sono rimasto più di 25 anni non certo a pettinare bambole (come dicono in italia).

Tony – In ciascuno dei tuoi progetti più impegnativi hai provato ad introdurre qualcosa di ambizioso/speciale – e pensi che sei andato vicino a quello che volevi ottenere? Come? Pensi di aver mai raggiunto un traguardo eccezionale (personalmente o in rapporto al lavoro dei colleghi)?

Michael – Domanda complicata che implica un parlare di me fuori dalle mie corde. Cercherò di rispondere dicendo che ogni progetto implica dei limiti dati dai regolamenti, dalle esigenze della committenza, da un programma vincolante, dalla situazione ambientale e da tutta una serie di problemi che si possono presentare nel corso della sua progettazione/realizzazione. Introdurre qualcosa di speciale in mezzo a tutti questi obblighi, potrebbe essere un venir meno alle esigenze del progetto; e spesso il rispetto di un buon programma e la semplicità possono condurre in automatico ad un risultato speciale e possibilmente anche ambizioso. Tenendo presente che essere semplici è spesso la cosa più complicata che vi possa essere.

New York's most iconic Art Deco buildings, mapped - Curbed NY

Se poi vuoi proprio che ti parli di me, ti diro’ che l’ultimo edificio che ho disegnato e’ stato uno rappresentativo e multiuso, perno di un complesso che avrebbe ospitato una nuova Hollywood in Florida. Avendo pochi vincoli a cui far riferimento, ho cercato di essere, come dici tu, ambizioso: ho disegnato un edificio piramidale, rivestito in vetro, troncando una parte per permettere le funzioni di un eliporto. Se fosse stato costruito sarebbe diventato un landmark per la piccola cittadina nell’ovest della Florida che avrebbe ospitato una nuova mecca del cinema. Ma non se n’e’ fatto niente e, come tanti progetti ambiziosi e’ rimasto chiuso in un cassetto.

In quanto ai miei colleghi cosa dire? Il massimo rispetto per tutti, superiori e sottoposti. In quanto a pensare di aver raggiunto un traguardo eccezionale, e’ la parola traguardo che e’ sbagliata, perche’ non si e’ mai trattato di un rapporto competitivo, ma di collaborazione fra colleghi con l’idea di raggiungere insieme il miglior risultato possibile.

New York 1960: Architecture and Urbanism Between the Second World War and  the Bicentennial (THE MONACELLI P): Stern, Robert A.M., Fishman, David,  Mellins, Thomas: 9781885254856: Amazon.com: Books

E secondo la mia esperienza assolutamente personale, e’ forse questa la differenza maggiore tra il modo di rapportarsi nel lavoro in Italia e negli US.

Segue dalla Terza Parte

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