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Green is the new black

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Essere “green”. Oggi se sei “verde” fa fico. Va di moda. Ma perché? Perché Greta ci ha fatto il lavaggio del cervello? Perché ci preoccupiamo per il futuro delle prossime generazioni? Perché siamo arrivati al punto di amare la natura più dei nostri stessi parenti? In parte, ma non è così per tutti.

Prendiamo in considerazione il boom dei monopattini e la mia esperienza personale. Sono entrato nel mondo dei monopattini quasi per caso. Un giorno leggo che il Governo stava per lanciare il “bonus mobilità”, incuriosito mi informo e scopro che acquistando un mezzo elettrico o una bicicletta avrei potuto riavere indietro il 60% della spesa.

Ero sotto lockdown e il mio primo pensiero è stato “quando potremmo tornare a circolare devo evitare il più possibile i mezzi pubblici, già odiavo la gente prima, figuriamoci adesso con il Covid”.

Mi scelgo il modello, vedo ore e ore di video recensioni, pareri di esperti, leggo la normativa per evitare di acquistare un monopattino che non rientrasse nella norma di legge, trovo il venditore, effettuo il pagamento e dopo pochi giorni mi arriva a casa. Felice come un bambino il 25 dicembre che scarta i regali sotto l’albero, lo tiro fuori dal cartone, regolo i freni, stringo due viti, carico la batteria, esco in strada.

Inizio lentamente a prenderci la mano, non è come la bicicletta, per niente, bisogna fare attenzione non tanto a se stessi quanto a quei “dannati inquinatori seriali”, chiamati automobilisti, che mi vedono come un “fighetto radical chic” che toglie spazio ai loro SUV.

Durante gli scorsi mesi estivi andare a lavoro in monopattino o farsi un giro anche solo per diletto è stato un piacere. Strade libere, vento in faccia, raggiungere luoghi medio distanti senza prendere la macchina, evitare i mezzi pubblici affollati e trasformati in saune con le ruote, insomma tutto bello, bellissimo, ma…sentivo veramente di fare qualcosa per l’ambiente? Ero veramente “green”?

Nella mia classifica virtuale di importanza, l’essere green dove si posizionava? Devo essere sincero, l’aver scelto questo tipo di mobilità sostenibile per poter “fare del bene al nostro pianeta” era forse l’ultimo dei miei pensieri ma non perché non lo ritenessi importante, anzi, ma perché alla fine, gli elementi che mi spingono ad utilizzare questo mezzo non inquinante rispetto alla macchina sono altri. Risparmio sulla benzina, risparmio sui parcheggi, risparmio sui biglietti dei mezzi pubblici, risparmio tempo che avrei passato nel traffico e alla ricerca di un parcheggio, insomma RISPARMIO.

E’ questa la discriminante che mi spinge a scegliere di muovermi con un monopattino. Forse dovrei sentirmi in colpa? Cosa penserebbe Greta di me se sapesse che la mia “scelta sostenibile” è frutto di una serie di ragionamenti tendenzialmente egoistici legati a interessi personali economici e di salute mentale?

Una cosa è certa però, ogni volta che mi trovo a percorrere un tragitto che va da un punto A ad un punto B, con il vento in faccia e lo sguardo quasi minaccioso degli automobilisti attorno a me, sento di fare qualcosa di buono non solo per me stesso ma anche per gli altri.

Il mio singolo contributo cambierà il mondo? No ovvio, ma se fossimo in 1.000, in 5.000 o in 10.000 persone ogni giorno a lasciare a casa le auto e a muoverci con monopattini o biciclette non avremmo tutti dei benefici?

Mi sono convinto, sono “green” anche io e di sicuro Greta sarebbe fiera di me.

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