Nuova Zelanda
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Nuova Zelanda, nel 2020 tasso di mortalità inferiore agli anni precedenti

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di Giacomo Torresi –

Il 2020 lo sappiamo è stato l’anno della pandemia, degli ospedali al collasso, dei negozi chiusi, del coprifuoco e purtroppo di milioni di morti in tutto il mondo.

In questo scenario drammatico c’è un Paese che non solo ha ridotto al minimo il numero di decessi in eccesso rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti, ma ha fatto di più: grazie alle misure anti-contagio, nel Paese ci sono stati, nel 2020meno morti per ogni causa rispetto agli anni precedenti. Le ragioni di questo bilancio addirittura positivo non sono ancora chiare, anche se iniziano a delinearsi alcune ipotesi.

La gestione

Isolamento geografico e la bassa densità di popolazione non hanno impedito che anche in Nuova Zelanda, famosa per attrarre turisti e studenti provenienti soprattutto da Europa e Cina, si diffondesse il virus.

L’adozione di misure stringenti dopo solo poche decine di casi ha permesso di puntare non solo alla mitigazione, ma proprio all’eliminazione del virus dal Paese, dichiarata l’8 giugno 2020, dopo soli 103 giorni dal primo caso identificato.

Ora gli unici casi di Covid nel Paese riguardano i viaggiatori internazionali, ai quali è però imposta una quarantena di 14 giorni per scongiurare una ripresa della diffusione.

I dati dei decessi

In uno studio pubblicato su The Lancet, dal titolo “Reduced mortality in New Zealand during the COVID-19 pandemic” un team di scienziati del Medical Institute of New Zealand ha monitorato il numero di decessi settimanali per ogni causa registrati in Nuova Zelanda nel 2020, e li ha confrontati con la media del periodo 2015-2019.

Nei primi 4 mesi, incluse le 5 settimane iniziali del lockdown nazionale istituito il 26 marzo, il tasso di mortalità generale è risultato simile a quello del quinquennio precedente: tenendo in considerazione che normalmente nel Paese il picco di mortalità annua è in aprile, al culmine della stagione influenzale nell’emisfero sud, era già un ottimo risultato.

Dalla fine di aprile a settembre (l’ultimo mese per il quale ci sono dati disponibili) la mortalità è iniziata a calare a un ritmo mai osservato negli ultimi anni. Durante la seconda fase del lockdown le morti totali sono state pari a 123,4 per milione ogni settimana, l’11% in meno della media passata. Un andamento che sorprendentemente si è confermato anche dopo la fine delle restrizioni.

Le ipotesi

Per capire il perché di certi numeri occorrerà del tempo, ma qualche indizio sul motivo di questo calo c’è già: le misure anti-covid hanno probabilmente ridotto la diffusione di altre malattie trasmissibili, inclusa l’influenza e altre affezioni alle vie respiratorie.

Il lockdown ha poi generalmente un impatto positivo nel ridurre gli incidenti d’auto, le morti sul lavoro, i decessi imputabili all’inquinamento e le morti per complicanze post-chirurgiche, visto il rinvio di molti interventi non urgenti.

Non sembrano però motivazioni definitive. Occorreranno nuovi studi per capire che cosa abbia determinato questo beneficio non tanto per replicare gli effetti delle chiusure prolungate, ma per capire quali fattori a cui siamo continuamente esposti abbiano un impatto tanto negativo sulla nostra salute e sopravvivenza.

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